Nonostante il casus belli si sia pretestuosamente individuato solo ora con la strage del 21 agosto perpetrata attraverso l’uso di armi chimiche, in Siria le stragi di civili si susseguono dall’aprile del 2011, da quando è cominciata la rivolta presto trasformatasi in guerra vera e propria. Sono ormai più di due milioni i siriani che hanno abbandonato le loro case a causa del conflitto che dal marzo del 2011 colpisce il loro Paese e che ha fatto finora oltre 100 mila morti. Per il 7 settembre il Papa ha chiamato a una veglia e una giornata di mobilitazione e riflessione a favore della pace, contro la guerra e contro un intervento armato in Siria. Associazioni, politici, persone note stanno aderendo in massa a questa mobilitazione.

Resto un po’ interdetta però al pensiero che le vittime uccise prima del 21 agosto siano state meno importanti al punto da non suscitare grandi mobilitazioni di coscienze, e che i bambini morti sotto i bombardamenti fossero più tollerabili o giustificabili di quelli uccisi con sostanze chimiche. Ma questa è la real politik non solo della politica e delle potenze militari, bensì anche della Chiesa e delle società civili.

Il papa digiunerà “in compagnia” del Ministro degli Affari Esteri, Emma Bonino, e di quello della Difesa, Mario Mauro, pronti però a scattare sull’attenti qualora l’Onu dovesse approvare una risoluzione che legittimi un intervento armato internazionale. Eppure lo scorso 20 luglio, pochi giorni prima di essere rapito in Siria, Padre Paolo Dall’Oglio attraverso Change.org, aveva lanciato una petizione rimasta inascoltata, per chiedere a Papa Francesco un impegno personale a favore della pace in Siria.

“Mi rivolgo a lei – scriveva Dall’Oglio nell’appello ignorato dal Papa – affinché promuova personalmente un’iniziativa diplomatica urgente e inclusiva per la Siria, che assicuri la fine del regime torturatore e massacratore, salvaguardi l’unità nella molteplicità del paese e consenta, per mezzo dell’autodeterminazione democratica assistita internazionalmente, l’uscita dalla guerra tra estremismi armati”.

Ma vediamo ora altri appelli della rete legati alla Siria e al conflitto siriano, alcuni lanciati anche diverso tempo fa. Il 27 agosto, pochi giorni dopo la strage di Ghouta, Maso Notarianni ha lanciato un appello contro l’intervento militare in Siria. L’ultimo in ordine di tempo a sottoscrivere l’iniziativa è stato il Generale di Corpo d’Armata Fabio Mini sulla scia delle adesioni di Stefano Rodotà, Cecilia Strada, Maurizio Landini, Fiorella Mannoia,  Alessandro Robecchi, Paola Turci, Marcello Guerra, Christian Elia, Alessandro Gilioli, Massimo Torelli, Guido Viale, Marco Revelli, Frankie Hi-Nrg Mc, Stefano Corradino, Raniero la Valle e Luciana Castellina.

L’appello pacifista ha superato quota 18.000: “Ho visto la guerra. Troppe volte e in troppi Paesi diversi. Mai l’ho vista risolvere qualcosa; al contrario, non fa che aumentare odio e divisioni, ieri in Iraq, oggi in Siria. Non possiamo chiamarci fuori, sono d’accordo. Ma dobbiamo smettere di pensare che la guerra sia la prosecuzione della politica. La specie umana si evolve. Impariamo a allontanare da noi quella che è – oggi come ieri – la più terribile tra le barbarie che la specie umana (e solo quella) abbia inventato. Non c’è più nulla, ma proprio nulla, che le possa giustificare. E costruiamo scuole e ospedali, e distribuiamo ricchezza invece di depredarla – queste le parole di Maso Notarianni, che continua – Nessuno lavora sulla prevenzione dei conflitti e sul rispetto dei diritti umani, l’unica vera via per costruire la pace”.

“Al contrario, la storia ci insegna che le grandi potenze soffiano sul fuoco per alleanze politiche o interessi economici, anche legati alla vendita di armi, ignorano le violazioni di diritti umani quando queste vengono commesse dai propri alleati. Sarà il popolo siriano a fare le spese del prossimo intervento militare. Quel popolo ha bisogno della comunità internazionale, ma non dall’alto di un bombardiere: ha bisogno che sia la diplomazia, in tutte le sue facce, a farsi avanti, a costruire un tavolo di proposte con dei mediatori davvero credibili. L’ultimo decennio ha mostrato che le guerre alimentano ed esasperano violenza e fondamentalismi di ogni tipo. È sufficiente guardare la Libia, l’Afghanistan, o l’Iraq ‘pacificato’, dove attentati e vittime civili continuano a essere all’ordine del giorno nell’indifferenza generale”.

Di dovere poi è ricordare Domenico Quirico, inviato de La Stampa di cui si sono perse le tracce ad aprile mentre cercava di documentare questo conflitto. Lo scorso 8 maggio, Daniele Mastrogiacomo, giornalista e inviato de La Repubblica, e l’Huffington Post avevano lanciato un appello al Governo Letta affinché si adoperasse in ogni modo per riportare a casa l’inviato de La Stampa. Oltre 36.000 persone hanno aderito a quest’iniziativa anche per dimostrare la propria vicinanza al giornalista, ai suoi familiari e a tutti quei reporter che rischiano la vita per documentare le tragedie umane che sono le guerre.

Uno degli appelli invece è stato ascoltato, ma il diretto interessato non ne ha potuto beneficiare. Akram Raslan, il vignettista siriano che dal 2 ottobre 2012 si trova nelle carceri del regime di Bashar al Assad, e in cui favore erano state inviate oltre 4.000 candidature attraverso la petizione su Change.org, ha vinto il premio “Courage in Editorial Cartooning 2013”, riconoscimento che purtroppo non ha potuto ritirare di persona.

 

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