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Altro che scudetto: l’umiliazione contro l’Atalanta dà il vero valore di questa Juventus

Sconfitti sul campo e colpiti nell’onore: perché il progetto di Giuntoli e Thiago Motta sembra fallito
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Umiliati. Offesi. Sconfitti sul campo e colpiti nell’onore, quasi presi in giro davanti al proprio pubblico che parlava di scudetto. Come una squadra che nel giro di una settimana era già stata presa a pallate dal modesto Psv e dalle riserve dell’Empoli potesse illudersi di lottare per il titolo, in realtà è un mistero: fa capire quanto a Torino ci sia una grossa fetta di ambiente completamente scollata dal reale (e questa una delle parti del problema: finché la Juve intesa nella sua totalità non accetterà la sua nuova dimensione, difficilmente uscirà mai dal tunnel). L’impatto con la realtà, che si è materializzata nelle quattro reti che avrebbero potuto essere altrettante subite dall’Atalanta, è stato brutale.

Una sconfitta inaccettabile. Più dell’eliminazione in Coppa Italia, ancor più ingiustificabile se guardiamo i valori, ma lì almeno ci poteva essere l’alibi della sottovalutazione di una partita che sembrava scontata e non lo è mai nel calcio. Peggio anche della lezione presa in Olanda, perché l’avversario era modesto ma in Europa è un’altra storia, ci vuole attitudine che una squadra così giovane può non avere ancora acquisito. Contro l’Atalanta non c’è scusa o mentalità che tenga: era la partita che doveva segnare la rinascita, aprire scenari impensabili. Invece la Juve è stata surclassata, su tutti i piani, nel proprio stadio che un tempo era un fortino (durante i 9 anni dell’epopea Agnelli le squadre avversarie praticamente non scendevano in campo a Torino) e oggi è terra di conquista, chiunque ci arriva è convinto di poter fare risultato. È la peggior sconfitta di sempre. Letteralmente: l’ultima volta che la Juventus aveva perso 0-4 in casa era la stagione 1967-1968. Prima di Thiago Motta e Giuntoli, non capitava da 58 anni. Si tratta di un’umiliazione epocale, che riscrive la storia di questa stagione e ne diventa un po’ il simbolo.

È chiaro che la valutazione finale su Thiago Motta, e il suo destino, sarà deciso essenzialmente dal quarto posto: se dovesse raggiungere la qualificazione in Champions che è vitale per la società, avrà centrato quantomeno l’obiettivo minimo e probabilmente si sarà guadagnato una seconda occasione. Altrimenti sarà quasi inevitabile l’addio. In ogni caso però ci sono delle spie molto inquietanti, che dovrebbero aprire comunque una riflessione in casa bianconera, anche di là delle sorti dell’allenatore. Quando si riparte da zero, con un nuovo progetto tecnico e societario, ci sta di non vincere. Il vero problema è come non l’ha fatto la Juve, andando oltre l’analisi dei semplici risultati, che potrebbero anche non sembrare così negativi (in fondo la Juventus è ancora quarta, a una distanza non siderale dalla vetta e ha perso solo due gare in campionato, meno di chiunque altro).

Doveva essere un anno di rifondazione, ma da qualsiasi punto di vista la si guardi, sembra che la Juve non abbia gettato le basi per nulla. Sul mercato sono stati impegnati più di 200 milioni di euro complessivi, ma la sensazione è quella di una rosa profondamente incompleta, che andrà di nuovo rifondata in estate visti i tanti errori commessi tra agosto e gennaio. Thiago Motta era stato preso essenzialmente per voltare pagina rispetto al calcio preistorico di Allegri, ma proprio su questo punto è mancato: dopo 9 mesi, la sua squadra non ha temperamento, non ha gioco, semplicemente non ha identità. Ci sono stati dei momenti in cui si è visto qualcosa, degli sprazzi di una nuova Juventus: l’avvio positivo, la trasferta di Lipsia in Europa, le vittorie casalinghe contro Inter e Milan. Ma in una stagione così altalenante, l’impressione alla fine è che quelli siano stati gli incidenti di percorso, l’eccezione che conferma la regola della mediocrità. Mentre questa è la vera dimensione della Juventus di Giuntoli e Thiago Motta. Contro l’Atalanta non è sfumata una stagione. Sembra fallito il progetto.

X: @lVendemiale

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