Sono appena stata intervistata da Radio Città Futura insieme al sottosegretario all’Istruzione, Roberto Reggi, sulle indiscrezioni pubblicate da Repubblica e da altre testate – e riportate a gran voce da Tg e Gr – relativamente ad un imminente piano di rinnovo contrattuale per gli insegnanti e altri interventi. Il “patto sulla scuola”, lo chiamano. Patto con chi? Gli insegnanti non sono stati interpellati. Ma ci sono buone notizie: il sottosegretario ha dichiarato che il governo è disponibile, dopo l’ascolto dei docenti, a rivedere integralmente la proposta.

Sinteticamente: le anticipazioni – che Reggi ha definito indiscrezioni destituite di fondamento – prevedono un nuovo contratto, con più ore di lavoro per tutti – fino a trentasei ore, per infanzia e primaria, meno per la secondaria; e aumento di stipendio – deciso dal dirigente scolastico – per chi si prende “responsabilità”, mettendo a disposizione (oltre alle diciotto ore di lezione, confermate) competenze specifiche. Tra le competenze, naturalmente, non si parla di pedagogia, relazione educativa, contenuti e metodologie didattiche: informatica prima di tutto, ovviamente. Sarebbero confermati gli scatti di anzianità, ma erogati premi stipendiali fino al 30 per cento, a seconda delle prestazioni fornite. Recupero nel mese di giugno – quando a scuola si interrompono le lezioni – per attivare recupero e potenziamento, progetti et alia. E’ prevista un’apertura delle scuole progressivamente prolungata nel tempo, per arrivare fino a sera, escluso il mese di agosto. Un’ulteriore restrizione di possibilità per il 154.398 iscritti alle graduatorie ad esaurimento e per il 467mila precari inseriti nelle graduatorie di istituto si configurerebbe per il fatto che le assenze verrebbero coperte dai docenti di ruolo della scuola stessa. La proposta prevederebbe anche il taglio di un anno della scuola superiore (circa 40 mila cattedre). Risparmio globale di 1,5 miliardi.

Ancora una volta i criteri che presiedono alla “riforma” (o al patto) della scuola sono di stampo economico ed economicista. Apprendimenti, considerazione del tasso dell’analfabetismo di ritorno degli italiani, cittadinanza, disomogeneità assoluta tra zone del Paese o indirizzi nello stesso ordine di scuola e tanti altri problemi drammatici continuano ad essere particolari irrilevanti.

Ho ricordato al sottosegretario – uomo garbato e disponibile al dialogo, mi è parso – che:

  • Il Pd (cui Reggi appartiene) ha svolto tutta la sua campagna elettorale sulla cancellazione della legge Gelmini 133/08, che ha eliminato circa 140mila posti di lavoro e fatto risparmiare allo Stato 8 miliardi di euro. Che fine hanno fatto i buoni propositi, soprattutto considerando che lo stesso Reggi avrebbe dichiarato che “la scuola non sarà più un ammortizzatore sociale”, e il suo capo gabinetto, Marco Campione, ha dichiarato che “la scuola italiana è stata sovra finanziata” fino al 2009, anno di inizio dei tagli Gelmini?

  • Il contratto è fermo dal 2009: non sarebbe il caso – per cominciare – a provare ad adeguare il nostro agli standard europei, considerato che il rapporto Talis ha appena sfatato il mito che i docenti italiani lavorino meno di quelli delle altre nazioni?

  • “Le indiscrezioni” dei media riportano che nei prossimi giorni la proposta sarà al vaglio di Renzi e – come, sebbene virgolettato, avrebbe affermato Reggi – “Dieci giorni ancora e la nostra proposta diventerà una legge delega”, la consultazione e l’ascolto che fine faranno?

  • La scuola – per rimanere aperta tutto il giorno – ha bisogno di investimenti, spazi, attrezzature, personale a disposizione (non solo docente), luce elettrica, telefoni. Un luogo in cui si spendano giornate intere prevede che i lavoratori abbiano uno spazio adeguato, dove svolgere il proprio lavoro. Una stanza, una postazione, delle strutture. Non si guardi agli istituti di eccellenza, ma alla maggior parte degli edifici scolastici, completamente inadeguati da questo punto di vista.

La questione della “carriera” dei docenti asseconda la scia Gelmini, Brunetta, Aprea che – oltre ad insistere su un modello punitivo ed iniquo, Invalsi dipendente ed invalsizzato – ignora evidentemente le particolari condizioni relazionali che esistono nelle scuole, nonché l’impreparazione di molti dirigenti scolastici, che invece diventerebbero i giudici unici della possibilità di progressione. L’attuale partito di maggioranza ricorre alla legge delega che sottrae questioni delicate al dibattito parlamentare. Abitudine tipica dei governi Berlusconi, dalla Riforma Moratti a vari provvedimenti sulla scuola modello Gelmini. Pratica, allora, profondamente criticata e ostacolata dallo stesso Pd. Un altro esempio di encomiabile coerenza, che – al solito – ci verrà spacciato come “senso di responsabilità”. Ci sarebbero tante cose da osservare. Matteo Renzi, come dicono, rispetto ai tempi della proposta indecente di Profumo di aumentare le ore di lezione a parità di salario, “scommette su un clima diverso e sul patto della qualità: più ore, più impegno, più soldi”; lo invitiamo a considerare che non sempre i proclami di giovanilistica fiducia determinano le condizioni che profetizzano.

Il fatto, poi, che Centemero (responsabile scuola di Forza Italia) e Aprea abbiano immediatamente plaudito alla presunta proposta, si commenta da solo.

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