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Dalla bomba di Capaci al “pentimento”: chi è Giovanni Brusca, il boss ora libero che ha fatto arrestare decine di mafiosi

Chiamato "‘u verru", il porco, il capo del mandamento di San Giuseppe Jato fu arrestato ad Agrigento nel 1996: ha potuto evitare l'ergastolo collaborando con la giustizia
Dalla bomba di Capaci al “pentimento”: chi è Giovanni Brusca, il boss ora libero che ha fatto arrestare decine di mafiosi
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Fu lui ad azionare il telecomando per innescare l’ordigno che provocò la strage di Capaci. Fu sempre lui a ordinare lo strangolamento e lo scioglimento nell’acido del piccolo Giuseppe Di Matteo, come vendetta contro il padre pentito. Oggi Giovanni Brusca, storico boss di San Giuseppe Jato, è un uomo completamente libero: uscito dal carcere nel 2021 dopo aver scontato una condanna a 25 anni, ha completato anche i quattro anni di libertà vigilata a cui era stato sottoposto dalla magistratura di Sorveglianza.

Chiamato ‘u verru, il porco, o più semplicemente ‘u scannacristiani, lo scanna persone, fu arrestato ad Agrigento il 20 maggio del 1996: ha potuto evitare l’ergastolo grazie alla sua decisione di collaborare con la giustizia, in base alla legge sui pentiti voluta da Giovanni Falcone, il giudice ucciso a Capaci dalla bomba da lui azionata. Il suo curriculum criminale è racchiuso in una sua frase, riportata nel libro Ho ucciso Giovanni Falcone del giornalista Saverio Lodato: “Ho commesso e ordinato personalmente oltre 150 delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento”.

Durante la sua collaborazione, Brusca ha raccontato ai magistrati di aver esordito come artificiere della strage del 1983 in cui fu ucciso il giudice Rocco Chinnici, l’ideatore del pool antimafia, per poi autoaccusarsi dell’attentato di Capaci e dell’uccisione del piccolo Di Matteo. Parlò anche di quando, nell’inverno del 1991, il “capo dei capi” Totò Riina ordinò la strategia dell’attacco allo Stato a suon di bombe, della Trattativa aperta nel 1992 con alcuni esponenti delle istituzioni, dell’obiettivo coltivato insieme a Leoluca Bagarella “di arrivare a Berlusconi” tramite Vittorio Mangano. Le sue dichiarazioni sono state considerate attendibili in decine e decine di processi: per questo motivo dal 2000 ha ottenuto lo status di collaboratore di giustizia e dal 2004 gli è stato concesso di uscire dal carcere ogni 45 giorni per far visita alla famiglia in una località protetta. Il suo contributo ha permesso di arrestare decine di boss.

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