Ora ne combina una gigante. Più o meno lo hanno pensato tutti martedì sera, mentre vedevano Guillermo Ochoa mortificare Neymar con un intervento più prodigioso di quello prima. E invece il portiere del Messico ha parato fino all’ultimo istante ed è già diventato uno dei personaggi più riusciti di questo Mondiale

Molto fanno i lunghi capelli ricci e la maglia fuori dai pantaloni, al resto hanno pensato aneddotica e bufale web. Memo, questo il suo soprannome, è tecnicamente un disoccupato. Nell’ultimo anno era in Corsica, ma il suo Ajaccio è retrocesso e lui ora dovrà trovarsi una squadra. Ieri non lo conosceva nessuno, oggi i tg parlano del Milan per lui. Nel 2011 era stato fermato per doping, ma i giudici credettero alla versione della carne contaminata. Ochoa è sposato con la pop singer e attrice messicana Dulce Maria, artisticamente rivedibile nonostante una parentela con la pittrice Frida Kahlo

Il suo mito è legato soprattutto alla leggenda delle sei dita: online si trovano immagini dell’estremo difensore Tricolor che mostra felice la falange in più della sua mano. Chiaramente un fotomontaggio, ma la foto è circolata parecchio. 

Ochoa incarna pregi e difetti del numero 1 di quella parte di mondo: tecnico e forte coi piedi ma costantemente a rischio infortunio, acrobatico e al contempo goffo, spesso efficace. 

Tra Centro e Sud America i predecessori sono tanti e illustri. Il paragone più immediato è con Jorge Campos da Acapulco. Con i suoi 168 centimetri di altezza ha protetto i pali del Messico dal 1991 al 2004, disputando tre Mondiali. Il palcoscenico internazionale gli ha dato la fama, ma gli ha impedito di perseguire le sue due passioni: disegnare e indossare completi dai colori inopportuni e giocare almeno uno spezzone di gara da attaccante. Campos ha segnato 38 gol nel campionato messicano.

Poca roba rispetto a Josè Luis Chilavert. La leggenda del calcio paraguaiano è stato eletto secondo miglior portiere di sempre nel continente dopo Amadeo Carrizo. In venti anni di carriera tra Argentina e Europa ha giocato oltre 700 partite e ha realizzato 62 gol, tra cui 8 in nazionale. La maggior parte sono arrivati su rigore, numerosi su punizione. Aveva il fisico e lo sguardo di un buttafuori Chilavert, respingeva più che bloccare. Era essenziale, carismatico e calciava come un trequartista. In futuro ha detto che vorrebbe candidarsi a presidente del suo paese. Parecchi voti se li è già guadagnati sul campo. 

Per concludere la breve retrospettiva sui portieri goleador bisogna citare Rogerio Ceni. Ex da poche settimane, lascia con una serie di primati che non sarà semplice superare. E’ secondo solo al collega Shilton tra i professionisti con più presenze in carriera (1140), ma a fare impressione sono soprattutto le sue 115 reti in gare ufficiali. Tra le caratteristiche degli estremi difensori sudamericani, oltre ai piedi sopraffini, vale la pena citare la longevità. Ceni è campione del mondo, ma nel 2002 era il terzo nella graduatoria di guantoni di Scolari. Ha avuto la sfortuna di imbattersi in un’epoca particolarmente florida per la scuola dei portieri brasiliana, che ha prodotto Taffarel,MarcosDida e Julio Cesar. A parte forse l’ex milanista giocatori solidi, verrebbe da dire europei. 

Lo stesso non si può dire dell’Argentina che da anni si affida alla coppia Romero-Andujar. In campo all’esordio c’era il primo e dopo aver assistito alla rabona del suo difensore Rojo per liberare l’area ha capito che non sarà un Mondiale semplice. La recente scuola albiceleste è fatta di tanto folklore, non di grande talento. Negli ultimi anni si ricordano il papero Abbondanzieri, che con il Boca Juniors fece impazzire i rigoristi del Milan in Coppa Intercontinentale, Sergio Goycoechea, amico di Maradona e protagonista di Italia ’90 e German Mono Burgos, un energumeno fondamentale nei successi dell’Atletico Madrid di Diego Simeone.

Il numero 1 più assurdo di tutti i tempi, però, viene dalla Colombia e si chiama Renè Higuita. Nella sua vita ha fatto di tutto: il portiere e il goleador, l’attore e, si dice, lo spacciatore. Alto 172 centimetri, capellone e vestito in modo singolare divenne idolo e al contempo zimbello al Mondiale del 1990 quando si spinse fino a centrocampo, si fece rubare palla e decretò l’eliminazione dei Cafeteros. Si rifece anni dopo stupendo il mondo con la sua parata dello scorpione su un tiro dell’inglese Redknapp. Il suo posto in nazionale è stato poi preso da Faryd Mondragon. Ora ha 43 anni e gioca ancora. Se dovesse scendere in campo in Brasile supererà Roger Milla e diventerà il più vecchio nella storia della Coppa. E insidierà il fenomeno Ochoa sulle copertine delle riviste in lingua ispanica.

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