E’ rivolta in tutto il Maghreb. Si aggrava il bilancio degli scontri scoppiati contro la crisi economica e la disoccupazione. In Tunisia, secondo quanto riferisce il sito online della radio tunisina Kalima, tra sabato e domenica, sono morte 50 manifestanti negli scontri con le forze dell’ordine. Secondo l’opposizione, invece, i morti sono 20 mentre la stima del governo arriva solo a 14. Intanto a intervenire è l’Unione Europea. A parlare è  la responsabile della politica estera dei Ventisette, Catherine Ashton: “Chiediamo l’immediato rilascio di blogger, giornalisti, avvocati e altri che manifestavano pacificamente”.

La cronaca della rivolta. Tutto ha avuto inizio nella città di Sidi Bouzid, nel centro della Tunisia, con il gesto disperato di un ambulante che lo scorso 18 dicembre si è dato fuoco ed è morto il 5 gennaio per le ustioni dopo più di due settimane di agonia. Poi la protesta contro il carovita e la disoccupazione si è allargata al resto del Paese. Il 26 dicembre a Regueb (a 37 km a sudest di Sidi Bouzid) e a Souk Jedid (a 15 km a sud) durante le proteste scoppiate proprio sull’onda del tentato suicidio dell’ambulante vengono dati alle fiamme una banca ed edifici pubblici, la guardia nazionale reagisce sparando colpi in aria. A Sidi Bouzid proteste e manifestazioni si susseguono, degenerando in scontri con diversi feriti. La contestazione si propaga e arriva a toccare anche la capitale il 27 dicembre. Altri casi di lavoratori disperati assurgono alle cronache: il 6 gennaio un muratore disoccupato e malato, padre di due figli laureati e disoccupati, si impicca; l’8 gennaio un altro venditore ambulante si dà fuoco e finisce in ospedale in gravissime condizioni. Notizie, queste, che contribuiscono ad esasperare gli animi e a tenere alta la tensione.

La versione del Governo. “Bande di persone a volto coperto e spinte dall’estero hanno attaccato la scorsa notte sedi istituzionali in diverse città del paese”. È quanto ha affermato il presidente tunisino, Zin el-Abidin Ben Ali, nel corso di un discorso trasmesso dalla tv di stato di Tunisi sulle violenze di ieri dopo le proteste per il caro-vita. “Si tratta di bande pagate e comandate da entità straniere – ha affermato – con l’obiettivo di colpire il paese. Esprimo le mie condoglianze a tutte le famiglie delle persone decedute ieri”. Quanto alla politica del suo governo, ha spiegato di “aver fatto tutto il possibile per creare nuovi posti di lavoro” e di voler “continuare a portare avanti la politica nel settore dell’istruzione nonostante il prezzo pagato in questi giorni dal paese e le difficoltá nel creare nuovi posti di lavoro. La disoccupazione non è un problema nuovo per la Tunisia e non colpisce solo noi». Il presidente tunisino ha promesso un calo della disoccupazione nel 2012. “Abbiamo deciso di raddoppiare i nostri sforzi per dare maggiori opportunità di lavoro e ci impegniamo a trovare un posto di lavoro a coloro che hanno conseguito una laurea da almeno due anni”. Ben Ali ha inoltre annunciato la convocazione di una conferenza alla quale parteciperanno i rappresentanti dei partiti e della società civile per trovare una soluzione alla crisi economica che investe il paese e ringraziato il leader libico Mouammar Gheddafi per essere intervenuto in aiuto del suo governo.

L’intervento dell’Unione europea. Bruxelles ha chiesto il rilascio dei pacifici manifestanti tunisini arrestati nel corso delle proteste contro il carovita. Il responsabile della politica estera dei Ventisette, Catherine Ashton, ha fatto sapere di essere “preoccupata per quanto accade” nel Paese maghrebino, ha espresso “ferma condanna” per le violenze e ha chiesto “l’immediato rilascio di blogger, giornalisti, avvocati e altri che manifestavano pacificamente”. “Esortiamo le parti a impegnarsi in un dialogo sui problemi sollevati dai manifestanti”, ha affermato la Ashton attraverso la portavoce.

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