Carlo Tavecchio sarà eletto presidente della Figc. Nonostante “Optì Poba, che prima mangiava banane sugli alberi e ora gioca nella Lazio in Serie A“. Al massimo, lo scivolone del 71enne ras della Lnd potrà costargli un rinvio nella presa della poltrona che fu di Giancarlo Abete. Il motivo? Nei numeri. Che servono a spiegare sia la candidatura blindata, sia l’eventuale ritardo dell’ascesa al potere. Il ‘governatore’ dei dilettanti può contare su un fronte ampissimo, che deriva in massima parte dal bottino di voti che gli garantisce l’asse a prova di bomba composto dalla ‘sua’ lega e dalla ex Serie C: si tratta di un 51% dei consensi che, pur in caso di diaspora degli altri sostenitori (oggi può contare sul 68% dei consensi), consentiranno l’elezione in terzo scrutinio dell’ex sindaco di Ponte Lambro, città che proprio sotto l’amministrazione Tavecchio si gemellò con Afagnan, comune dell’africanissimo Togo.

Ipotesi 1): Tavecchio si ritira. Probabilità? Scarse
Realtà incontrovertibile, che spiega bene l’ineffabile tranquillità con cui Tavecchio sta assistendo al suo massacro mediatico. Il presidente della Lnd, del resto, sa bene che ci sono solo due strade che potrebbero allontanarlo dalla Figc: una sua rinuncia o il commissariamento della Federazione da parte del Coni. La prima eventualità non è neanche presa in considerazione. “Vado avanti, ho l’appoggio delle leghe” ha detto l’ex democristiano. E così sarà. A meno che giovedì prossimo, quando incontrerà separatamente i due candidati, Malagò non riesca a farlo desistere. Difficile. Un eventuale intervento del Coni, quindi, non potrà che essere legato a un’ecatombe di consenso l’11 agosto. Verso questa direzione qualcosa si sta muovendo.

Ipotesi 2): Tavecchio non ha più la maggioranza. Probabilità? Scarsissime
Ieri la defezione della Fiorentina, oggi quelle di Sampdoria, Cesena e i dubbi del Sassuolo, domani chissà. Insomma: un fronte anti Tavecchio (che però non significa una fronda pro Albertini) sta effettivamente nascendo, con buona pace dei pontieri Lotito e Galliani, che stanno alla Serie A come Verdini sta a Berlusconi. Ma per far sì che il 71enne non raggiunga il 51% dei voti in terzo scrutinio serve creare una crepa tra Lnd e Lega Pro: ipotesi al momento impossibile, specie considerando il rapporto tra Macalli e Tavecchio. Anche qui contano i numeri: il primo comanda la ex C dal 1997, il secondo i dilettanti dal 1999. Uno è di Milano, l’altro di Ponte Lambro (provincia di Como). “Parliamo anche lo stesso dialetto” ha detto pochi giorni fa Macalli, a testimonianza di un ‘matrimonio’ che si avvia alle nozze d’argento e che sarà difficilissimo mettere in crisi anche in presenza di amante particolarmente abile.

La politica e il Coni hanno le mani legate: ecco perché
Questo ruolo, secondo molti osservatori, spetterebbe alla politica, sia partitica che sportiva. In tal senso, la batteria di dichiarazioni incendiarie della segreteria del Pd e di esponenti di peso del governo (Graziano Delrio in primis) lascia presagire nulla di buono per Tavecchio. Che però si è tranquillizzato dopo aver letto la dichiarazione del premier Matteo Renzi. Per l’ex rottamatore, Optì Poba è stato un clamoroso autogol, ma comunque il governo non può intervenire nelle cose di calcio. Impossibile dare torto al segretario del Pd. Perché se la politica mette becco nel mondo del pallone, la Fifa reagisce col cartellino rosso. E Blatter, che corre per assicurarsi il quinto mandato consecutivo nelle presidenziali del 2015, non aspetta altro: sospendere un sistema-calcio quattro volte campione del mondo sarebbe uno straordinario manifesto elettorale all’insegna del “io non guardo in faccia a nessuno”.

