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Migranti in Albania, cortocircuito sui richiedenti. La Corte d’appello di Roma “disattende” la Cassazione

La giudice Cecilia Cavaceppi critica la Suprema Corte che aveva equiparato il cpr di Gjader a quelli in Italia, evidenziano criticità sul piano costituzionale e delle norme Ue
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Dallo scontro tra politica e magistratura a quello tra toghe. La questione del trattenimento di richiedenti asilo nel centro per il rimpatrio (cpr) di Gjader, in Albania, si conferma a dir poco controversa. L’ultima prova viene dalla Corte d’appello di Roma che ha deciso di non convalidare il trattenimento di un cittadino ghanese. Trasferito a Gjader, lo straniero ha presentato domanda di protezione internazionale modificando così il suo status giuridico: da irregolare in attesa di rimpatrio a richiedente asilo. Nonostante la recente modifica del governo (d.l. 37/2025) per consentire il trasferimento dall’Italia di irregolari in attesa di rimpatrio, il Protocollo Italia-Albania non prevede espressamente il caso. Da qui il problema che, tra le altre questioni, ha spinto la competente Corte d’appello romana a liberare diversi stranieri trasferiti in Albania nelle ultime settimane. Il Viminale ha impugnato una di queste decisioni e l’8 maggio la Prima sezione penale della Cassazione ha equiparato “a tutti gli effetti” il cpr di Gjader a quelli in Italia e stabilito la legittimità del trattenimento del richiedente asilo quando si ritiene che la domanda sia presentata “al solo scopo di ritardare o impedire l’espulsione”. La pronuncia è indubbiamente utile al governo, che infatti l’ha subito rivendicata. Tutto chiarito, dunque? Non per la Corte d’appello, che il 19 maggio, in un decreto firmato dal giudice Cecilia Cavaceppi, decide di “disattendere la pronuncia della Corte di Cassazione, al momento unica ed isolata“, evidenziando problemi di costituzionalità e contrasto con la normativa europea.

Pur non prevedendolo espressamente, dice la Cassazione, il Protocollo Italia-Albania non impedisce il trattenimento a Gjader di chi presenta una domanda “strumentale” (per sottrarsi al rimpatrio), già previsto nelle regole per i cpr in Italia. Secondo la Corte d’appello, invece, senza una legge che lo preveda espressamente, il trattenimento di richiedenti a Gjader è un provvedimento illegittimo e viola l’articolo 13 della Costituzione che circoscrive la restrizione della libertà personale ai soli casi e modi previsti dalla legge. L’assenza di una espressa previsione legislativa che consenta di adottare un trattenimento ex art. 6 d.lgs. 142/2015 nelle aree di cui all’art. 1, paragrafo 1, lett.c) del Protocollo Italia-Albania rende ex se tale trattenimento illegittimo“. L’equiparazione ai cpr in Italia, si legge ancora, “appare problematica, a tacer d’altro, già sotto il profilo della garanzia dell’effettività del diritto di difesa in relazione al principio del giusto processo”. In altre parole, Gjader non dà sufficienti garanzie. E non è tutto. Nella sentenza della Cassazione non è “stata tenuta in debita considerazione la normativa eurounitaria” che prevede “il diritto del richiedente asilo di rimanere nel territorio dello Stato membro e non, quindi, di uno Stato terzo come l’Albania, durante tutto il tempo necessario all’esame della domanda”, scrive la Corte d’appello citando la direttiva Ue 32/2013 che, dice, ha “efficacia diretta, trattandosi di disposizione chiara, precisa ed incondizionata”. Un principio, questo della territorialità nell’esame delle domande di protezione internazionale, che sopravvive anche nelle norme europee introdotte nel 2024 col Patto migrazione asilo e operative dal 2026, precisa ancora la giudice Cavaceppi.

Ragioni che “inducono questa Corte a disattendere la pronuncia della Corte di Cassazione, al momento unica ed isolata” perché su due casi analoghi la Cassazione ha invece preferito differire la decisione al prossimo 29 maggio. E non è detto che sia identica a quella dell’8 maggio. Così come un’altra pronuncia della Corte d’appello, firmata il 9 maggio dal giudice Giuseppe Molfese, ha invece scelto di uniformarsi al principio di diritto affermato dalla Cassazione appena il giorno prima. Molfese ha convalidato il trattenimento di un richiedente pachistano a Gjader, considerandolo legittimo proprio in base all’equiparazione coi cpr Italiani operata dalla Cassazione il giorno prima e ora contestata dal decreto di Cavaceppi. Legittimo domandarsi se esistano divergenze all’interno della Corte d’appello romana. In attesa di nuove decisioni, qualcosa potrebbe succedere a livello normativo, in fase di conversione del decreto al centro di queste sentenze, il 37/2025. La maggioranza di governo cercherà di ovviare al problema inserendo una previsione esplicita dell’applicabilità a Gjader dell’art 6 d.lgs. 142/2015, quello con le regole sul trattenimento dei richiedenti nei cpr in territorio nazionale. Rimane la questione delle direttive europee e del principio in base al quale le domande d’asilo vanno trattate nel territorio degli Stati membri, di cui il centro di Gjader non fa parte, se non altro perché rimane soggetto anche alla giurisdizione albanese. Un nodo mai sciolto dalle sibilline dichiarazioni dei portavoce della Commissione europea, che resterà dunque al centro delle critiche al Protocollo Italia-Albania e delle future sentenze o, chissà, di nuovi rinvii alla Corte di Giustizia europea.

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