Dovremmo prendere meno antibiotici e invece l’Italia va indietro. L’ultimo rapporto dell’Agenzia del farmaco (Aifa), presentato a Roma, conferma la tendenza post-Covid: nel 2023, per il secondo anno di seguito, il consumo di antibiotici è cresciuto, ha superato i livelli pre-pandemia e si è avvicinato ai valori di dieci, dodici anni fa. Con tutto ciò che significa in termini di proliferazione di batteri resistenti, molto allarmante soprattutto in ambito ospedaliero perché comporta infezioni potenzialmente mortali. Aumenteranno anche quelle. Rischiamo “ancora più vittime – avverte l’Aifa – rispetto ai 12 mila decessi l’anno stimati in Italia dall’Ecdc, il Centro europeo per il controllo delle malattie”.
Un morto europeo su tre si registra da noi. È la “pandemia silente” dell’antibiotico-resistenza: se non si inverte la tendenza nel 2050 sarà la prima causa di morte in Italia, superando le malattie cardiovascolari e i tumori. Anche il Papa, con ogni probabilità, è stato sottoposto a diversi cambi di terapia perché aveva contratto un batterio resistente. E purtroppo non tutti gli anziani hanno la stessa assistenza di cui gode il Pontefice.
Nel 2023, nel nostro Paese, il consumo di antibiotici per uso sistemico (non locale) “è stato pari a 22,4 dosi medie giornaliere ogni mille abitanti” contro le 21,2 del 2022, “con un aumento del 5,4% e una variazione ancor più elevata – scrive l’Aifa – se si considerano solo gli antibiotici dispensati a livello territoriale (+6,3%)”, cioè nelle farmacie private e pubbliche. Ma cresce perfino negli ospedali, sia pure in misura minore: più 1,3% in un anno. Anche il consumo per uso non sistemico (locale) è salito del 4,3% nel 2023 per raggiungere le 28 dosi medie giornaliere ogni mille abitanti.
Naturalmente un po’ si spiega con l’invecchiamento della popolazione, ma non basta. Dal 2022 al 2023, infatti, la percentuale di bambini e ragazzi fino a 13 anni che hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici per uso sistemico è passata dal 33,7 al 40,9%, mentre tra gli over 65 è arrivata al 48% con un aumento dell’1,5% e punte sopra il 60%. Lasciato a se stesso il meccanismo è infernale: più antibiotici fanno crescere i germi resistenti che giustificano ancora più antibiotici. Oltre il 35% della popolazione italiana, secondo recenti dati Ecdc, ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici nel biennio 2022/23; era il 32,9% nel 2016/2017.
“Molto da fare”, ma non sempre si fa
“I numeri mostrano come ci sia ancora molto da fare”, scrive l’Aifa. Gli addetti ai lavori non sono sorpresi perché in realtà si sono fatte soprattutto molte chiacchiere. Report evidenziò qualche anno fa che il ministero della Salute non aveva speso gran parte dei 40 milioni di euro stanziati annualmente per contrastare l’antibiotico-resistenza. C’era un altro governo ma anche l’attuale, che al tema ha consacrato le passerelle del G7 Salute, dovrà intensificare l’impegno. Confrontando i consumi complessivi del 2023 con quelli del 2019 pre-Covid, l’Aifa registra “un aumento dell’8,8%, in controtendenza rispetto all’obiettivo di una riduzione del 5% nel 2025 sul 2022 indicata dal Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza”.
Tra il 2013 e il 2019, ricorda la nota Aifa, il consumo di antibiotici per uso sistemico era sceso lentamente per un complessivo 14,4%; meno 23,6% nel 2020 (quando arrivò il Covid) e meno 4% nel 2021. Poi la risalita. L’aumento dei consumi di antibiotici, “con picchi anche del 40%o nei mesi invernali”, fa presumere secondo l’Aifa “un loro uso improprio contro virus influenzali e para-influenzali, rispetto ai quali sono inefficaci”, trattandosi, appunto, di virus e non di batteri. Spesso, spiegano i medici, si prescrivono antibiotici per il solo rischio di sovrainfezioni batteriche, specie nei pazienti anziani, ma i dati regionali dimostrano che molto dipende dalla qualità dell’assistenza.
Lo dice anche l’Aifa: “L’andamento disomogeneo dei consumi a livello territoriale può essere letto anche come un indice di inappropriatezza prescrittiva, che va però contestualizzato rispetto ai diversi sistemi sanitari regionali, perché la prescrizione a scopo cautelativo degli antibiotici da parte dei medici può trovare una spiegazione anche nelle difficoltà, soprattutto al Sud, di accedere in tempi rapidi alle prestazioni di diagnostica senza le quali è difficile escludere complicanze che richiedano l’uso di questi farmaci”.
