Io vengo dalla Provincia come Nicola Zingaretti. Lui l’ha governata, credo egregiamente, io l’ho vissuta in Irpinia. Non conosco Roma, anche se da quattro anni cerco di capirla e trovare quel fascino cadente, ma civilizzato, che mi avevano raccontato.

Ieri sera, in piazza San Cosimato a Trastevere, c’era Zingaretti che presentava la candidatura a sindaco di Roma. Tutti sapevano che l’avrebbe detto, lui sapeva che tutti aspettavano questo. Eppure l’ha confessato soltanto all’ultima riga di un discorso non propriamente coinvolgente, ma con tratti interessanti. 

E’ stato un gesto di liberazione che fa impazzire il Pd ingessato che s’impicca a un meccanismo sbagliato di primarie e poi dorme quando deve cambiare la legge elettorale porcata. Zingaretti  non hai nominato Gianni Alemanno, non per spirito suicida come faceva Walter Veltroni con Silvio Berlusconi, ma perché Alemanno è un colore: il nero, e lui di colore ne porta tanti.

Zingaretti ha parlato di rispetto, diritti, ambiente, connessioni, servizi, merito. Tutte belle cose, anche scontate, però conta chi le dice, non come le dice. Lui le ha dette bene e con una faccia convincente. Non sarà un raffinato oratore, si scalda di rado e va spesso nel dettaglio, ma il tono e la serietà sono quelle di un ottimo amministratore. Una possibilità, forse, dovrebbe averla.

Certo, non l’avrà dal Pd.

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