Sarah Palin

Tagli alle tasse. Riduzione della spesa sociale. Più spazio alla religione nella vita degli americani. Sono i punti salienti del programma che i nuovi repubblicani porteranno a Washington, dopo le elezioni. E li porteranno con la forza di chi pensa di aver avuto un’investitura ampia, con l’urgenza di chi vuole smontare e ricostruire l’America. La “classe 2010”, il manipolo di nuovi repubblicani che arriveranno al Congresso dopo il 2 novembre, vuole meno Stato, meno governo nelle vite degli americani. Soprattutto, vuole Barack Obama fuori delle loro vite.

Mancano sei giorni all’election day, ma non sembrano esserci molti dubbi: i repubblicani vinceranno questo giro. Lo dicono i sondaggi. Lo dicono le dichiarazioni roboanti dei big del partito (“Obama, hai chiuso”, urlava Sarah Palin a un rally in Florida, la scorsa settimana). Lo dicono, in privato, gli stessi democratici. Obama, Joe Biden, Bill Clinton, Nancy Pelosi sono impegnati in queste ore in un tour massacrante per l’America che ha un solo obiettivo: contenere le perdite, salvare qualche seggio nei distretti di Pennsylvania, Ohio, Virginia, Wisconsin, dove la partita è ancora aperta.

L’unico dubbio, a questo punto, è quanto larga sarà la vittoria della destra. Gli ultimi sondaggi danno ai repubblicani 25 seggi di vantaggio alla Camera; la partita per il Senato è ancora aperta. A Washington, svuotata dei politici che stanno facendo campagna elettorale, sono rimasti John Bohner e il suo numero due, Eric Cantor. Bohner, un repubblicano dell’Ohio che sostituirà Nancy Pelosi come speaker della Camera, sta preparando la strategia per i primi mesi di controllo del Congresso. Le idee sono quelle contenute nel “Pledge to America”, il manifesto presentato dai repubblicani alcune settimane fa: tagli alla spesa per 100 miliardi di dollari, meno tasse per tutti, ma soprattutto per i redditi superiori a 250 mila dollari; blocco dei fondi per la riforma sanitaria di Obama (un modo per farla fallire). In omaggio ai vari Ken Buck, Christine O’Donnell, Dan Severson e Sharron Angle, la nuova truppa neocon del Tea Party, è probabile un’ulteriore picconata alla separazione tra Stato e Chiesa, con finanziamenti a pioggia per scuole e sanità di ispirazione confessionale.

“Il partito repubblicano sarà dominato nei prossimi mesi dall’ideologia del Tea Party, ci dice l’analista politico Webster Tarpley. Si tratta della classica corrente ultrareazionaria americana, quella degli avversari fanatici di Franklin D. Roosevelt e del New Deal”. Sono loro il cuore dei nuovi repubblicani, la classe del 2010 appunto, sospinta dal vento della protesta e della rabbia populistica, insofferente delle mediazioni e dei compromessi della politica, auto-investitasi del ruolo di vendicatore dei veri valori americani. “Arrivano a Washington con un’autenticità che nessuno possiede. Sono eletti nell’anno del Tea Party. Pensano di sapere che cosa la gente vuole”, spiega Grover Norquist, presidente del gruppo conservatore “Americans for Tax Reform”. L’autenticità, il furore da neofiti, sono le ragioni del loro successo, e al tempo stesso rappresentano una minaccia per lo stesso partito repubblicano, che dovrà mostrare di muoversi veloce, di incarnare davvero la voglia di voltar pagina dell’America.

“Non invidio i repubblicani – racconta Henry Berger, consulente politico dei democratici -. Vinceranno sulla base di una forte richiesta di cambiamento, e dovranno dimostrare di saper cambiare. Il problema è che il cambiamento è difficile, e chi li ha votati rischia di restare molto presto deluso”. Ma tutto questo appartiene al futuro. Per il momento, per il partito repubblicano tornato al potere, si tratta di accomodare i nuovi arrivati del Tea Party e rilanciare il programma di tagli a tasse e spesa. Una vecchia ricetta, più liberismo e meno Stato, con cui i nuovi padroni di Washington cercano di placare ansie e insofferenze dell’America delusa da Obama.

di Roberto Festa, inviato negli Stati Uniti
una collaborazione Il Fatto e Dust

La “classe 2010”, il manipolo di nuovi repubblicani che arriveranno al Congresso dopo il 2 novembre, vuole meno Stato, meno governo nelle vite degli americani. Soprattutto, vuole Barack Obama fuori delle loro vite.
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