Necessità di un rinnovamento, secondo il diretto interessato. Veleni su una pensione lievitata a 4.800 euro netti, secondo voci e dossier che circolano da tempo in via Po. In piena bufera sull’articolo 18 e alla vigilia  Raffaele Bonanni lascia la guida della Cisl dopo 8 anni e attorno alle sue improvvise dimissioni si scatena una ridda di voci. “Non è una decisione presa all’improvviso. Avevo già indicato Furlan come mio successore. Quando si fa così vuol dire che il tempo per il segretario generale è scaduto. Era assolutamente necessario un segno di rinnovamento”, spiegava ieri sera l’ormai ex segretario generale ai microfoni del Tg1. Ma dalle cronache che diversi giornali fanno della vicenda emergerebbe che le motivazioni alla base della decisione sarebbero altre. 

“Dalla società sale una richiesta di rinnovamento e io ho deciso di raccoglierla accelerando il rinnovamento”, spiega Bonanni in un’intervista ad Avvenire. Ma secondo La Repubblica, nelle ultime settimane nei corridoi della sede romana del sindacato avrebbero ricominciato a girare “vecchi veleni, dossier e lettere anonime. Al leader si sono fatti i conti in tasca. Sono sembrati troppi i 4.800 euro netti di pensione (circa 7.000 euro lordi) maturati nel retributivo poco prima che entrasse in vigore la riforma Fornero“. Accuse cui si aggiunge quella “di essersi aumentato lo stipendio per aumentare l’importo dell’assegno”, accusa respinta “facendo notare che gli anni di contributi sono 47”. Anche Il Messaggero parla di uno “scontro” alla base delle dimissioni di Bonanni. Il quotidiano romano parla di “un documento interno che mette in discussione anche in termini pesanti l’operato del segretario generale (alludendo anche al suo trattamento previdenziale), documento che avrebbe convinto la dirigenza Cisl a premere per le dimissioni anticipate di almeno otto-nove mesi rispetto alla scadenza attesa”. 

Quel che pare certo è che dietro la decisione di lasciare c’è un forte malcontento diffuso nella base, che non apprezza e non capisce più la linea del sindacato. Alla vigilia della trattativa sull’articolo 18 con il governo (che tuttavia non ha ancora convocato le sigle sindacali), la strategia di Bonanni fatta di contrattazioni separate (specie con i governi di centrodestra), strappi con la Cgil e aperture alla posizioni del governo Renzi proprio sull’articolo 18 non convince più le categorie, nemmeno tra le file del pubblico impiego che rappresentano lo zoccolo duro dei 4,7 milioni di tesserati della Cisl. Il 30 settembre anche i metalmeccanici dell Fim protesteranno davanti a Palazzo Chigi con tutte le rappresentanze dell’azienda in sofferenza.

“Con la scelta di Annamaria Furlan diamo un segnale di discontinuità nella gestione organizzativa, pur nella continuità della cultura sindacale Cisl”, spiega ad Avvenire Bonanni, secondo cui ”oggi indicare alla guida del sindacato una donna è una scelta che ha un valore aggiuntivo”. Sul suo possibile futuro in politica, “non ho mai avuto una grande passione per l’attività politica, soprattutto nelle sue forme attuali”, dichiara Bonanni. “Questo non significa disinteresse, soprattutto riguardo all’organizzazione delle espressioni culturali a me più vicine”. Tutto lascia pensare che, come per i suoi predecessori Marini, D’Antoni e Pezzotta, anche per Bonanni si aprano le porte di un futuro in politica. 

Articolo Precedente

Jobs Act, il Pd al Senato rischia di perdere 40 voti. E di avere bisogno di B.

next
Articolo Successivo

Consulta: nuova guardia, vecchi vizi

next