Maglia nera la Campania, male anche l’Emilia-Romagna
I più alti consumi di antibiotici per uso sistemico distribuiti in farmacia si registrano da sempre al Sud, dove nel 2023 le dosi giornaliere ogni 1000 abitanti (ospedali esclusi) sono state 18,9, al Centro 16,4 e al Nord 12,4. Maglia nera è la Campania: 20,5 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti nel 2023, ma almeno sono diminuite rispetto al 2022 e anche al 2017, il primo della serie storica offerta nel rapporto Aifa. L’andamento peggiore si registra in Basilicata: si ferma a 19,7 ma in aumento del 5 per cento rispetto al 2017, addirittura del 10,5 per cento sul 2022. Vanno male anche Bolzano che è ai livelli del Sud (16,1), la Liguria e perfino l’Emilia-Romagna che nel 2023 hanno valori assoluti più bassi (rispettivamente 11,8 e 13) ma in aumento rispetto all’anno precedente e al 2017; peggio ancora l’Abruzzo e il Molise (20,4 e 18,7, pure qui in crescita). In tutte le Regioni salvo la Campania il consumo di antibiotici è aumentato tra il 2022 e il 2023. Piemonte, Val d’Aosta, Lombardia, Trento, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna sono tuttavia migliorate, chi più chi meno, sui dati del 2017.
Lontani dall’Europa: usiamo più farmaci “cattivi”
L’Italia è settima in Europa tra i Paesi con i maggiori consumi territoriali, sopra la media per oltre il 15 per cento, e sesta per i consumi ospedalieri. Si infetta l’8,2% dei pazienti ricoverati, 430 mila nel biennio 2022/23 scriveva qualche mese fa l’Ecdc con riferimento al nostro Paese, contro una media europea del 6,5%; fa peggio solo il Portogallo, che però avendo una popolazione più giovane conta meno morti. Desta allarme anche la qualità degli antibiotici che usiamo: quelli ad ampio spettro, i più pericolosi nella selezione di germi resistenti, sono al 13,6% contro la media europea del 5,5%; anche in ambito ospedaliero, del resto, c’è una percentuale più alta di consumo di antibiotici ad ampio spettro o di ultima linea (52,5% contro la media Ue del 40,15%). In ambito pediatrico l’Aifa osserva “una preferenza per molecole ad ampio spettro nelle Regioni del Centro e del Sud rispetto a quelle del Nord, indice di un problema di inappropriatezza prescrittiva che richiede interventi mirati” All’opposto, per i farmaci cosiddetti del gruppo “Access”, che dovrebbero essere utilizzati come trattamento di prima o seconda scelta per le infezioni più frequenti per un minor rischio di generare resistenze, l’Italia si colloca ben al di sotto dell’obiettivo del 65% fissato dalla raccomandazione del Consiglio Ue del 26 aprile 2023. Cresce anche la resistenza ai farmaci, dal batterio Escherichia coli che genera forme anche sanguinolente di diarrea, alla Klebsiella pneumonie che infetta le vie urinarie con una mortalità che arriva alla metà dei casi e allo streptococco pneumonie che causa polmoniti, sepsi e meningite.
Le promesse e la nuova app per medici e cittadini
Il presidente dell’Aifa Robert Nisticò, oltre a ricordare i morti e i 2,4 miliardi di euro che queste infezioni costano ogni anno al Servizio sanitario nazionale, ha sottolineato per l’ennesima volta la necessità di favorire la ricerca su “nuovi farmaci capaci di aggirare le attuali resistenze”, che non offre adeguati margini di redditività all’industria. Il direttore scientifico dell’Agenzia Pierluigi Russo ha evidenziato il problema dei medicinali anti-acidi usati contro il reflusso esofageo, ovvero farmaci come il Maalox e gastroprotettori vari, che pure non ha nominato: “Possono alterare – ha detto – la flora microbica intestinale, favorendo la selezione di germi multiresistenti, come il clostridium difficile” e dunque occorre “contrastare l’uso fai da te o comunque inappropriato”. Massimo Andreoni della Simit, la società degli infettivologi, ha puntato sui vaccini: “Solo la copertura universale con il vaccino antipneumococcico coniugato potrebbe prevenire 11,4 milioni di giornate di terapia antibiotica all’anno nei bambini con meno di 5 anni”. Maria Rosaria Campitiello per il ministero della Salute ha rivendicato i “21 milioni di euro destinati a una partnership internazionale per lo sviluppo di nuovi antibiotici” e promesso, tra le altre cose, “campagne di sensibilizzazione” e “strategie di prevenzione delle infezioni ospedaliere”. Attendiamo con fiducia.
Intanto l’Aifa ha prodotto una app a semaforo per gli smartphone sulla piattaforma Firstline, pensata ai tempi del precedente direttore Nicola Magrini in carica durante il Covid, “con informazioni utili sul trattamento delle 10 più comuni infezioni tra adulti e bambini, scaricabile gratuitamente dagli store ufficiali di Google e Apple, ma anche dal sito”. Ci sono tutte indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità sui vari antibiotici. È destinata ai medici, per orientarli meglio nelle prescrizioni, ma potranno usarla tutti.