Garlasco, il caso dell’impronta attribuita a Sempio. Repertata nel 2007 come inutile, nel 2020: “È dell’assassino”

Nel marasma della nuova inchiesta sulla nuova indagine sul delitto di Garlasco – in cui è indagato Andrea Sempio – deflagra l’attribuzione di un’impronta trovata nella taverna della villetta di via Pascoli, dove il corpo di Chiara Poggi fu trovato. Ebbene di questa impronta la numero 33 – secondo la consulenza del Ris di Parma del 2007 era priva di sangue. I carabinieri in camice bianco repertarono la traccia numero 33 sulla scena del crimine. La traccia fu testata sia con il combur test che con l’OBTI (test per l’identificazione del sangue umano). Il primo aveva dato esito “dubbio” e il secondo, più preciso, esito “negativo”. Quindi traccia “totalmente inutile ad un esame dattiloscopico”.
A distanza di 13 anni i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, che ora conducono le indagini, in un’annotazione del luglio 2020, parlando di quel “contatto papillare numero 33”, come attribuibile all’assassino della 26enne. “È logico-fattuale che l’impronta sulla parete delle scale appartenga all’assassino” scrivevano militari dell’Arma. Impronta che ora, nelle nuove indagini su Andrea Sempio e attraverso una consulenza disposta dai pm di Pavia, è stata attribuita all’amico del fratello di Chiara Poggi. L’informativa del 2020 faceva parte del fascicolo che fu archiviato quello stesso anno, di fatto la seconda archiviazione per Sempio, anche se formalmente non era indagato come nel 2016-2017. Gli investigatori scrissero cinque anni fa che su quella impronta sulla parete destra della scala non venne fatta nemmeno una indagine “biologica” per accertare se la mano fosse sporca di sangue.
Ma le comparazioni dattiloscopiche su quella traccia numero 33, si legge nella relazione del Ris dei carabinieri dell’epoca della prima inchiesta, non erano state effettuate perché era “completamente priva di creste potenzialmente utili per gli accertamenti”. E appunto anche l’esito del “combur test” era stato “dubbio”. Dalla relazione dell’epoca era emerso, inoltre, che sulle pareti destra e sinistra della scala, dove in fondo fu trovato il corpo di Chiara, erano state repertate 25 impronte, sia palmari che digitali: c’era quella di un carabiniere e quella di Marco Poggi che era andato in vacanza con la famiglia da almeno una settimana.
La gran parte classificate con utilità “nessuna” per gli accertamenti. E oltre a quelle attribuite ad un investigatore che lavorò sulla scena del crimine, ce ne era anche una, sempre sulla parete destra, del pollice destro del fratello della vittima, che ovviamente viveva in quella casa. Vale la pena ricordare che due impronte sono considerate uguali, secondo la giurisprudenza, solo quando vengono trovati almeno 17 punti di concordanza, la mancanza delle creste quindi potrebbe inficiare una possibile concordanza e quindi utilizzabilità.
È possibile, comunque, che nelle nuove indagini vengano effettuate anche analisi per individuare eventuali tracce di sangue nell’impronta del palmo di una mano trovata quasi 18 anni fa sulla parete destra delle scale, vicino al corpo di Chiara Poggi, e attribuita con una recente consulenza dattiloscopica ad Andrea Sempio. Su quell’impronta, che non fa parte degli accertamenti genetici previsti nell’incidente probatorio, gli inquirenti potrebbero disporre ulteriori valutazioni, anche documentali, per stabilire se la mano che l’ha lasciata fosse insanguinata.