Garlasco, la diffida dell’ex procuratore di Pavia: “Prova scientifica inservibile, attenersi ai fatti”

Le complesse indagini della procura di Pavia sul delitto di Garlasco – che vede Andrea Sempio, unico indagato per concorso nell’omicidio di Chiara Poggi con Alberto Stasi o con ignoti, hanno innescato una polemica neanche troppo sotterranea tra magistrati. Oggi da parte dell’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, arriva una diffida tramite l’avvocato Domenico Aiello, “ad attenersi ai fatti nella loro oggettività e continenza, evitando ulteriori narrazioni e ricostruzioni diffamatorie e lesive del decoro e del patrimonio di onorabilità del magistrato”.
Venditti che è stato aggiunto e poi capo dei pm che indagarono e archiviarono Sempio. Per loro e per i gip che accolsero le archiviazioni, la prova scientifica – che oggi viene considerata utilizzabile dai consulenti di accusa e difesa Stasi- era inservibile e non ci sarebbe nessuna anomalia nelle indagini come insinuano oggi alcuni articoli di stampa a cui la diffida sembra indirizzata. Le indagini, al momento, contano sulle tracce di Dna – da sottoporre ad analisi e su questo ci sarà una maxi incidente probatoria – sull’impronta attribuita a Sempio, e la difesa Stasi chiede ulteriori accertamenti, sull’alibi dello scontrino da rivalutare.
L’archiviazione – Di fronte alla richiesta della difesa dell’ex fidanzato di Chiara Poggi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio dell’allora fidanzata, Venditti “disponeva comunque nuove indagini, all’esito delle quali ha ritenuto di richiedere l’archiviazione della ipotesi investigativa, attesa la inservibilità e infruttuosità della prova scientifica dedotta, attestata dai consulenti del Reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri e valutate gli esiti delle successive indagini tempestivamente disposte”. Nel 2017, la richiesta di archiviazione veniva accolta dal giudice per le indagini preliminari, Flavio Lambertucci che nel dispositivo scriveva: “Se è non condivisibile ma umanamente comprensibile l’intento di fare di tutto per difendersi da una gravissima accusa, anche dopo l’esaurimento dei possibili gradi di giudizio ordinario, nel caso di specie ci si deve tuttavia arrestare di fronte all’inconsistenza profusa dalla difesa Stasi e tendente a rinvenire diverso, alternativo, colpevole dell’uccisione di Chiara Poggi“.
La denuncia – L’indagine era partita in seguito a un esposto presentato alla Procura Generale di Milano da Elisabetta Ligabo’, la madre di Alberto Stasi.. A chiedere l’archiviazione erano stati l’allora procuratore aggiunto Venditti e la pm Giulia Pezzino, osservando che la denuncia “depositata dalla difesa altro non era che un maldestro tentativo di trovare ancora una volta un colpevole alternativo ad Alberto Stasi”. Denuncia e atti a loro trasmessi, prima di Natale dal pg Roberto Alfonso e nei quali si evidenziava l’esito di una consulenza, affidata dalla difesa al genetista Pasquale Linarello, secondo la quale il Dna estrapolato dalle unghie di Chiara sarebbe stato compatibile con quello del ragazzo, amico del fratello della vittima. Ma per il gip, in accordo con i pm, tale consulenza era “radicalmente priva di attendibilità”. Così come, per esempio era “insussistente ed addirittura inimmaginabile l’ipotetico movente” prospettato dai legali di Alberto secondo cui Sempio – che sentito piè volte aveva fornito una ricostruzione giudicata credibile – si sarebbe invaghito di Chiara, e “inconsistente” anche un altro “spunto investigativo” offerto dai difensori che avrebbe gettato ombre su una sorta di operaio della zona di Garlasco e ora malato terminale.
Il secondo fascicolo – Un secondo fascicolo contro ignoti nasceva invece da un’informativa dei carabinieri di Milano che dalla denuncia per presunte molestie – presentata dall’avvocata Giada Bocellari – finirono con indagare sul delitto (con sentenza passata in giudicato da 5 anni) e trasmisero nel 2020 una informativa a Pavia in cui si evidenziano “una serie di anomalie nelle precedenti indagini riscontrando elementi che potrebbero non mettere fine ad una vicenda giudiziaria”. Si tratta delle indagini – in cui viene depositata l’informativa sull’impronta 33 attribuita all’assassino – e che coincidono con le istanze di revisione della difesa Stasi che vengono ritenute inammissibili dal Tribunale di Brescia. Venditti “considerata la attestata infruttuosità della prova scientifica, richiamando i motivi della precedente archiviazione, e vista la assoluta carenza di riscontri oggettivi alle enunciate e mai provate ‘anomalie delle precedenti indagini'” richiede l’archiviazione del fascicolo. E un altro giudice, Pasquale Villani, il 30 luglio 2020 gli dà ragione e archivia.