Sembrava una partita chiusa quella tra la sezione di controllo della Corte dei Conti emiliano romagnola e la Regione guidata dal presidente Vasco Errani, accusata dai magistrati contabili di aver speso in maniera “irregolare” una parte dei fondi assegnati ai gruppi consiliari per l’anno 2012. Invece le nove liste di “rimborsi irregolari” contestate ai partiti eletti, in tutto 1,8 milioni di euro, per le quali la Regione aveva ottenuto dalla Sezione l’autorizzazione a non presentare giustificativi, una sorta di “archiviazione”, nei mesi scorsi erano già state inoltrate dalla Sezione sia ai colleghi della Procura della Corte dei Conti, sia alla Procura della Repubblica di Bologna. Quest’ultima è anche al lavoro per esaminare gli scontrini relativi alle spese sostenute dagli eletti di viale Aldo Moro tra la metà del 2010 e la fine del 2011, scontrini pagati con soldi pubblici.

E ora il parlamentino regionale teme che possano portare a ulteriori “ipotesi di reato” a carico dei gruppi assembleari. “La notizia circa la trasmissione degli atti alla Procura – dicono fonti della Regione Emilia Romagna al fattoquotidiano.it – non desta grande sorpresa perché già nella delibera che la Corte dei Conti aveva inviato all’ufficio di presidenza (quella in cui si chiedeva ai gruppi consiliari di dimostrare l’inerenza delle spese effettuate nel 2012 all’attività del gruppo, o a quella dei consiglieri facenti parte di ciascun gruppo assembleare) si faceva riferimento a questo passaggio. Resta da vedere, ed è questo a destare preoccupazione, se dalla Procura della Repubblica verranno ravvisate ipotesi di reato”. Le liste, di cui ilfattoquotidiano.it per primo aveva dato notizia, contengono, partito per partito tutte le spese effettuate dai gruppi consiliari nel 2012 che per la Corte dei Conti presenterebbero “irregolarità e carenze”: che non rispetterebbero, insomma, i requisiti previsti dalla normativa vigente, introdotta dal governo Monti, come la non riconducibilità a un’attività politica del partito di riferimento, o a omaggi, regalie e gadget non considerati rimborsabili in quanto “mere liberalità” “non inerenti al funzionamento del gruppo”.

In tutto, al Partito Democratico erano stati contestati 673.000 euro, al Pdl 390.000, 193.000 alla Lega Nord, 147.000 all’Italia dei Valori, 126.000 per Sinistra Ecologia e Libertà, 98.000 per il Gruppo Misto, 90.000 per Federazione della sinistra, 87.000 al Movimento 5 Stelle e 48.000 all’Udc. Di quelle spese, viaggi, cene, consulenze, la sezione di controllo della Corte dei Conti regionale a giugno aveva chiesto i giustificativi e concesso 20 giorni di tempo ai gruppi assembleari aveva per inviare gli scontrini e le fatture necessari a dimostrare la regolarità delle voci contestate. Ma in risposta i partiti di viale Aldo Moro si erano rivolti direttamente al presidente della Corte dei Conti a Roma, chiedendo, attraverso una lettera che ilfattoquotidiano.it aveva potuto visionare, “una sospensiva dei termini indicati nella delibera”, nella speranza che i magistrati della Capitale ridefinissero i criteri che avevano portato la sezione regionale a individuare tante irregolarità.

E pochi giorni dopo anche Errani si era espresso contro la delibera 249, definendola “un’oggettiva disapplicazione della legge regionale”. “Nel 2012”, aveva dichiarato il numero uno di viale Aldo Moro, per stabilire la rimborsabilità delle spese si faceva riferimento “alla legge regionale 32/97”, normativa che prevedeva disposizioni diverse da quelle inserite nella legge introdotta dal governo Monti, e che erano stabilite dall’ufficio di presidenza dell’Assemblea legislativa, ai tempi sotto la guida del deputato renziano Matteo Richetti. “E’ evidente dunque – aveva sottolineato Errani in aula a luglio – che il nuovo regime dei controlli debba attuarsi a partire dal 2013”.

La contestazione mossa da Errani, con tanto di conflitto di attribuzione sollevato anche da altre Regioni italiane, tra cui Lombardia e Liguria, su cui a giorni si esprimerà la Corte Costituzionale, era stata accolta e il parlamentino regionale, con la delibera la 261/2013, era stato autorizzato dalla Corte dei Conti ad archiviare i rendiconti “irregolari”. Tuttavia ora quelle segnalazioni rimaste senza giustificativi sarebbero passate automaticamente nelle mani della Procura di Bologna, che già indaga sulle spese effettuate dai gruppi consiliari tra la metà del 2010 e la fine del 2011, cene in ristoranti stellati, soggiorni in hotel di lusso, strenne natalizie e gioielli di Tiffany compresi. E non è detto che il capitolo 2012 (i cui scontrini sono già nelle mani dei magistrati) accantonato causa mancanza di risorse a disposizione degli inquirenti, come aveva reso noto il procuratore Roberto Alfonso, che con l’aggiunto Valter Giovannini supervisiona l’inchiesta coordinata dalle pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, non venga aperto.

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