Delitto di Garlasco, incidente probatorio – “Non c’è sangue sull’impronta 10”. E per la n° 33 non c’è il reperto

L’incidente probatorio nell’ambito della nuova inchiesta sul delitto di Garlasco si apre con una certezza – non c’è il reperto dell’impronta 33 di cui si è discusso per giorni perché scartata in passato ma attribuita dai pm di Pavia ad Andrea Sempio – e non ci sono le fascette para-adesive da analizzare ma impronte su fogli di acetato. Inoltre sull’impronta 10 trovata nella parte interna della porta d’ingresso della villetta di via Pascoli a Garlasco e ritenuta tra le tracce rilevanti per la Procura di Pavia che ha riaperto le indagini sull’omicidio di Chiara Poggi non c’è sangue. Elementi di cui si è discusso per giorni con dichiarazioni, repliche e commenti, che di fatto escono definitivamente dalle indagini nell’impossibilità scientifica e giuridica di diventare prova. La nuova inchiesta vede indagato Andrea Sempio in concorso con altri o con Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per il delitto della fidanzata.
L’impronta 33 – Non c’è traccia dell’involucro contenente l’intonaco grattato dal muro della villetta di via Pascoli a Garlasco dove il 13 agosto 2007 fu massacrata Chiara Poggi. La conferma sull’assenza del reperto – con l’impronta attribuita per 15 minuzie (contro le 16/17 necessarie per Cassazione, ndr) è arrivata negli uffici della questura di Milano poche ore dopo l’incontri degli undici esperti. L’intonaco del muro trattato con la ninidrina per isolare l’impronta palmare e che aveva un tipico color rossastro è stato il primo elemento a uscire da qualsiasi scenario di futura prova. La provetta contenente l’intonaco grattato non è stata trovata. Probabilmente è andata esaurita per gli accertamenti irripetibili nelle inchieste che hanno portato alla condanna di Stasi.
L’impronta, trovata sulla parete destra della scala vicino al corpo senza vita della ventiseienne, era stata repertata e analizzata dai carabinieri del Ris di Parma già nel 2007 ed era risultata negativa all’Obti test, il metodo tutt’oggi più efficace per rilevare la presenza di sangue umano. L’assenza dell’intonaco rende impossibile fare approfondimenti, oltre a quelli fotografici, sull’impronta che la procura di Pavia attribuisce a Sempio. Recentemente gli inquirenti avevano ipotizzato che la traccia fosse stata lasciata senza scendere i gradini. Come accertato infatti dai processi che hanno portato alla condanna di Alberto Stasi, l’assassino – che portava scarpe taglia 42 (Sempio calza il 44, ndr) – non fece i gradini ma lanciò il corpo della vittima dalla soglia delle scale.
Le para-adesive – La sorpresa – come ha rivelato l’Adnkronos – è arrivata anchhe dall’apertura di uno degli scatoloni contenente i reperti. Non sono state trovate le fascette para-adesive da analizzare, ma impronte su fogli di acetato. Le impronte che ci si aspettava di trovare su 35 para-adesivi – tra cui l’impronta 10 trovata nella parte interna della porta d’ingresso e non attribuita dai consulenti della procura di Pavia né a Sempio, né a Stasi – si scopre che sono state catturate dal Ris di Parma, quasi 18 anni fa, su fogli trasparenti di acetilato che potrebbero essere meno conservativi. I dubbi arrivano più dalle modalità di conservazione a temperatura ambiente, che potrebbero aver deteriorato eventuali tracce genetiche. I campioni saranno comunque duplicati per ogni traccia: uno per la ricerca del Dna e l’altro per la cosiddetta diagnosi di natura sull’origine (sangue, saliva, sperma). Le impronte sui foglietti saranno fotografate prima delle estrazioni per poterle ‘conservare’ per confronti futuri.
L’impronta 10 – L’assenza di sangue sull’impronta 10 è un elemento importante e dirimente. Per gli inquirenti, quell’elemento, non attribuibile né al nuovo indagato Andrea Sempio, né ad Alberto Stasi indicava che l’assassino avesse lasciato l’abitazione senza lavarsi le mani. Una ricostruzione in contrasto con le sentenze. Il risultato negativo dell’Obti test, l’esame più indicato per rilevare le tracce di sangue, verrà ripetuto su richiesta della difesa Stasi, ma il responso probabilmente sarà lo stesso, dato che si è utilizzata una traccia ‘maggiore’ rispetto a una parte residuale. Un dato che verrà approfondito in laboratorio e quindi ipetuto, ma se confermato potrebbe modificare i convincimenti della Procura di Pavia e del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, secondo cui quel contatto papillare evidenziato con gli ultravioletti e fotografato dai Ris di Parma il 17 agosto 2007 “sarebbe stato generato da una mano ‘sporca” forse di “sangue (della vittima o di altri)” o “di altra sostanza”. Si sarebbe trattato della prova che il killer non si è lavato le mani, come sostengono le sentenze di condanna ad Alberto Stasi.
La polemica – La prima polemica è nata per il verbale di sequestro della pattumiera di casa Poggi rimasta nella villetta di via Pascoli per circa otto mesi fino a quando la famiglia è rientrata in possesso dell’abitazione. In quel momento il sacchetto azzurro è finito a Medicina legale di Pavia e ora diventa tra gli elementi al centro dell’incidente probatorio. Una scaramuccia che ha aperto il confronto tra le parti – i consulenti di Sempio, quelli di Stasi e della famiglia Poggi – e che si è risolto quando è venuto fuori il verbale del sequestro. Lo scatolone non è stato ancora aperto e mentre i consulenti chiedono di poter anche loro scattare foto (come i periti) la spazzatura sarà al centro del secondo round dell’incidente probatorio in calendario giovedì 19 giugno.
L’avvocata Giada Bocellari per Alberto Stasi parla di “ottimismo”. Gian Luigi Tizzoni, storico legale dei Poggi convinto della colpevolezza del 41enne, avverte: ogni indizio dovrà essere messo in “raffronto con quello emerso nei processi a carico di Stasi”. Il generale Luciano Garofano, ex comandante del Ris, nella doppia veste involontaria di consulente della difesa Sempio ma anche militare che ha guidato il Reparto messo sotto accusa per i ‘buchi delle indagini’, invece afferma: “Credo, fino a prova contraria, all’innocenza di Andrea Sempio e credo nella sentenza definitiva”.