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Per Messina Denaro esami e referti anticipati: i privilegi del boss latitante anche nel percorso sanitario (e pure in lockdown)

Nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 17 gennaio ha condannato due fiancheggiatori si racconta la rete di privilegi di cui il boss ha potuto contare durante la latitanza in una provincia segnata da ritardi e scandali e persino durante il lockdown
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“Il ricovero avveniva in tempi eccezionalmente rapidi, addirittura il giorno prima di quello programmato”. È quel che sottolinea il giudice Marco Gaeta nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 17 gennaio ha condannato due fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro: Cosimo Leone, condannato a 8 anni, e Massimo Gentile, condannato a 10 anni. Un processo – accusa sostenuta dal pm Gianluca De leo – che ha ricostruito l’aiuto dato da Leone, radiologo dell’ospedale Abele Aiello di Mazara del Vallo e con questo le cure non già rapide ma addirittura anticipate. Il tutto in una provincia, quella di Trapani, da poco attraversata dallo scandalo dei ritardi sui referti oncologici dell’Asp. Mentre pazienti anonimi hanno atteso anche dieci mesi per conoscere la diagnosi e quindi iniziare cure talvolta fatalmente tardive, nella stessa provincia il sistema sanitario si muoveva in anticipo sui tempi per il boss di Cosa Nostra, in quel momento latitante.

L’ex primula rossa di Castelvetrano aveva scoperto il 5 novembre del 2020 di avere una occlusione intestinale. Bisognava muoversi in fretta e così avvenne: Sotto le mentite spoglie di Andrea Bonafede, una delle tante identità usate dal boss “la mattina 6 novembre 2020, Messina Denaro (alias Bonafede Andrea classe 63) effettuava la prima visita chirurgica con il dott. Urso Giacomo presso l’Ospedale Abele Ajello e anche in tale occasione, in base ai dati del traffico telefonico, veniva accompagnato da Bonafede Andrea classe 69”. La visita avviene il giorno dopo la richiesta di Tumbarello che è del 5 novembre, con quest’esito: “Dopo averlo visitato, il dott. Urso redigeva un referto con cui rilevava la neoplasia, consigliava intervento resettivo in laparoscopia, invitava il paziente a munirsi di richiesta di ricovero ordinario + mod E (documentazione che il dott. Tumbarello Alfonso aveva già predisposto il giorno prima) e predisponeva il pre-ricovero per il 10 novembre, presso il reparto di chirurgia dell’Ospedale di Mazara del Vallo”.

Ricovero che verrà anticipato al 9 novembre. E che non è l’unico anticipo: “È opportuno osservare che le indagini hanno documentato come l’intero percorso sanitario del Messina Denaro presso l’Ospedale di Mazara del Vallo sia stato connotato da straordinaria rapidità ed efficienza, non soltanto con riguardo alla tempistica del ricovero, ma anche alla effettuazione della Tac, originariamente programmata per il 20 novembre, ma poi anticipata dapprima al 17 novembre e poi al giorno 10 novembre”. Un anticipo, dunque, prima di 3 giorni, poi di dieci. Una celerità di cui nessun semplice cittadino gode da quelle parti ma che è stato riservato ad “uno dei principali protagonisti dei più gravi fatti di sangue perpetrati da Cosa Nostra”.

Un profilo criminale che gli ha aperto le porte della sanità trapanese? “La strada privilegiata che Matteo Messina Denaro e, per lui, Bonafede Andrea classe 69 hanno potuto percorrere ha avuto un seguito dopo le dimissioni del primo: il Cd della Tac effettuata da Messina Denaro, rinvenuto nella sua disponibilità nel ‘covo’ di via CB31 di Campobello di Mazara”. Un cd fornito da Leone, così come da lui confermato sotto interrogatorio al processo, anche questo avuto con celerità. Dopo la visita all’Ospedale S. Antonio Abate di Trapani dal dottore Filippo Zerilli (la cui posizione è stata poi archiviata, ndr). È il 9 dicembre, Zerilli chiede di visionare il cd della Tac, il 10 dicembre quindi chiedeva a Leone di ottenere il dischetto e il 15 dicembre il medico poteva visionare tutto.
Una velocità che non si ridurrà nemmeno in periodo Covid – è novembre del 2020 e l’Italia è in un secondo lockdown – che è ancora sotto la lente della da pool di magistrati palermitani composto da Gianluca De Leo, Bruno Brucoli, Pierangelo Padova e coordinato dall’aggiunto, Polo Guido, e dal capo della procura, Maurizio De Lucia, che sta indagando per ricostruire tutta la rete di protezione sanitaria di cui ha potuto godere il boss mafioso durante la latitanza.

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