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Guerra dei dazi, le strategie Ue per allentare la dipendenza dagli Usa: ecco i possibili nuovi partner

L'Europa invoca trattative con l'amministrazione Trump, ma guarda a nuove opportunità per salvaguardarsi da futuri attacchi dell'alleato
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In origine fu col supporto alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, adesso l’opportunità arriva con i dazi imposti da Donald Trump. La Cina prova a sfruttare l’assist del nuovo inquilino della Casa Bianca per cercare di cambiare l’ordine mondiale, a livello economico e di conseguenza politico, senza bisogno di sparare un colpo. Perché nonostante gli Stati Uniti rimangano il principale alleato dell’Europa e uno dei più appetibili mercati a livello globale, la presenza del tycoon a Washington, adesso, non fa dormire sonni tranquilli nemmeno ai suoi partner. Sta a loro, Ue in primis, decidere adesso quale strategia seguire: rimanere saldamente legati all’alleato statunitense ignorando le lusinghe, e le opportunità, che arrivano da altri mercati, oppure differenziare per smorzare una dipendenza che, Trump insegna, può avere anche risvolti pericolosi. Qualcosa, nell’atteggiamento dei leader europei, sembra già essere cambiato.

Lo si era capito già dall’inizio del nuovo mandato della Commissione von der Leyen 2. Fu la presidente stessa ad annunciare che il primo viaggio istituzionale sarebbe stato in India, “la più grande democrazia del mondo”. Da lì la possibilità, circolata nei mesi scorsi e confermata negli ultimi giorni, che possa essere siglato un accordo di libero scambio tra Bruxelles e Nuova Delhi. Nel frattempo, e questo è se possibile ancora più indicativo, il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, Maros Sefcovic, ha già compiuto viaggi e tenuto tre incontri con i rappresentanti della Repubblica Popolare Cinese. L’obiettivo sembra chiaro: aprire a nuove opportunità commerciali, dopo la rottura dei rapporti con Mosca, e rendere meno facile per gli Stati Uniti stringere troppo la corda attorno al collo dei Paesi Ue.

Le mosse di Pechino
Le crepe che si sono aperte in mezzo all’Oceano Atlantico, prima con l’elezione di Trump e le sue minacce nei confronti dell’Europa e infine con l’imposizione dei dazi, agli occhi della Cina appaiono come opportunità per arrivare al cuore delle cancellerie Ue. Le critiche per gli accordi commerciali con Pechino riservate a governi come il primo governo Conte sembrano oggi un lontano ricordo. Le contingenze internazionali, ovvero il ritorno di Trump, stanno trasformando la Repubblica Popolare da competitor a possibile partner commerciale. Pechino lo sa bene e il prossimo luglio porterà la questione sul tavolo del vertice Ue-Cina nella capitale del gigante asiatico. Sull’onda dell’annuncio, Xi Jinping ha lanciato un messaggio all’Europa chiedendo di unire le forze col suo Paese per combattere “il bullismo unilaterale” degli Stati Uniti. “La Cina e l’Ue – ha detto il presidente cinese ricevendo il premier spagnolo Pedro Sanchez – devono adempiere alle loro responsabilità internazionali, salvaguardare il trend della globalizzazione economica e un ambiente del commercio internazionale equo e insieme resistere alle pratiche di bullismo internazionale”.

Non solo l’Ue occupa però i sogni di Xi Jinping. Il leader cinese mira ad accogliere tra le braccia del Dragone anche i vicini asiatici più duramente colpiti dai dazi americani, offrendosi come alternativa al mercato Usa. Così, dal 14 al 18 aprile visiterà ad esempio Vietnam, Malesia e Cambogia. I tre Paesi sono stati colpiti in modo pesante dai ‘dazi reciproci’: il Vietnam con tariffe del 49%, la Malesia del 46% e la Cambogia del 24%, anche se il primo ha già chiesto di poter negoziare con il tycoon.

Le strategie (variegate) dell’Europa
Pensare che Bruxelles possa staccarsi totalmente da Washington per avventurarsi verso altri mercati è poco realista. Non è un caso che tutti i leader europei rimarchino che la priorità, al momento, sia quella di sfruttare i 90 giorni di sospensione dei dazi reciproci per cercare di raggiungere un accordo commerciale con gli Stati Uniti, seppur mantenendo una posizione ferma e senza piegarsi alle imposizioni del presidente americano. Lo stesso Sefcovic “terrà incontri con le sue controparti americane a Washington Dc. L’Unione europea è disposta a trovare soluzioni vantaggiose per entrambe le parti”, hanno spiegato i portavoce del Berlaymont.

Ma la linea della Commissione prevede anche di aprire nuovi canali con altre potenze e Paesi emergenti per alleggerire la dipendenza dagli Stati Uniti, perseguendo una maggiore autonomia a livello economico. Giovedì un portavoce della Commissione ha ribadito che “contatteremo tutti i nostri Paesi membri per discutere con loro quelli che, a nostro avviso, sono i meriti più evidenti dell’accordo Mercosur-Ue, sia sul piano economico che geopolitico. Ascolteremo le loro preoccupazioni e cercheremo di rassicurarli sul fatto che riteniamo di aver messo in atto tutte le garanzie necessarie e crediamo che, in un mondo instabile, le partnership con alleati fidati in tutto il mondo siano più preziose che mai”.

