Tra i finti “taglietti” agli F35 tweettati da Renzi e le voci di presunti “piani segreti” del governo per trattare con Washington il dimezzamento del contestato programma militare, il movimento pacifista italiano si dà appuntamento il 25 aprile all’Arena di Verona per lanciare un messaggio forte e chiaro al mondo politico nazionale in nome della nostra Costituzione. “L’Italia ripudia la guerra, ma continuia ad armarsi. Crescono le spese militari, si costruiscono nuovi strumenti bellici. Il nostro Paese, in piena crisi economica e sociale, cade a picco in tutti gli indicatori europei e internazionali di benessere e di civiltà, ma continua ad essere tra le prime dieci potenze militari del pianeta, nella corsa agli armamenti più dispendiosa della storia. Ne sono un esempio i nuovi 90 cacciabombardieri F35, il cui costo di acquisto si attesta sui 14 miliardi di euro, mentre l’intero progetto Joint Strike Fighter supererà i 50 miliardi di euro… La resistenza oggi si chiama nonviolenza. La liberazione oggi si chiama disarmo”.

L’appello dell’Arena di Pace e Disarmo, dove sono attese almeno diecimila persone, è sostenuto da tutto il mondo dell’associazionismo laico e cattolico italiano (Comboniani, Libera, Cgil, Fiom, Acli, Arci, Emergency, Greenpeace, Focsiv, Rete Disarmo, Rete della Pace, Beati Costruttori di Pace e Pax Cristi solo per citare i principali) e da personaggi della cultura, dello spettacolo e non solo, come Goffredo Fofi, Moni Ovadia, Lella Costa, Marco Paolini, Ascanio Celestini, Fiorella Mannoia, Shel Shapiro, Gianni Minà, Gad Lerner e Gherardo Colombo.

Supporter d’eccezione Papa Francesco, che il 25 aprile invierà a Verona un suo messaggio di ‘benedizione’ dell’iniziativa. Non sarà certo una bolla pontificia contro gli F35 – anche perché a Verona si parlerà di pace e disarmo in generale, di servizio civile e difesa non armata, militarizzazione dei territori e messa al bando bando delle armi nucleari – ma il peso politico dell‘endorsement vaticano a una manifestazione del genere è qualcosa di eccezionale, come osserva il coordinatore di Rete Disarmo, Francesco Vignarca. Che sugli F35 incalza: “Finora il governo si è limitato a rinviare l’acquisto di qualche aereo a dopo il 2020, ma al di là delle voci e degli annunci ad effetto, l’impegno finanziario complessivo rimane quello da 14 miliardi per 90 cacciabombardieri. Nel governo e nel Pd c’è chi vuole rimandare ogni decisione a dopo le elezioni europee, sperando di scongiurare nel frattempo una presa di posizione vincolante del Parlamento, che finalmente dovrebbe esprimersi tra una quindicina di giorni. A Verona chiederemo a Renzi di rispettare sia le prerogative del Parlamento, sia la posizione maggioritaria del suo stesso partito, ormai contraria agli F35 come lo è la maggioranza degli italiani”.

Che gli italiani non vogliano gli F35 lo dimostra anche la crescente mobilitazione in rete, dove la petizione online lanciata da Avaaz è ormai a un passo del mezzo milione di firme. “La politica non può ignorare la volontà popolare”, afferma Luca Nicotra, rappresentante di Avaaz in Italia. “Se il nostro ordinamento prevedesse la possibilità di un referendum sulle spese militari, come in Svizzera, dove il 18 maggio i cittadini elvetici decideranno se spendere o no diversi miliardi per comprare 22 cacciabombardieri svedesi Gripen, le 500mila firme che abbiamo raccolto darebbero modo agli italiani di esprimersi sugli F35 e tutti sappiamo con quale esito”.

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