Goldman Sachs scarica l’Italia. Dopo esser stata scelta dal governo di Mario Monti per curare la vendita di Fintecna alla Cassa Depositi e Prestiti, la banca d’affari americana ha pensato bene di ringraziare a modo suo: ha venduto quasi tutti i titoli del Tesoro italiano che aveva in portafoglio. Alla fine di giugno, cioè alla fine del secondo trimestre del 2012, la banca d’affari americana per la quale il presidente del Consiglio ha lavorato dal 2005 al 2011, aveva infatti in portafoglio Btp per 191 milioni di dollari, cioè 2,3 miliardi in meno rispetto ai 2,51 miliardi che possedeva alla fine di marzo. Contemporaneamente Goldman Sachs ha investito per aumentare la propria posizione sui derivati per assicurarsi contro un eventuale fallimento dell’Italia. Si tratta dei famosi Credit default swaps (Cds), quegli strumenti finanziari che funzionano come le polizze assicurative.

Insomma, la banca guidata da Lloyd Blankfein, colui che dichiarò di “fare il lavoro di Dio”, scommette sul default di Roma, non prima però di aver aiutato lo Stato a “vendersi” Fintecna. La holding che controlla fra le altre Fincantieri e Tirrenia è infatti di proprietà del ministero dell’Economia, così come la Cassa Depositi e Prestiti.

Ma ora per Monti le decisioni della banca d’affari che invece nel primo trimestre aveva addirittura aumentato la sua esposizione verso i Btp, rappresentano un bel problema, perché entro la fine dell’anno il Tesoro dovrà vendere nuovi titoli di Stato per un totale di 150 miliardi di euro. E se le grandi istituzioni straniere come Goldman Sachs non saranno disposte a finanziare l’Italia a Mario Draghi, altro ex dipendente di quella che molti considerano la  banca più potente del mondo, non resteranno che due possibilità.

La prima è comprare direttamente il debito italiano ma l’opposizione della Bundesbank a questa operazione è ancora troppo forte per poterla realizzare in breve tempo; la seconda è prestare nuovamente alle banche italiane delle “paccate di miliardi” affinché comprino i Btp. Le banche sarebbero sicuramente contente se ciò si avverasse perché potrebbero lucrare la differenza fra i buoni rendimenti dei Btp (il decennale rende attualmente il 5,8%) e i bassissimi tassi fissati dalla Bce (1%). In questa situazione non stupisce che da un sondaggio condotto dall’agenzia di rating Fitch fra gli investitori europei emerga la convinzione che Draghi procederà a nuove Long term refinancing operation (Ltro), le operazioni con le quali ha già prestato (nel dicembre 2011 e nel febbraio 2012) circa 1.000 miliardi di euro alle banche della zona euro al tasso dell’1%. L’82% degli intervistati dal’agenzia di rating Usa ritiene necessaria per le banche un’altra asta Ltro entro due anni. Il 41% prevede un’altra asta Ltro nel 2013/2014, mentre per il 33% potrebbe verificarsi prima di fine 2012 e per il 7% già quest’estate. Solo il 18% considera bassa una tale possibilità. Il 53% ritiene inoltre che le condizioni di credito delle banche peggioreranno, rispetto al 43% di aprile e al 38% di gennaio, contro un 28% che prevede un miglioramento e un 19% che esclude cambiamenti.

Dall’inchiesta risulta anche che per il 24% degli investitori le banche si troveranno di fronte a sfide più impegnative a livello di rifinanziamento, contro un 13% in aprile e un 22% a gennaio. La stessa Fitch indica infine di escludere che un’asta Ltro venga realizzata entro l’anno, ma la ritiene possibile nel 2013/14. “Non prevediamo un’altra asta Ltro quest’anno, ma molte banche in Europa meridionale sono diventate dipendenti dai prestiti della Bce come unica loro fonte di finanziamento. Se non riusciranno a ridurre i loro impegni in tempi adeguati avranno probabilmente bisogno di aiuto per rimborsare quanto avuto nell’ambito di una precedente Ltro”, spiega Fitch.

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