Vaccini, la Corte Ue boccia von der Leyen sul Pfizergate: “Illegittimo vietare l’accesso dei giornalisti agli sms con l’ad dell’azienda”

Impedire ai giornalisti di accedere ai messaggi di testo tra Ursula von der Leyen e l’ad di Pfizer, Albert Bourla, nell’ambito dello scandalo Pfizergate scoppiato durante la pandemia di Covid-19, fu un atto illegittimo da parte della Commissione europea. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue nella decisione presa nella mattinata del 14 maggio sostenendo che la richiesta della reporter del New York Times Matina Stevis-Gridneff, che voleva accedere agli sms scambiati tra von der Leyen e Bourla tra il 1 gennaio 2021 e l’11 maggio 2022, era fondata sul regolamento relativo all’accesso ai documenti. L’intento della reporter era quello di indagare sulle accuse di scarsa trasparenza nelle contrattazioni per la fornitura di un’enorme quantità di dosi vaccinali da parte dell’Europa. Palazzo Berlaymont respinse però la richiesta del quotidiano americano sostenendo di non essere in possesso dei documenti oggetto della domanda. Adeso, però, il quotidiano americano potrà avanzare una nuova richiesta di accesso agli atti: “In tal caso, la Commissione potrà ancora negare l’accesso, ma dovrà motivare il diniego in modo molto più chiaro, solido e coerente, tenendo conto delle indicazioni fornite dal Tribunale che ora costituiscono un riferimento giuridico”.
Nelle motivazioni il Tribunale ricorda che il regolamento mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti in possesso delle istituzioni: in linea di principio, tutti i documenti dovrebbero quindi essere accessibili. Tuttavia, quando un’istituzione afferma che uno specifico file non esiste o di non esserne in possesso si presume che la dichiarazione sia veritiera. Presunzione che può però essere superata sulla base di elementi pertinenti e concordanti forniti dal richiedente. Il Tribunale, ad esempio, osserva che le risposte fornite dalla Commissione nel corso dell’intero procedimento si basano o su ipotesi oppure su “informazioni mutevoli o imprecise. Per contro, la sig.ra Stevis e il New York Times hanno presentato elementi pertinenti e concordanti che descrivono l’esistenza di scambi, in particolare sotto forma di messaggi di testo, tra la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer nell’ambito dell’acquisto, da parte della Commissione, di vaccini presso tale società durante la pandemia di Covid-19. Essi sono quindi riusciti a superare la presunzione di inesistenza e di non possesso dei documenti richiesti”, si legge.
Per questo motivo, proseguono i giudici europei, “la Commissione non può limitarsi ad affermare di non essere in possesso dei documenti richiesti, ma deve fornire spiegazioni credibili che consentano al pubblico e al Tribunale di comprendere perché tali documenti siano irreperibili. La Commissione non ha spiegato in dettaglio quale tipo di ricerche avrebbe effettuato per trovare tali documenti, né l’identità dei luoghi in cui esse si sarebbero svolte. Pertanto, essa non ha fornito spiegazioni plausibili per giustificare il non possesso dei documenti richiesti”. Se anche il loro reperimento fosse stato effettivamente impossibile, “la Commissione non ha sufficientemente chiarito se i messaggi di testo richiesti fossero stati eliminati e, in tal caso, se l’eliminazione fosse stata effettuata volontariamente o automaticamente o se il telefono cellulare della presidente fosse stato nel frattempo sostituito”. Infine, “la Commissione non ha neppure spiegato in modo plausibile perché ha ritenuto che i messaggi di testo scambiati nell’ambito dell’acquisto di vaccini contro il Covid-19 non contenessero informazioni sostanziali o che richiedessero un monitoraggio di cui dovesse essere garantita la conservazione”.
Immediata la risposta della Commissione che in una nota assicura che “esaminerà attentamente la decisione del Tribunale e deciderà i passi successivi. A tal fine, adotterà una nuova decisione” con “una spiegazione più dettagliata”. Secondo Palazzo Berlaymont, comunque, le affermazioni dei giudici “non mettono in discussione la politica della Commissione in materia di accesso ai documenti”.
IL CASO – La vicenda ha inizio nel febbraio 2021, quando in tutto il mondo era corsa all’approvvigionamento di vaccini contro il coronavirus. La situazione sanitaria in Ue stava peggiorando e AstraZeneca, allora principale fornitore dei 27 Stati membri, aveva problemi di produzione che non permettevano una copertura sufficiente per la popolazione del Vecchio Continente. Così, von der Leyen prese l’iniziativa e, con messaggi di testo scambiati con l’ad di Pfizer, contrattò l’accordo per una fornitura di 900 milioni di dosi fino al 2023. Totale dell’affare: 35 miliardi di euro. Quando l’intesa stava per essere firmata, ad aprile il New York Times svelò le modalità della contrattazione avvenuta tramite messaggistica privata.
