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Istat: “Con i dazi di Trump sale la probabilità di escalation sul commercio”. E l’Italia è più esposta di Francia e Germania

Per bevande, navi e farmaceutica la quota di export negli Stati Uniti rappresenta circa il 20% del totale esportato nel mondo. Seguono gli autoveicoli con circa il 15%
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“Le attese per il commercio globale restano negative e ulteriormente aggravate dalla possibile escalation delle tensioni commerciali e geopolitiche”. Perché “i dazi preannunciati dall’amministrazione statunitense nei confronti dell’UE potrebbero avere effetti rilevanti sul nostro paese”. Anche l’Istat lancia l’allarme sulle conseguenze della guerra commerciale avviata dall’amministrazione Trump. Lo fa nella Nota sull’andamento dell’economia italiana che, per casualità, arriva il giorno dopo le nuove minacce del presidente Usa su tariffe senza precedenti (“200%”) nei confronti di vini e alcolici provenienti dal Vecchio continente se non verrà ritirato il contro-dazio del 50% sul bourbon deciso in risposta a quelli su acciaio e alluminio.

Roma, dicono i dati, è più esposta di Berlino, Parigi e Madrid (per limitarsi solo ai big) a qualsiasi oscillazione delle vendite fuori dall’Ue, perché per noi costituiscono ben il 48% dell’export totale contro il 45% di quello di Germania e Francia e il 37% della Spagna. E, nell’ambito di quella quota, gli Usa sono il nostro primo mercato di sbocco con acquisti per quasi 65 miliardi nel 2024. Quando oltre un quinto delle vendite di prodotti italiani destinati ai mercati extra Ue è finito oltreoceano.

Rispetto al 2019, l’anno scorso l’export in Usa è salito del 42. Il surplus italiano, cioè la differenza tra il valore delle esportazioni e quello delle merci importate, è stato significativo soprattutto per i settori della meccanica e di alimentari e bevande, seguiti da tessile-abbigliamento e mezzi di trasporto. Ma quali sono i comparti più esposti a eventuali dazi generalizzati come quelli che Washington minaccia di far scattare dal 2 aprile? Per capirlo bisogna guardare, capitolo per capitolo, al peso dell’export negli Usa rispetto totale esportato nel mondo: più alta è quella quota, più alto il rischio economico legato a politiche commerciali mirate a rendere meno conveniente il prodotto italiano per i consumatori e le imprese statunitensi.

In cima alla lista, spiega l’Istat, ci sono bevande, navi e farmaceutica, per cui la quota di export negli Stati Uniti rappresenta circa il 20% dell’ammontare totale esportato nel mondo. Seguono gli autoveicoli con circa il 15%, nonostante il forte calo dell’ultimo anno. Ecco perché tremano i produttori di vino – l’osservatorio dell’Unione italiana vini (Uiv) ha paventato un azzeramento degli 1,9 miliardi di export – e perché soffre l’automotive già in crisi, con Stellantis esposta anche alle ripercussioni dei dazi contro Canada e Messico dove conta diversi stabilimenti.

La Ue, che nei giorni scorsi aveva annunciato i contro-dazi che hanno scatenato la reazione di Trump, si dice pronta al dialogo ma non pare voler fare marcia indietro. Oggi il commissario al Commercio Maros Sefcovic sentirà l’omologo Howard Lutnik. L’Istat non sembra sperare in una tregua, anzi: si attende “una crescente probabilità di escalation nelle tensioni commerciali” che, sommate alle turbolenze geopolitiche, “potrebbero incidere negativamente sulla domanda mondiale, l’inflazione e le catene globali del valore”.

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