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Israele attacca Gaza e l’Iran: anche così si incentiva l’antisemitismo

Il G7, sostenendo Israele, sostiene l’indifferenza degli stati per le norme internazionali
Israele attacca Gaza e l’Iran: anche così si incentiva l’antisemitismo
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L’aggressione di Israele all’Iran rappresenta un crimine ed è espressione di una politica di potenza cui nessuno sembra in grado di mettere argini. Secondo le dichiarazioni dei governi del G7 l’Iran è la “principale minaccia per il Medioriente”; ma l’attacco, che ha causato distruzioni di vite e infrastrutture civili, è partito da Israele e non dall’Iran. Non si tratta di sostituirsi alle iraniane e agli iraniani nell’esprimere simpatia al regime di Teheran, bensì di esprimersi sulla nuova guerra intentata da uno stato intenzionato a continuare a esercitare violenza sull’intera regione, allontanando da essa ogni prospettiva di soluzione politica e trasformazione sociale.

Gli stati del G7 insistono sul “diritto di Israele a difendersi”; ma in che modo un attacco unilaterale potrebbe qualificarsi come operazione difensiva? La guerra preventiva è una dottrina che non trova spazio nelle norme internazionali scritte, e già ha prodotto catastrofi storico-politiche e umanitarie quando utilizzata, con diverse formulazioni retoriche, dagli Stati Uniti in Iraq, dalla Russia in Ucraina o dalla Turchia in Siria. Ogni potenza che intenda promuovere i propri disegni imperiali con la forza sostiene di essere minacciata da un attacco imminente.

Chi supporta la guerra israeliana adduce l’argomento della proliferazione nucleare iraniana che metterebbe Israele in pericolo. La non proliferazione nucleare, tuttavia, è a sua volta regolata da norme: un arsenale deve essere modificato o distrutto su iniziativa dell’Onu se non rispetta gli accordi e le procedure formulate nell’ambito dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). I rapporti dell’Aiea non giustificano in alcun modo l’intervento unilaterale di una nazione. Gli stati che oggi supportano l’azione di Israele e che forse gli offriranno supporto militare diretto – Usa in testa, ma anche stati Ue come la Francia – mostrano disprezzo per la disciplina giuridica della non proliferazione e per il diritto internazionale.

Tanto più assurdo è sostenere che Israele debba o possa intervenire contro la proliferazione nucleare di un altro stato, ritenuta irregolare o pericolosa, poiché Israele è la principale fonte di proliferazione nucleare irregolare e pericolosa nella regione. Nel 1957 – lo stesso anno in cui fu fondata l’Aiea – lo stato ebraico avviò un programma nucleare segreto con l’aiuto della Francia. Fino ad oggi, secondo una stima formulata da Piergiorgio Pescali su Il Manifesto, Israele ha sviluppato tra le 80 e le 400 testate nucleari, illegali secondo i principi dell’Aiea. Questa proliferazione fuori da qualsiasi regola e monitoraggio internazionale non soltanto rende comparativamente meno significative le violazioni attribuite dell’Iran, ma vede protagonista uno stato che ha condotto innumerevoli guerre nella regione nel corso dei decenni, mantenendo illegalmente sotto occupazione o fuori dai suoi confini nazionali la popolazione palestinese. Quest’ultima è sottoposta da Israele ad aberranti pratiche genocidarie sotto gli occhi di tutto il mondo.

Nessuna di queste argomentazioni sarà mai valida secondo i sostenitori di Israele, secondo cui questo stato non deve essere considerato ordinario, ma straordinario, perché ebraico e sotto la perenne minaccia di un antisemitismo che ha già condotto gli ebrei al genocidio in Europa durante la Seconda guerra mondiale. Questa concezione, tuttavia, non è compatibile con il diritto internazionale contemporaneo, secondo cui tutti gli stati sono sottoposti alle stesse norme. O si propugna un diritto dove gli stati sono uguali o se ne propugna un altro. Non si può invocare il divieto di aggressione unilaterale, di invasione e di occupazione (giustamente) quando riguarda la Russia, ma stracciarlo quando riguarda Israele.

Chi giustifica questa ennesima guerra non esiterà a bollare ogni argomento contro le violenze israeliane come espressione di simpatia per il regime iraniano o malcelato antisemitismo. In alcuni casi questo è vero. Non mancano gli antisemiti nella discussione pubblica e internazionale, e il fronte pacifista è attraversato da gruppi che sono campioni nell’applicare due pesi e due misure alle aggressioni belliche e alle resistenze. Io tuttavia non sono antisemita e odio l’antisemitismo, e sostengo una critica complessiva a tutte le politiche di guerra e agli imperialismi. La critica a Israele è doverosa in primo luogo per solidarietà a tutte le persone che soffrono a causa del governo israeliano, a partire dai palestinesi e dai libanesi; ma è fondamentale anche per promuovere una vera lotta contro l’antisemitismo, essendo oggi Israele la principale causa della sua diffusione nel mondo.

Il massacro che viene portato avanti su base quotidiana a Gaza con l’uso di droni, carri armati e bande armate contro gli sfollati palestinesi che si accalcano per l’acqua, il cibo o i medicinali, è la pratica che meglio si presta a instillare forme di ostilità verso gli ebrei in tutte le popolazioni mondiali. Esse rischiano di identificare Israele e i suoi crimini con il popolo ebraico, in primo luogo a causa della propaganda e della disinformazione che, su questo punto, proprio Israele stesso e i suoi sostenitori diffondono.

Le politiche di guerra e i massacri israeliani provocano un odio e un lutto che andranno a nutrire violenza e antisemitismo per generazioni. Il G7, sostenendo Israele, sostiene l’indifferenza degli stati per le norme internazionali, le dinamiche di proliferazione nucleare unilaterale e illegale, e la sempre più grave diffusione dell’antisemitismo a livello planetario.

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