Imputati per evasione fiscale, costituzione di fondi neri e riciclaggio, di più: fortemente sospettati di legami con la ‘ndrangheta dei Morabito-Bruzzaniti-Palamara. E nonostante questo le imprese della famiglia Fotia, originaria di Africo ma da anni trapiantata nel comune di Vado Ligure, navigano con il vento in poppa. Benvenuti a Savona, in quella terra di ponente dove i fuochi dei clan tengono in scacco i commercianti e i colletti bianchi fanno affari con i boss. Benvenuti, ma senza fare rumore, per non svegliare la politica che non sente, non vede, non parla.

Politica, ma non solo. Di miopia sembrano soffrire anche i sindacati, la Cisl in particolare, le cui bandiere, il 17 settembre 2012, garrivano sui camion della Scavo-ter e della Pdf, aziende di scavi riconducibili ai Fotia. Motivo della protesta: la misura interdittiva del 10 marzo 2012 che vieta alle società di “contrattare con la pubblica Amministrazione”. Niente appalti pubblici, ma solo fino al 12 settembre scorso, visto che il tribunale di Savona ha ridotto il divieto da nove a sei mesi. Non un vero e proprio via libera, visto che l’ok definitivo deve arrivare dallo stesso prefetto

Il particolare, comunque, genera la contestazione. L’allarme è per i lavoratori. Il sindacato cavalca la protesta. Sull’interdittiva pesano le 6o pagine di ordinanza che nel maggio 2011 hanno portato in carcere Pietro Fotia, primogenito del capostipite Sebastiano. Sul tavolo dell’indagine, da un lato l’architettura contabile costruita per accumulare fondi neri, dall’altro gli intensi rapporti tra i Fotia e Roberto Drocchi (anche lui arrestato e mandato a giudizio), capo del settore lavori pubblici nel comune di Vado Ligure, il quale, rileva il gip, si è reso colpevole di “di atti contrari ai doveri del proprio ufficio, consistiti nell’assegnazione alla Scavo-ter, in assenza di presupposti di legge, di appalti pubblici”. In cifre: oltre un milione di euro dal 2006 al 2009. In cambio, il dirigente comunale incassava dai Fotia denaro per sponsorizzare la squadra di basket di cui Drocchi è presidente. Ma, annota sempre il giudice, gli importi versati “solo in parte sono giustificabili in relazione all’effettivo ritorno pubblicitario”. Il resto del tesoretto viene letto dal tribunale di Savona come “la volontà dell’impresa di indirizzare in proprio favore le scelte del pubblico funzionario”.

Eppure questo è solo l’ultimo atto di un allarme mafioso che, sedimentato nei decenni, oggi riesplode in tutta la sua drammaticità, disponendo sul tavolo una serie di documenti ufficiali che testimoniano il collegamento tra la ‘ndrangheta e i Fotia, i quali, va detto, nel proprio casellario giudiziario, ad oggi, non contano condanne per associazione mafiosa. E nonostante questo la relazione 2011 della Direzione nazionale antimafia registra come “il 21 dicembre 2010 il R.o.s. di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione Reale 3 arrestava a Savona presso l’abitazione di Donato Fotia il pregiudicato Mario Versaci”, latitante e legato alla cosca Pelle di San Luca. Nel 2008 e nel 2009, sempre il report della Dna inserisce la famiglia Fotia nella mappa della ‘ndrangheta presente nel Savonese. Di più: una nota di polizia segnala come al funerale di Francesco Fazzari – “noto esponente della cosca Raso-Gullace- Albanese” – celebrato il 26 febbraio 2009 a Borghetto Santo Spirito (Savona), “veniva documentata la presenza di Sebastiano Fotia e del proprio Pietro Fotia, noti esponenti in questo territorio della cosca della ‘ndrangheta Morabito-Palamara-Bruzzaniti”. Nel 1993 Pietro Fotia viene arrestato e processato per una sparatoria nel centro di Savona. L’accusa è tentato omicidio. Sarà assolto per insufficienza di prove. Anni prima il padre Sebastiano viene arresto per due chili di eroina. Durante il blitz, nel covo di Vezzi Portio, gli investigatori scoprono otto fucili mitragliatori, tredici pistole, cinquecento proiettili e alcune bombe a mano.