Nelle varie famiglie europee, e anche all’interno di esse, però, si registrano sensibilità varie. All’interno del Partito Popolare Europeo, del quale fa parte anche la Cdu di von der Leyen, l’idea è che Trump non possa essere considerato un partner affidabile e che quindi sia necessario creare alternative, come spiegano fonti dell’Eurocamera a Ilfattoquotidiano.it. Questa posizione è confermata dalle ultime dichiarazioni del vicepremier italiano di Forza Italia, Antonio Tajani, che nel corso del Forum imprenditoriale, scientifico e tecnologico Italia-India a Nuova Delhi ha ricordato come “la ‘Via del Cotone‘, il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (Imec), rappresenta un’opportunità strategica per la crescita e il commercio”. E ha poi affrontato l’argomento proprio nel contesto della nuova guerra dei dazi: “Il partenariato economico tra Italia e India è ancora più importante ora, mentre affrontiamo le conseguenze globali dei cambiamenti nella politica commerciale Usa – ha detto – Crediamo che la strada migliore sia il dialogo. Le guerre commerciali non aiutano nessuno e danneggiano tutti. Il nostro obiettivo è raggiungere zero dazi (questo l’obiettivo della missione imminente di Meloni a Washington, ndr). Allo stesso tempo, vogliamo sfruttare questa opportunità per crescere in mercati chiave e ad alto potenziale. Per questo motivo ho lanciato un Piano d’Azione per l’Export in cui l’India e tutta l’Asia sono partner di massima priorità”. Lui, storicamente contrario a un avvicinamento alla Cina, cita in generale il continente asiatico. Chiaro però che in quel continente chi gioca un ruolo centrale è proprio Pechino.

All’interno del governo italiano le sensibilità sono comunque diverse. Per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso (Fratelli d’Italia), l’esecutivo chiederà alla Commissione europea di attivare “misure di salvaguardia” per evitare “l’invasione” di prodotti cinesi che non troveranno più sbocco sul mercato Usa per via dei dazi: “Quella sovrapproduzione arriverà come un’invasione, come maremoto provocato da un sisma, come un’ondata nel mercato europeo spazzando via la nostra impresa”, ha pronosticato.

Più sfumata la posizione del presidente del Ppe, Manfred Weber, che chiede di mantenere unità tra Usa ed Europa: “Insieme rappresentiamo il 50% del Pil mondiale – ha detto in un’intervista al Corriere – Possiamo definire le regole per il domani. I dazi imposti dagli Stati Uniti sono dannosi per tutti. Quindi il nostro messaggio agli Stati Uniti è ‘per favore, fermatevi’. L’idea è riportare Washington al tavolo dei negoziati per una discussione reale e sostanziale su come organizzare il commercio a lungo termine tra Europa e Stati Uniti, basato su regole e su un’intesa comune”.

Se si guarda al gruppo dei liberali, le parole del presidente francese, Emmanuel Macron, mostrano risentimento nei confronti delle mosse del presidente americano. Il capo dell’Eliseo, come è noto, spinge da anni per maggiore autonomia europea. E la situazione che si è creata non fa che alimentare le sue convinzioni, anche se non traspare alcuna indicazione su vie alternative da seguire che, anzi, sembrano preoccuparlo. “La sospensione parziale dei dazi statunitensi per 90 giorni è un segnale e una porta aperta al negoziato. Ma questa pausa resta fragile – ha scritto su X – Con la Commissione e nell’unità europea, il nostro obiettivo resta semplice, ossia negoziare per eliminare queste tariffe ingiuste e ottenere un accordo equilibrato, senza asimmetrie. Insieme alla Commissione Ue dobbiamo essere forti, l’Europa deve continuare a lavorare su tutte le contromisure necessarie e mobilitare tutte le leve disponibili per proteggersi, anche per evitare che i flussi provenienti dai Paesi terzi perturbino il nostro mercato”.

C’è poi la posizione della Spagna che, invece, è totalmente orientata a una riapertura decisa di un canale diretto con Pechino. “Sia la Spagna sia l’Europa hanno un significativo deficit commerciale con la Cina su cui vogliamo lavorare per ribilanciarlo – ha dichiarato il capo del governo, Pedro Sanchez, in visita nella capitale cinese dove ha incontrato Xi Jinping – Ma non dobbiamo permettere che le tensioni sul commercio finiscano per frenare la potenziale crescita delle relazioni tra Cina e Spagna e tra Cina e Unione europea”. Non è chiaro se questa sia la posizione di tutti i Socialisti in Ue. Ciò che emerge è che Bruxelles vuol rimanere vicino agli Usa, ma per il suo futuro inizia a guardare (anche) verso Est.

X: @GianniRosini

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