L’Unione europea si dota di strumenti per sostenere i movimenti democratici e le organizzazioni per i diritti civili nei Paesi limitrofi. Si cerca così di superare le lentezze burocratiche e trovare metodi più flessibili per aiutare quegli attori emergenti che altrimenti troverebbero ostacoli. L’European Endowment for Democracy è stato lanciato nei giorni scorsi alla presenza dell’Alto rappresentate Ue per la politica estera, Catherine Ashton. “Il fondo arriva al momento opportuno – ha detto la baronessa Ashton citata dall’EuObserver – il 2013 sarà un anno cruciale per le transizioni democratiche nei Paesi a noi vicini”.

L’idea risale al 2011 scaturita dal ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, e ha preso corpo durante il semestre di presidenza europea di Varsavia. Non a caso primo direttore esecutivo alla guida del fondo è stato nominato un polacco, il sottosegretario agli Esteri, Jerzy Pomianowski, già esponente dell’opposizione democratica negli anni Ottanta del secolo scorso. Scelta che fa presagire uno sguardo dell’Eed rivolto verso l’Europa orientale. Nelle intenzioni il programma guarderà a tutto tondo i confini europei da est al Mediterraneo: quindi sostegno ai palestinesi, agli egiziani, ai libanesi ai marocchini, ai siriani.

La stessa lady Ashton, si legge nella trascrizione del discorso tenuto durante la riunione del board, ha citato le restrizioni della libertà d’espressione per i difensori dei diritti umani e civili in Algeria, le difficoltà delle organizzazioni della società civile in Marocco, i problemi nella sponda meridionale del Mediterraneo.

Il maggior numero di reazioni arrivano tuttavia da est. “L’istituzione dell’European Endowment for Democracy e la nomina di un diplomatico polacco alla guida sono buone notizie per l’Ucraina. Ci saranno così nuovi strumenti per sviluppare le relazioni con l’Unione europea”, ha spiegato il politologo indipendente ucraino, Roman Rukomeda, a EurActiv. “C’è speranza per lo sviluppo di un agenda tra Kiev e Bruxelles nel 2013 e per una nuova spinta alla democrazia in Ucraina”. Entusiasmo fu anche quello di Nasta Palazhanka, una dei leader del Fronte giovanile bielorusso che nei mesi scorsi sottolineò all’EuObserver la necessità del sostegno europeo ai movimenti sociali in quella che è stata definita l’ultima dittatura del Vecchio Continente sotto il governo, ormai quasi ventennale, di Alexander Lukashenko.

Per finanziare blogger, giornalisti, stampa indipendente, movimenti politici e sociali, sindacati, organizzazioni non governative servono anche i soldi. A novembre il programma ha ricevuto 6 milioni di euro. Soldi, sottolinea EurActiv, sufficienti a coprire i costi amministrativi mentre per le altre attività occorrerà il sostegno degli Stati membri che aderiscono e di donatori, come possono essere a esempio le fondazioni. Alcuni membri e la Svizzera, che ha una rappresentanza nel board, hanno messo sul piatto 8 milioni di euro. Altri 10 milioni di euro nei prossimi tre anni arriveranno dalla Commissione europea, riporta il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza.

La scelta di affidarsi principalmente a fondi dei singoli Stati e non a quelli dell’Unione si spiega con le minori procedure burocratiche, modo più appropriato a finanziare la società civile soprattutto in nazioni rette da governi autoritari. Secondo quanto sottolineava l’EuObserver lo scorso giugno i candidati non faranno loro stessi domanda, ma saranno i funzionari a scegliere valutando caso per caso. Reperire sufficienti fondi e definire al meglio i beneficiari sono due dei test che l’iniziativa si troverà ad affrontare secondo un’analisi pubblicata lo scorso maggio dalla Fundación para las Relaciones Internacionales y el Diálogo Exterior con sede a Bruxelles. In particolare dovrà stare attenta a evitare di sostenere quelle forze che cercano la competizione tra le varie organizzazioni democratiche. Secondo gli analisti dovrà inoltre dimostrare di essere governata con trasparenza e autonomia e di essere capace di monitorare come sono stati stanziati i fondi. Pena la perdita di legittimità.

di Andrea Pira

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