Lorenzo Tepano, pescatore che vive con moglie e figli in una casetta di legno nel bel mezzo del parco nazionale, non se ne vuole andare. La terra su cui vive è sua e dei suoi antenati, nessuno ha il diritto di sgomberarlo. Allargando l’inquadratura si scopre che Lorenzo è uno dei poco più di mille polinesiani Rapa Nui che ancora abitano la misteriosa Isola di Pasqua (che fa parte della regione di Valparaiso, Cile), ad oggi meno di un quinto della popolazione totale. E la sua battaglia è diventata il simbolo della lotta di tutta l’isola contro la nuova colonizzazione cilena, che sta trasformando l’isola in un immenso resort turistico di lusso. Tanto che adesso l’assemblea dei Rapa Nui ha posto nuovamente la questione dell’indipendenza, o in alternativa dell’annessione alla Polinesia, e ha annunciato che esporrà il problema alla Corte Internazionale dell’Aia.

Scoperta, o conquistata, dall’Europa nel diciottesimo secolo, più precisamente da una nave olandese il giorno di Pasqua dell’anno 1722, l’isola è stata forzatamente annessa al Cile, da cui dista circa 4mila chilometri, nel 1888. Poi è stata appaltata a una compagnia privata scozzese per l’allevamento delle pecore e, dal 1953, è tornata sotto sovranità cilena. Durante il dominio scozzese, per garantire la libertà di pascolo delle pecore, gli indigeni sono stati forzatamente spostati nella città di Hanga Roa, privati di ogni diritto, e solo dalla rivolta del 1964 hanno ottenuto la nazionalità cilena e il diritto al voto. Ma ora il governo cileno ha stanziato 60 milioni di dollari per la costruzione di resort di lusso sull’isola, con l’idea di farne una meta turistica privilegiata, che stanno mettendo a serio rischio la sopravvivenza dei Rapa Nui.

Isola vulcanica di circa 160 km quadrati, l’Isola di Pasqua è nota soprattutto per gli oltre 600 Moai che si stagliano fieri verso l’orizzonte: le enormi statue di tufo di altezza variabile tra i 10 e i 30 metri, con sembianze antropomorfe, la cui origine incerta ne fa uno dei grandi misteri della storia e, oltre a conferirle lo status di patrimonio dell’Unesco, la rende anche attrazione turistica. Di questo, insieme alla pesca e alla pastorizia, vivono oggi gli abitanti dell’isola, ma con il nuovo piano di investimenti cileno la situazione sta degenerando. “Non siamo contro il turismo, che oramai vale per l’80% della nostra economia – spiega Luz Zasso Poa, presidente dell’assemblea cittadina di Hanga Roa e membro di una delle tribù Rapa Nui –. Ma il turismo di massa sta distruggendo l’ecosistema dell’isola”.

Con l’apertura di nuove rotte dedicate dagli Stati Uniti, e il potenziamento del servizio della compagnia aerea cilena LAN nella tratta da Santiago, il flusso di turisti è cresciuto del 50% negli ultimi anni: ogni anno sull’isola, che conta meno di 6mila abitanti, sbarcano più di 90mila turisti. Il Cile poi ne ha fatto una sorta di paradiso fiscale, e la costruzione di vere e proprie cittadelle turistiche lo rende appetibile come buen retiro dell’alta borghesia cilena oltre che come nuova meta turistica preferita della classe media. Le lotte dei Rapa Nui sono cominciate nel 2009 con il blocco dell’aeroporto. Poi sono continuate e si sono esacerbate nel 2010, con diverse occupazioni pacifiche in cui le varie tribù cercavano di riappropriarsi delle loro zone di provenienza, proteste che sono state represse nel sangue dall’esercito cileno su ordine del nuovo presidente Sebastian Pinera.

Politico di destra, presidente del Cile dal 2010, Pinera, il cui fratello fu lo storico Ministro delle miniere durante la sanguinosa dittatura di Pinochet, è uno degli uomini più ricchi del Cile, nonché azionista della compagnia aerea LAN. Ed è, soprattutto, l’artefice del nuovo piano di investimenti e il più deciso a mantenere l’isola sotto controllo cileno. La lotta dopo i massacri del 2010 è ricominciata, e prosegue fino ad oggi, dividendosi tra occupazioni del suolo come quella del pescatore Lorenzo Tepano, che resiste allo sgombero, e battaglia parlamentare con le richieste di una riduzione del turismo e dello spostamento degli investimenti dedicati verso sanità, educazione e nella costruzione di una rete idrica per l’acqua potabile. Altrimenti, spiega Leviante Araki, presidente del parlamento indipendente Rapa Nui, sarà messo in discussione il trattato del 1888 e gli abitanti dell’Isola di Pasqua continueranno a lottare con tutti i mezzi necessari per ottenere l’indipendenza dal Cile.

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