Avrebbero dovuto presentare scontrini e fatture entro il 5 luglio i gruppi consiliari della Regione Emilia Romagna, per giustificare le “irregolarità e le carenze” riscontrate dalla Corte dei conti nei rendiconti relativi alle spese effettuate nell’anno 2012. Spese pagate con soldi pubblici ma che ‘non tornano’, come viaggi, cene, convegni. Invece, all’appuntamento con i magistrati contabili i partiti eletti in viale Aldo Moro si sono presentati impreparati. Anzi, con una lettera inviata direttamente al presidente della Corte dei Conti a Roma e che il Fatto Quotidiano ha potuto visionare, i capigruppo hanno chiesto “una sospensiva dei termini indicati nella delibera” del 12 giugno. Quella delibera allegata ai nove elenchi, uno per ciascun partito eletto in viale Aldo Moro – Movimento 5 Stelle, Gruppo misto, Popolo della Libertà, Lega Nord, Partito Democratico, Federazione della Sinistra, Udc, Italia dei Valori e Sinistra Ecologia e Libertà – che delineavano tutte le voci di spesa “non conformi alla normativa vigente“, e che quindi andavano giustificate.

Proprio il 5 luglio, infatti, si terrà “la prossima adunanza della sezione delle autonomie della Corte dei conti”, convocata per “discutere, tra l’altro, sulle questioni relative ai rendiconti dei gruppi consiliari“, e la speranza è che i magistrati di Roma ridefiniscano i criteri che hanno portato la sezione regionale a individuare tante irregolarità. Chiedendo, nello specifico, meno giustificativi da presentare.

Durante l’incontro, infatti, si parlerà della legge 7 dicembre 2012, quella che converte il decreto legge 174 introdotto dal governo Monti per autorizzare i magistrati contabili delle sezioni regionali a indagare sui rendiconti spese delle regioni. Ciò che, almeno secondo voci non ufficiali di viale Aldo Moro, i gruppi si augurano, è che l’ambito dell’indagine condotta dalla sezione territoriale dei giudici contabili venga ridefinito. Che vengano, insomma, ridiscusse le regole da applicarsi per determinare le spese che sono “a norma”, e quindi “regolarmente rimborsabili”, rispetto a quelle che non lo sono.

“Il problema – spiegano dalla Regione – è che prima della normativa Monti a decidere quali spese erano a norma era l’Ufficio di presidenza”, che nel 2012 era guidato dal deputato renziano Matteo Richetti. “Le regole, quindi, erano diverse da quelle in vigore oggi: per esempio rientravano tra le voci rimborsabili le spese di rappresentanza, o i gadget che si acquistavano durante le festività per i dipendenti. Tutte voci di spesa che oggi sono praticamente state abolite dalla legge ‘salva Italia’”. La Corte dei Conti, però, applica la normativa vigente in maniera retroattiva, quindi, secondo i gruppi consiliari, “almeno una parte delle uscite giudicate irregolari sarebbero in realtà rimborsabili se si applicano i criteri in vigore prima del dl 174”.

Per questo i capigruppo dell’Emilia Romagna, così come i colleghi di altre regioni italiane, “dalla Lombardia alla Liguria”, hanno chiesto più tempo: gli orientamenti che seguiranno alle discussione del 5 luglio a Roma “potranno risultare decisivi per superare le criticità interpretative ed applicative riguardanti il sistema dei controlli dei rendiconti dei gruppi consiliari, introdotto dal dl 174/2012″. La Corte dei conti nazionale potrebbe, in pratica, rivalutare le dimensioni dell’indagine condotta dai magistrati emiliano romagnoli.

Intanto, però, la situazione in viale Aldo Moro resta “tesissima”. “I gruppi sono ancora al lavoro per reperire tutto il materiale che manca”, racconta qualche dipendente regionale, “siamo passati da un eccesso all’altro: ora hanno bloccato praticamente tutte le risorse, hanno tagliato tutte le missioni e gli unici fondi che ancora vengono autorizzati sono quelli per pagare il personale”.

Il 5 luglio, quindi, in attesa che i magistrati contabili di Roma si pronuncino, non verrà presentata nessuna fattura o scontrino. “Noi siamo tranquilli – sottolinea Andrea Defranceschi, unico consigliere del Movimento 5 Stelle in Regione dopo il passaggio dell’ex collega Giovanni Favia prima a Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia, e poi al Gruppo Misto – a noi la Corte dei Conti non ha segnalato irregolarità, ci ha semplicemente chiesto di spiegare meglio alcune spese”. Per esempio, spiega ‘il grillino’, il denaro utilizzato per pagare l’affitto della sala semestralmente prenotata per gli incontri tra eletti e cittadini, organizzati per esporre pubblicamente le attività del gruppo consiliare in Regione. “Alla voce di spesa io ho sempre allegato il volantino dell’evento, mi sembrava sufficientemente chiaro, ma ci sono stati chiesti ulteriori chiarimenti”, spiega Defranceschi. “Sono tre anni che ci battiamo perché – continua – e quasi nessuno qui ha raccolto il nostro appello: prima dei magistrati contabili, i nostri giudici sono i cittadini ed è per loro che diffondiamo regolarmente tutte le spese sostenute. Certo, è anche una questione politica: noi non avremmo mai speso soldi per regalare panettoni a Natale, ma questo anche prima della legge Monti”.

“Stiamo facendo valutazioni tecniche, che sono private e in corso d’opera” ha precisato invece il capogruppo Pd in Regione Marco Monari, che sulle ragioni alla base della lettera si è limitato a dire: “Io queste informazioni non le ho”. E delle “verifiche” sono in corso anche all’interno della Lega Nord. “Con la Corte dei conti non si scherza – spiega il capogruppo del Carroccio in viale Aldo Moro Mauro Manfredini – tanta roba non ce l’abbiamo, ci stiamo lavorando e appena saremo pronti daremo le nostre risposte”.

“Tutti i gruppi consiliari – ha chiarito invece Gian Guido Naldi, presidente di Sinistra, Ecologia e Libertà – hanno chiesto una proroga e stiamo collaborando perché la Corte dei Conti applichi la legge correttamente”. “Noi pubblichiamo tutto online da tempo – commenta invece Liana Barbati, capogruppo Idv – quindi le nostre spese sono già trasparenti”.