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Migranti nei Cpr, la Consulta: “La normativa non rispetta la libertà personale”. Il monito al legislatore

Dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice di pace di Roma: "È compito esclusivo del Parlamento introdurre una disciplina organica che tuteli pienamente i diritti fondamentali delle persone trattenute"
Migranti nei Cpr, la Consulta: “La normativa non rispetta la libertà personale”. Il monito al legislatore
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La Corte Costituzionale si è espressa (sentenza n. 96/2025), con un chiaro “monito al legislatore” sul trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr). Le questioni di legittimità costituzionale erano state sollevate dal Giudice di pace di Roma sull’articolo 14, comma 2, del Testo unico sull’immigrazione, e sono state dichiarate inammissibili. Tuttavia, la Corte ha riconosciuto un “effettivo vulnus normativo”: l’attuale disciplina sul trattenimento nei Cpr non rispetta la riserva assoluta di legge in materia di libertà personale. Il Giudice di pace lamentava l’assenza di una legge chiara sui “modi” e i procedimenti della restrizione della libertà personale nei Cpr. La Corte ha ribadito che il trattenimento “comporta un ‘assoggettamento fisico all’altrui potere’, con ricadute dirette sulla libertà individuale”. La Costituzione, all’articolo 13, comma 2, impone che una legge definisca non solo i “casi” ma anche i “modi” essenziali di tali restrizioni. Invece, la norma contestata affida questi aspetti a regolamenti e atti amministrativi discrezionali, che possono persino variare territorialmente, risultando “del tutto inidonea a definire, in modo sufficientemente preciso, quali siano i diritti delle persone trattenute”.

La decisione di inammissibilità deriva dal fatto che non è compito della Corte colmare il vuoto legislativo. “È compito esclusivo del Parlamento introdurre una disciplina organica che tuteli pienamente i diritti fondamentali delle persone trattenute”. Questa sentenza è un invito urgente al Parlamento a intervenire con una normativa “chiara, precisa e rispettosa della Costituzione”, in un ambito delicato che intreccia sicurezza, immigrazione e diritti umani. L’inammissibilità per altre censure è stata anche motivata dall’incompletezza nella ricostruzione dei rimedi giudiziari già esistenti, come l’azione risarcitoria (art. 2043 c.c.) e la tutela cautelare urgente (art. 700 c.p.c.). Tuttavia, la stessa Corte ha osservato che tali strumenti “scontano necessariamente la mancanza di una puntuale disciplina, da parte del legislatore, dei diritti di cui è titolare la persona trattenuta”, rendendo indispensabile un intervento legislativo per garantire una tutela processuale più immediata ed efficace. Spetta ora al legislatore il dovere di agire con una legge completa e rispettosa della dignità umana. In serata il ministero dell’Interno fa trapelare che i propri uffici “erano già impegnati nella redazione di una norma di rango primario”: “La legge istitutiva dei Centri di permanenza per il rimpatrio risale al ’98, ovvero alla legge Turco Napolitano. L’odierna pronuncia della Corte Costituzionale mette in luce quindi una carenza risalente nel tempo senza tuttavia mettere in discussione la legittimità dell’utilizzo dei Cpr per il rimpatrio dei migranti irregolari”, è la versione del Viminale.

La sentenza tuttavia farà discutere, perché in gioco ci sono principi affermati dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Carta dei diritti fondamentali Ue che dovranno attendere, quale che sia, un intervento di un Parlamento che, in materia di immigrazione, ha finora subito l’abbondante quanto controversa decretazione d’urgenza del governo, come i trasferimenti nel Cpr in Albania stanno a dimostrare. Tanto che l’intervento legislativo chiesto dalla Corte potrebbe seguire lo stesso iter. Così, per adesso, “la battaglia per affermare il principio di legalità nei casi di trattenimento amministrativo di immigrati e richiedenti asilo continua, giorno per giorno, davanti a tutti i giudici di pace ed ai tribunali delle convalide fino alla Corte di Cassazione, dove ancora si continua a ottenere l’annullamento dei decreti di trattenimento”, commenta Fulvio Vassallo Paleologo, studioso della materia, già docente di diritto d’Asilo e status costituzionale dello straniero all’Università di Palermo. Che sul monito della Consulta al legislatore aggiunge: “Se pensiamo alla qualità degli ultimi interventi legislativi in materia di immigrazione il richiamo della Corte è davvero un capolavoro di ipocrisia”.

Nondimeno, il giudizio sulla vigente normativa, rimane. Mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei che si occupa di immigrazione e presidente della fondazione Migrantes, tiene a sottolinearlo: “La Corte ha fatto emergere la disumanità nei Cpr attivi in Italia e in quello – inutile, perché ci sono posti vuoti in quelli in Italia – creato in Albania, che contrasta con alcuni articoli della Costituzione”. Per l’esponente della Cei è “l’ennesima sconfessione di una politica securitaria che non rispetta la dignità della persona migrante. Ci si aspettano modifiche importanti sui luoghi, sui tempi e sui metodi del trattenimento amministrativo di persone migranti irregolari che hanno un decreto di espulsione”. Rivendica la sentenza anche il segretario di +Europa, Riccardo Magi: “La conferma di quanto abbiamo sempre sostenuto: i Cpr sono luoghi di coercizione fisica, in cui non si rispetta la libertà personale né gli standard minimi dei diritti umani. Ora i giudici di pace non dovrebbero fare finta di niente e, alla luce di questa Pronuncia, dovrebbero sospendere le convalide di trattenimento nei Cpr mentre il Parlamento dovrebbe immediatamente seguire l’indicazione della Corte e correre ai ripari”. E aggiunge: “Tra Corte Costituzionale, Corte di Cassazione, Tar e singoli tribunali, tutte le misure varate da questo governo su migranti e sicurezza sono state demolite sotto il profilo giuridico: Meloni si fermi perché sta calpestando il diritto e la legalità”.

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