Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini

Secondo il ministro Mariastella Gelmini il servizio di sostegno agli studenti disabili “è un fiore all’occhiello della scuola italiana”. Eppure i conti non tornano. In tutta Italia famiglie e associazioni si rivolgono ai tribunali per difendere il diritto all’istruzione. Condanne per discriminazione e provvedimenti amministrativi si moltiplicano, ma a causa dei tagli molte scuole non riescono a rispettarli. Così quest’anno c’è chi ha deciso di chiedere l’intervento della magistratura. E adesso il ministro rischia una condanna penale.

“Quest’anno gli insegnanti di sostegno sono oltre 94mila, il picco più alto della storia”. E’ questo il dato che Mariastella Gelmini ripete a chiunque ponga la questione del sostegno alla disabilità. Numeri che però non tengono conto dell’aumento degli alunni disabili, quasi 7mila in più rispetto all’anno scorso, cresciuti del 45% negli ultimi dieci anni (dati dello stesso ministero). Nelle scuole lombarde ci sono 2272 disabili in più, mentre i numeri del sostegno sono invariati. Così insegnanti e famiglie si aggrappano alle promesse dei provveditorati, che in Lombardia hanno assicurato altre mille cattedre.

“Ma i conti non tornano lo stesso”, sostiene la Ledha, la Lega per i diritti delle persone con disabilità, che spiega: “Visto l’aumento di alunni disabili, al netto dell’attivazione di 1008 cattedre annunciate dall’Ufficio scolastico regionale, il rapporto alunno/insegnante è peggiorato”. Due disabili per ogni cattedra di sostegno. Questo il rapporto medio auspicato dalla manovra anti crisi del governo, che in Lombardia adesso tocca i 2,5 studenti per insegnante, arrivando in alcune scuole a un rapporto di 4 a 1. Una situazione insostenibile, che all’istituto Sraffa di Milano ha costretto i genitori di una studentessa con disabilità a ritirare l’iscrizione, perché l’Usr aveva negato la cattedra in deroga richiesta dalla preside.

“Per fortuna esistono i tribunali”: è il commento di Pietro Barbieri, presidente nazionale della ‘Fish’ (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che precisa: “Per la prima volta assistiamo a gruppi di giovani genitori che rifiutano la logica della pietà o peggio delle raccomandazioni. Fanno ricorso per pretendere il riconoscimento dei diritti dei propri figli: è una grande cosa”. La conferma è nelle sentenze. Il ministero della Gelmini e i rispettivi uffici scolastici regionali e territoriali nel 2011 sono già stati condannati quattro volte per discriminazione nei confronti di studenti disabili. Il ministero, che ha pensato bene di ricorrere in appello, è stato definitivamente condannato al ripristino di tutte le ore di sostegno garantite nel precedente anno scolastico. Tre di queste cause sono state celebrate a Milano. “E ora attendiamo l’esito della quarta per la fine di ottobre”, racconta Livio Neri di ‘Avvocati per niente’.

“E’ una sentenza della Corte Costituzionale a definire indefettibile il diritto allo studio, quali che siano le risorse a disposizione. I genitori stanno acquisendo consapevolezza”, spiega Neri, “ed è probabile che quest’anno avremo bisogno della disponibilità di molti avvocati per assistere tutti i ricorsi”. Sentenze alla mano, i ricorrenti hanno ricevuto le ore di sostegno necessarie, anche quest’anno. “Vuol dire che funziona, che hanno paura”, spiega un genitore, “ma i ricorsi collettivi vanno estesi, affinché il riconoscimento dei diritti di alcuni non finiscano per ridimensionare il diritto di altri”.

Ma i guai per il ministero della Gelmini non si fermano a Milano. In Campania sono migliaia le famiglie che possono esibire una sentenza del Tar. I provvedimenti riconoscono ai disabili l’effettivo numero di ore certificato dai neuropsichiatri dei servizi sanitari. Ma a causa dei tagli della riforma molte scuole faticano a dar seguito alle disposizioni del tribunale, ricevendo diffide su diffide. “In Campania sono 1022 le sentenze del Tar non rispettate”, denuncia Antonio Nocchetti, presidente dell’associazione ‘Tutti a Scuola’, che di fronte al disagio di tante famiglie ha deciso di andare oltre, denunciando il ministero dell’Istruzione presso le procure di Napoli, Roma e Milano. “Non rispettare la sentenza di un giudice amministrativo è un reato penale”, sottolinea Nocchetti, che nella denuncia precisa: “l’abuso e il dolo inoltre emergono di fronte alla consapevolezza che il diritto verrà comunque garantito dall’autorità giudiziaria, ma con aggravio di spese legali per i bilanci dello Stato”.

Insomma, pur di far quadrare i conti, al ministero preferiscono andare incontro a qualche condanna. “Non commento le sentenze, si tratta di qualche errore, di casi isolati”, continua a ripetere il ministro Gelmini ai microfoni de ilfattoquotidiano.it. Ma genitori e associazioni si attivano. In tutta Italia fanno ricorso e vincono le cause. Un fenomeno in crescita, che rischia di travolgere la scuola disegnata della riforma Gelmini.

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