Di tutto questo, però, i sindacati sembrano non curarsi. E nemmeno la politica che, tranne il Movimento cinque stelle, non scende in campo per difendere dalle minacce chi le infiltrazioni le denuncia da anni. Capita tutto l’8 settembre 2012 quando la Casa della Legalità con in testa il presidente Cristian Abbondanza, mette in piedi un volantinaggio nel centro di Savona. Obiettivo: denunciare i rapporti dei Fotia con la ‘ndrangheta. Ne nasce una contromanifestazione di presunti operai Scavo-ter alla cui testa si pone un pluripregiudicato in rapporti con il clan degli zingari. Il 9 settembre, matematiche, arrivano le minacce e corrono via Facebook. Sul profilo personale di Abbondanza, un presunto parente avverte: “Fotia e Bruzzaniti sono miei cugini e quindi non ti osare dire che siamo mafiosi o cos’altro perché ti prendo e ti spacco il culo”. Passano pochi minuti e magicamente il commento scompare, assieme al profilo Fb del familiare degli imprenditori calabresi.

Reazioni? Nessuna. Nel frattempo il 19 settembre il tribunale di Savona riduce l’interdittiva ai Fotia. Il documento del gip porta la data del 10 marzo. In quel momento la Scavo-ter, che ha una produzione annua di oltre 10 milione di euro, è socia al 100% di un’altra srl la Pdf nel cui assetto societario, fino al maggio 2011, figura anche Pietro Fotia, il quale, però, abbandona ogni carica dopo l’arresto. Nel frattempo, il gip, accogliendo la richiesta del pm, firma l’interdittiva. Ad aprile 2012, gli altri due fratelli di Pietro Fotia, aprono la Se.le.ni. Srl. Pochi giorni dopo la nuova società acquisterà dalla Scavo-ter le quote societaria della Pdf. Un bel risiko societario che sembra fatto apposta per allontanare il nome Scavo-ter dalla Pdf pur mantenendola nell’alveo familiare dei Fotia. Adesso, però, il problema non si pone più visto che il tribunale di Savona ha ridotto l’interdittiva. Un punto importante al quale va aggiunta la bocciatura sempre dei giudici savonesi alla richiesta di sequestro e confisca contenuta in oltre 200 pagine firmate dalla Dia. Sul caso, però, pende il ricorso in Appello a cui sta già lavorando la Procura con la Dia. Successivamente, però, il ricorso è stato respinto perché gli elementi dedotti dalla Dia riguardo ai collegamenti dei Fotia con la criminalità organizzata sono definiti come “privi di riscontri concreti ovvero illazioni investigative“. 

“Oggi la Liguria, in fatto di lotta alla mafia, è dietro di decenni”, racconta un investigatore che qui ha lavorato per molto tempo. Troppi i personaggi che giocano su i tavoli delle istituzioni e della ‘ndrangheta. Uno di loro, Antonio Fameli, originario di San Ferdinando di Rosarno, dopo essere stato arrestato il 6 marzo 2012 per riciclaggio, è tornato libero per la scadenza dei termini cautelari. Imprenditore ricchissimo, Fameli vanta condanne per mafia e collegamenti importanti con il gotha della ‘ndrangheta. Ma i suoi contatti vanno oltre. Tra i più clamorosi quelli con l’ex capo della Dda di Genova, nonché ex procuratore di Savona Vincenzo Scolastico.

Ecco allora cosa ascoltano gli investigatori il 13 maggio 2011. “A me Scolastico – dice Fameli – mi ha detto: in qualunque situazione ti trovi fai il mio nome”. Mafia, politica e magistratura. In Liguria oggi le cose vanno così.

Modificato da Redazione Web alle 16.44 del 29 ottobre 2012

 

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