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“Ho scritto io a Sinner, era una battuta. Invece hanno dato il mio nome alla Wada e poi siamo andati in una villa privata in Costa Azzurra”: il racconto dell’ex tennista che ha giocato con il numero 1 al mondo

Roberto Marcora ha svelato come è diventato lo sparring partner di Jannik Sinner durante la sospensione e come si sono svolti gli allenamenti con il campione azzurro
“Ho scritto io a Sinner, era una battuta. Invece hanno dato il mio nome alla Wada e poi siamo andati in una villa privata in Costa Azzurra”: il racconto dell’ex tennista che ha giocato con il numero 1 al mondo
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“Io e Jannik abbiamo un bel rapporto e, quando è uscita la notizia della squalifica, gli avevo scritto dicendogli, come battuta, che per lui sarei tornato in campo“. E così è stato. Una volta che Roberto Marcora è venuto a conoscenza della sospensione per tre mesi di Jannik Sinner l’ha subito contattato. Con entusiasmo, l’ex tennista numero 150 al mondo si è proposto all’altoatesino come compagno d’allenamento. Quella che inizialmente era più una battuta che una reale candidatura, è stata invece presa seriamente in considerazione. Marcora ha quindi ammesso tutto il suo stupore quando Simone Vagnozzi, il coach di Sinner, gli ha dato il suo benestare.

Al podcast Tennistalker, l’ex giocatore ritiratosi nel 2023, ha svelato: “La Wada si è presa qualche tempo per controllare che non fossi più attivo, e in effetti la mia ultima partita ufficiale era stata a Indian Wells 2023, a parte qualche torneo a squadre. La ratio della regola infatti è che uno squalificato, come nel caso di Sinner, non può allenarsi con giocatori ancora attivi per prepararli a tornei futuri. Quindi, una volta che ho detto sì, era come se anch’io fossi squalificato a tutti gli effetti”.

I due si erano già affrontati a livello Challenger. Il precedente che spicca maggiormente è la finale di Bergamo del 2019, vinta da un Sinner di soli 18 anni. Con l’ok della Wada e dato l’ottimo rapporto tra lo stesso altoatesino e l’ex tennista, è così potuta cominciare questa esperienza. Tra l’altro in una location non proprio usuale: “Ci siamo allenati in una villa privata, vicino casa, in Costa Azzurra, perché come sapete Jannik non poteva frequentare circoli affiliati alle federazioni. Quindi eravamo un po’, non dico clandestini ma… – ha dichiarato Marcora – Tutto era approvato e regolare, anche dalla Wada, ma c’erano comunque delle complicazioni. Devo dire però che ho trovato una grande serenità da parte del team”.

Riguardo al lavoro a cui si è dovuto sottoporre il numero uno al mondo: “Il torneo era all’orizzonte, la competizione si avvicinava, ma non c’era fretta negli allenamenti. C’era molta lucidità, si dava spazio al gioco, al punto. Ci scaldavamo sempre con un po’ di calcio-tennis. Facevamo una sessione al giorno, lui lavorava tantissimo in palestra: un grande lavoro atletico. A livello tennistico colpivamo tante palle, qualche spostamento, cura dei dettagli: la smorzata, qualche uscita. Niente di astruso o particolare, tutto molto tranquillo. Devo dire che Jannik l’ho trovato mentalmente sereno e rilassato”.

Nel complesso dunque Marcora si è detto soddisfatto dell’esperienza vissuta, nonostante sentisse un po’ di responsabilità nel caso in cui Sinner avesse steccato l’esordio agli Internazionali d’Italia: “Credo che questo stop di tre mesi, alla lunga, possa anche portare dei benefici. Sentivo un po’ di pressione per il suo rientro, perché se avesse perso al primo turno a Roma beh, da sparring partner sarebbe sembrato un mio fallimento“. Un problema che però non si è manifestato: Sinner ha raggiunto la finale al Masters 1000 di Roma, pur perdendola contro Alcaraz. Resta comunque un grande traguardo considerato lo stop forzato a cui ha dovuto sottostare. E in questi giorni al Roland Garros proverà anche a migliorarsi.

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