Ormai da molto tempo stiamo assistendo a un’elevata presenza mediatica di storie di successo di cervelli in fuga dall’Italia. Sebbene l’intento dei media possa essere quello di denunciare una situazione ormai divenuta insostenibile, soprattutto per i giovani italiani, ritengo che parlare di cervelli in fuga possa rilevarsi fuorviante per vari motivi.

La prima riflessione si concentra sul concetto di fuga. La fuga può essere vista sia come un gesto nobile che come un gesto codardo.

Quando ci troviamo a parlare della mobilità di studenti e lavoratori siamo tuttavia di fronte a qualcosa di diverso. La libera circolazione delle persone è uno dei diriti fondamentali garantiti dal diritto comunitario europeo. Compiere esperienze di studio o di lavoro all’estero è un diritto che va salvaguardato e incentivato, in quanto tali esperienze favoriscono la crescita e la formazione di un qualsiasi individuo. Tuttavia, queste esperienze non hanno nulla a che vedere con il concetto di fuga, soprattutto qualora ci si consideri, oltre che cittadini italiani, anche cittadini europei.

Allo stesso tempo, i media dovrebbero fare attenzione a non portare i giovani a credere che all’estero sia tutto rose e fiori.

La realtà è purtroppo ben diversa. Giungere in una città straniera non è facile, prima di tutto perché “gli altri, che spesso a casa nostra guardavamo con sospetto, diventiamo noi. Non tutto è bello e semplice come spesso ci si aspetta al momento della partenza. Le storie di successo rappresentano, sfortunatamente, la minoranza dei casi.

Prendiamo il caso di Londra, città vista dai giovani italiani di oggi come la “nuova America”.

Sebbene la città più multiculturale d’Europa offra tantissimo, sia da un punto di vista artistico-culturale che da un punto di vista umano, è altresì vero che i prezzi degli affitti sono altissimi, la qualità degli alloggi è piuttosto scadente, i lavori a disposizione non sono molti e per lo più poco gratificanti, le tasse universitarie hanno ormai raggiunto le 9.000 sterline annue, per non menzionare il fatto che l’abbonamento mensile ai trasporti pubblici supera le 100 sterline.

Nei quattro anni trascorsi nella capitale britannica ho purtroppo visto tanti giovani italiani arrivare pieni di speranze per poi, solamente pochi mesi dopo, essere costretti a far ritorno a casa con la tristezza di chi capisce che il “successo facile” è solo un’illusione mediatica e che Londra non è “l’America” e “l’America”, forse, non esiste.

Un altro aspetto da considerare è il fatto che, sebbene sia giusto sottolineare come i giovani europei nel proprio Stato d’origine abbiano più opportunità rispetto a quelle che l’Italia offre a noi giovani italiani, è vero anche che dobbiamo riabituarci a conquistare i nostri diritti e le nostre opportunità attraverso il sudore, la fatica e il sacrificio, qualità che stanno sempre più andando perdute, soprattutto a causa dell’esaltazione mediatica del “successo facile”.

L’Italia si merita un futuro migliore, un futuro che non sia più condizionato e dettato dagli interessi faziosi dell’élite al potere, un futuro che possa dare maggiori opportunità a tutti coloro che le meritano, al di là delle diseguaglianze legate alle condizioni sociali di partenza. Perché ciò avvenga abbiamo bisogno sia di un maggiore attivismo civico e politico, che dei nostri migliori talenti.

Pertanto ritengo che i media italiani dovrebbero prestare attenzione a non trasmettere un errato concetto di fuga e possibilmente dedicare più spazio a coloro che, decidendo di tornare o di non lasciare l’Italia, anche sacrificando ambizioni personali, attraverso un forte impegno civico-sociale lottano per dare un futuro migliore al nostro Paese.

di Federico Guerrieri, European Alternatives

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