Da Fifa e Commissione Ue un atto puramente dovuto. Il precedente Nigeria
Come si spiega allora la richiesta della Fifa alla Figc di indagare sulle frasi razziste del candidato presidente? E’ un atto dovuto: Blatter non poteva far finta di non sapere e di non aver visto all’azione Optì Poba. Identica la presa di posizione della Commissione Ue, che ha lodato l’azione di richiamo della Fifa. Bene, bravi, ma tutto inutile. C’è anche un precedente, del resto, che conferma la tesi della mano dura di Blatter in caso di politica troppo invadente: dopo i mondiali conclusi malamente con l’eliminazione al primo turno, il governo nigeriano mise un suo esponente alla guida della federazione di Abuja. Risultato? Sospensione immediata. E figuraccia globale. L’Italia non può correre questo rischio. Lo sa bene Renzi, lo sa ancor meglio il presidente del Coni Giovanni Malagò, chiamato da più parti ad intervenire per impedire la salita al potere di Tavecchio. In tal senso, l’unica arma del Comitato olimpico nazionale è il commissariamento in caso di mancata elezione del presidente. Ma i numeri, come detto, dicono che questa è un’ipotesi con percentuali di realizzabilità vicine allo zero. Questione di numeri, neanche a dirlo. Tavecchio, quindi, può dormire sonni tranquilli e andare al mare per poi presentarsi sempre blindato (e abbronzato) l’11 agosto? Sì, a meno di clamorosi colpi di scena.

Governo Tavecchio a rischio impasse dopo l’insediamento
I problemi e le vendette, semmai, potrebbero arrivare all’indomani dell’elezione, quando il suo governo rischia l’impasse. Articolo 26 comma 1 dello statuto della Federcalcio. Quando si parla della composizione del consiglio federale, è scritto testualmente che, tra i 19 componenti dell’organo di governo, ci devono essere due tecnici e quattro atleti e tra questi “almeno un dilettante e un professionista, e deve essere assicurata un’equa rappresentanza di atlete”. Tradotto: tra i quattro, ci deve essere una donna. E qui casca l’asino. Chi siede ad oggi nel Consiglio federale per rappresentare i calciatori (che fanno parte anche del consiglio nazionale del Coni)? Damiano Tommasi, Demetrio Albertini (dimessosi prima del Mondiale), Simone Perrotta e Umberto Calcagno. E le calciatrici? Zero. Ergo, statuto federale non rispettato. Nessuno, però, ha detto nulla. E Abete ha potuto regnare incontrastato fino alle dimissioni post eliminazione da Brasile 2014. E con Tavecchio? Dimessosi Albertini, i candidati rimangono Tommasi, Perrotta e Calcagno, a cui si è aggiunto Morgan De Sanctis. Ancora una volta non ci sono donne, con il calcio femminile tra l’altro affiliato alla Lnd, la lega di Tavecchio (doppio smacco). Se così fosse, il Consiglio federale violerebbe l’articolo 26 comma uno del suo statuto, con tanto di deferimenti per i responsabili. In questo caso, però, è da escludere che con Tavecchio presidente – specie alla luce di come si è arrivati alla sua candidatura e alla sua elezione – il mondo del calcio o il Coni restino in silenzio di fronte alla clamorosa irregolarità. Previsione? O l’Associazione calciatori individua e fa nominare una donna nel poker dei maschietti (al momento non si vede chi possa essere) o si creerà la palude. Che farà aumentare il dissenso, la perdita di tempo e, perché no, il rischio commissariamento (per molti in pole ci sarebbe Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica Giorgio). Per Tavecchio e Macalli sarebbe la fine della carriera. Per il Coni, lo sport e l’opinione pubblica italiana un sospiro di solievo. Per Optì Poba un gol in sforbiciata.

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