Su questo blog, commentando gli accordi di Pomigliano e Mirafiori, abbiamo solidarizzato con l’unico sindacato che prova ad opporsi, la Fiom. Però i gruppi di lavoratori e lavoratrici che animano il progetto di San Precario dicono altro.

Innanzitutto è stato sfondato il fronte su cui tutti i sindacati avevano deciso di combattere la guerra. La scelta di sacrificare la generazione precaria sull’altare della competitività, mantenendo le tutele ai rappresentati-tesserati, per rilanciare l’economia è risultata fallimentare. Ad una generazione sacrificata ne è seguita un’altra, e poi un’altra, e ora tocca agli “intoccabili” operai Fiat.

La “responsabilità nazionale” che i sindacati volevano dimostrare firmando qualsiasi accordo ha consegnato l’Italia a una cricca di imprenditori che in dieci anni non ha prodotto sviluppo (la crescita 2000-2010 è stata nulla e il reddito medio pro-capite è inferiore a quello di inizio millennio!) ma si è riempita le tasche.

Un esempio chiarissimo: nei primi anni 2000 Vodafone e Wind investivano tantissimo in formazione del personale, con ovvi vantaggi. Con l’outsourcing (vero nodo della legge Biagi), grazie all’uso fraudolento di contratti precari, un dumping durissimo ha trascinato alla crisi un settore allora all’avanguardia secondo i parametri europei e oggi ridotto ad uno straccio.

Con la precarietà le imprese hanno disinvestito in innovazione, ricerca e crescita professionale dei lavoratori, basando la ricerca del profitto sul puro abbattimento del costo del lavoro.

Articolo Precedente

Disoccupazione giovanile record: 28,9%

next
Articolo Successivo

Dalla culla alla culla

next