Non era la prima volta che la presidente della Commissione utilizzava questi metodi. Quando era ministro della Difesa della Germania, nel 2018, era stata accusata di aver contrattato appalti per decine di milioni di euro sempre tramite scambi di messaggi. Una violazione che portò all’apertura di un’inchiesta nei suoi confronti, ma quando gli investigatori le chiesero di fornire loro i messaggi emerse che l’allora ministra li aveva già cancellati.
Nell’estate 2021 il sito tedesco Netzpolitik.org ha richiesto l’accesso a questi messaggi. Accesso che però è stato negato. Tanto che i giornalisti hanno deciso di rivolgersi al Mediatore europeo (Ombudsman), Emily O’Reilly, che avviò un’indagine il 16 settembre, ma anche a lei venne impedito l’accesso agli sms, con la Commissione che motivò la scelta dicendo di non avere alcun obbligo di conservarli. Alla luce di questo, fu proprio O’Reilly a presentare una denuncia nel gennaio 2022 accusando la Commissione di cattiva amministrazione e sollecitandola a “condurre una ricerca più approfondita dei messaggi pertinenti”. In risposta, la Commissaria europea per la trasparenza Věra Jourová sostenne che la ricerca dei messaggi “non ha prodotto alcun risultato”. Così, il 12 luglio 2022 il Mediatore ha confermato la sua conclusione di cattiva amministrazione.
Pochi mesi dopo, a ottobre 2022, la Procura pubblica europea (EPPO), organismo indipendente dell’Ue che indaga sui reati finanziari, ha confermato di avere un’indagine in corso sull’acquisto di questa partita di vaccini. Il 25 gennaio 2023, il New York Times ha fatto causa alla Corte di giustizia europea.
LE REAZIONI – Duri i commenti delle opposizioni al Parlamento Ue. La Lega, col suo capodelegazione Paolo Borchia, attacca: “Altro che trasparenza. Il Tribunale Ue ha certificato l’inaffidabilità della Commissione europea sul caso dei messaggi con Pfizer. Dichiarazioni imprecise, documenti irreperibili, risposte contraddittorie. Un’umiliazione per l’Europa, che predica bene ma razzola male, minando la credibilità delle sue stesse istituzioni nel momento in cui dovrebbe riconquistare la fiducia degli europei. Durante la pandemia sono stati firmati contratti per miliardi, vincolando le finanze pubbliche degli Stati membri. Chi ha gestito quelle trattative non può nascondersi dietro ai silenzi, né rifiutarsi di rispondere alle domande più legittime. Serve chiarezza su chi ha deciso, come e perché. Nessuno è al di sopra della legge, neppure la presidente della Commissione. Cos’hanno da nascondere?”, conclude Borchia.
Anche The Left parla di “opacità dei rapporti tra la presidente della Commissione Ue e Pfizer” e questo, sostengono, “equivale a corruzione ai massimi livelli delle istituzioni europee”. Il gruppo chiede l’immediata istituzione di un organismo etico indipendente e misure concrete per contrastare “la tendenza della presidente della Commissione alla segretezza e al processo decisionale unilaterale”. Per il Movimento 5 Stelle ha parlato l’europarlamentare Dario Tamburrano: “Con enorme ritardo e dopo essere stata bocciata dal Tribunale dell’Unione europea, Ursula von der Leyen fa marcia indietro e corre tardivamente a tentare di riparare dichiarando di essere pronta a chiarire tutto. Ma è ormai palese, e i cittadini lo hanno capito, che la presidente della Commissione europea ha mentito sul divieto alla pubblicazione dei messaggi scambiati con il Ceo di Pfizer durante la pandemia. Cosa voleva nascondere? Le case farmaceutiche si sono arricchite in modo spropositato dalla vendita dei vaccini avvenuta dopo aver siglato contratti capestro e assolutamente svantaggiosi per le istituzioni pubbliche”.
Anche il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, si scaglia contro i vertici della Commissione dicendo che “il pesce puzza dalla testa. Guidata da Ursula von der Leyen, la Commissione europea ha dovuto essere costretta dalla Corte di Giustizia dell’Ue a pubblicare i suoi messaggi su Pfizer dopo aver cercato di insabbiarli (il Berlaymont in realtà non avrà alcun obbligo di fornirli anche dopo la decisione dei giudici, ndr). Tanto per parlare di trasparenza da parte di chi la predica a gran voce”.
The Good Lobby parla invece di “sentenza storica”, sostenendo che “non si tratta solo di vaccini, ma di rendere il processo decisionale dell’Ue più responsabile a beneficio del pubblico. In definitiva, questa sentenza ci ricorda che l’Ue è governata dallo stato di diritto e che i suoi leader sono soggetti al costante controllo di media liberi e di una Corte indipendente. Questa è una vittoria di tutti, quindi non mi aspetto che la Commissione ricorra in appello contro la sentenza”.