Il semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’Unione non salva il governo Renzi da un nuovo siluro in arrivo da Bruxelles. La questione è quella, annosa, delle multe sulle quote latte. Giovedì la Commissione europea ha recapitato a Roma un “parere motivato” che ingiunge di recuperare dagli allevatori 1,4 miliardi di euro di sanzioni per il superamento delle quote di produzione assegnate loro dall’Europa. Si tratta del secondo step della procedura di infrazione partita nel giugno 2013 con l’invio di una lettera di messa in mora. Il passo successivo, se il governo non farà quanto richiesto, sarà l’avvio di un contenzioso davanti alla Corte di giustizia della Ue.  

Gli 1,4 miliardi in ballo sono la quota residua di un totale di 2,26 miliardi di euro di multe accumulate tra il 1995 e il 2009. Secondo la Commissione, il mancato recupero “dimostra che le autorità italiane non hanno preso, o non hanno messo in opera, misure sufficienti per assicurare il pagamento delle somme dovute”. Un’inadempienza che, accusa Bruxelles, “compromette gli sforzi europei per stabilizzare il mercato dei prodotti lattieri, provocando distorsioni di concorrenza con gli altri produttori europei ed italiani, che hanno rispettato le quote di produzione o che hanno pagato le loro multe”. Quanto alle conseguenze nazionali, “queste somme dovrebbero essere versate al bilancio dell’Italia affinché i contribuenti italiani non ne escano perdenti”.

La vicenda “negli anni è stata gestita molto male”, è stato il commento del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, secondo il quale comunque l’esecutivo è “già al lavoro” e “nelle prossime settimane ci saranno passaggi organizzativi e procedure molto chiari”. E anche Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, ha assicurato che “l’impegno dell’Italia è di recuperare tutto il dovuto”. “Il governo è in contatto permanente con la Commissione europea nel quadro di questa procedura di infrazione. Abbiamo già introdotto un sistema per il recupero” e, ha spiegato Gozi, “questo parere motivato ci spinge a dare ancora più dettagli alla Commissione, su come stiamo recuperando con l’Agea e la Guardia di Finanza le somme”. Agea è l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, braccio operativo del Mipaaf e responsabile di esigere i pagamenti dagli allevatori. Solo un mese fa il governo ne ha nominato il nuovo commissario, Stefano Antonio Sernia. Ma il problema della riscossione è ben lontano dall’essere risolto: “Ci sono delle questioni molto complicate sia legate alle procedimenti giudiziari che a trovare veramente le risorse”, ha fatto sapere Gozi.

Le quote sono state introdotte nel 1984 per evitare che la produzione di latte nell’Unione diventasse eccessiva, facendo crollare i prezzi. In caso di superamento del tetto erano previste multe molto care. In Italia gli sforamenti sono iniziati subito. E fin da subito i governi hanno iniziato a pagare al posto degli agricoltori. Con denaro pubblico. Tanto che già nel 1995 la Corte di giustizia europea ha ordinato all’Italia di mettere fine a questi aiuti di Stato e far ricadere la responsabilità sui produttori. Nel 1996 il primo esecutivo Prodi tentò di applicare la sentenza suscitando proteste, blocchi stradali e ferroviari e “marce su Roma” da parte dei neonati Cobas del latte. Fino al blocco dei pagamenti ordinato dai Tar di Lombardia e Lazio. Da lì in poi è stato un crescendo di proroghe e rateizzazioni. A complicare ulteriormente la vicenda, il sostegno politico della Lega Nord agli allevatori. Nel 2003 la Ue ha poi concesso all’Italia, in via eccezionale, di aiutare i produttori di latte “sostituendosi a questi nel pagamento degli importi da essi dovuti”. Ma l’ulteriore proroga accordata dal governo Berlusconi nel 2010 – ministro dell’Agricoltura il leghista Luca Zaia – è stata considerata inaccettabile: un sospetto aiuto di Stato.  

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