Non so se Marcello Veneziani abbia scritto l’articolo su La Verità ‘Il femminicidio è la fine del diritto: aboliamolo’ con una buona dose di disonestà intellettuale oppure di miopia intellettuale. Rimarremo nel dubbio che ci sia o che ci faccia. Un’amica giornalista mi invia su Whatsapp il pdf dell’articolo mentre sto leggendo il saggio di Mirella Serri Uomini contro. La lunga marcia dell’antifemminismo italiano, che affronta il tema della trasversalità del maschilismo che lega uomini politicamente schierati a destra o a sinistra, cattolici o laici.
Sono trascorsi 80 anni dalla caduta del fascismo e l’internazionale dell’autoritarismo sta soffiando dagli Usa all’Europa sotto il vessillo della santissima trinità: sessismo, razzismo, classismo. Togliere diritti alle donne e costringerle in uno stato di subalternità sono obiettivi dichiarati e fanno parte dell’agenda politica di Trump, Milei, Putin, di Orbàn, di Georgescu. Giorgia Meloni, prima donna presidente del Consiglio nel nostro Paese, guarda con ammirazione alle gerarchie di potere maschili e ne fa parte. Ne ha adottato il linguaggio e il progetto politico, ma per il momento non ha attaccato, almeno formalmente, gli interventi contro la violenza alle donne. Nello stesso tempo, non ha fatto nulla per contrastare le discriminazioni. I diritti si possono anche far morire di inedia, sulla carta, abortendo gli interventi politici per mantenerli in vita.
In questo contesto di rancorosa rivalsa machista contro il femminismo che il presidente argentino ha definito “un cancro da estirpare”, si infiamma la passione di Veneziani per la motosega. Il presidente argentino l’ha già impugnata per abolire il ministero delle donne e per tagliare i fondi a sostegno delle vittime di violenze. Ora vorrebbe abolire la legge sul femminicidio perché – dice il presidente – sarebbe un ‘privilegio’ riservato alle donne. Veneziani scrive: “Togliere la vita a una persona non può valere di più o di meno a seconda del sesso di chi lo commette e di chi lo subisce. Invece nel mondo a rovescio in cui viviamo si legge che questo ragionamento fa venire i brividi perché ribalta la realtà”. Sinceramente non si comprende tanto entusiasmo per l’abolizione di una aggravante che non è mai stata inserita nei codici penali italiani e riguarda l’Argentina.
Poi Veneziani passa a criticare la violazione del principio di universalità e uguaglianza del diritto, tema molto più complesso e articolato di quanto pensi il giornalista de La Verità. “La Cedaw – scrive la giudice Paola De Nicola Travaglini, nel Codice Rosso – scardina la convinzione ad oggi mai messa in discussione, che quando si parla di diritti umani ci si riferisca a uomini e donne ma in realtà il principio di uguaglianza non garantisce al genere femminile pari diritti, sotto il profilo sostanziale, a quelli degli uomini”. Da qui la necessità di varare nel tempo Convenzioni Internazionale per sconfiggere il fenomeno del femminicidio.
La parola che nell’ordinamento argentino fa venire i brividi a Veneziani aggrava la pena non in virtù del sesso della vittima, ma quando l’odio è il motore di quella violenza. L’uccisione di una donna in una rapina non comporterà l’aggravante per femminicidio. La scarsa percezione del disvalore dei crimini contro le donne, e la conseguente minore possibilità di ottenere giustizia, non sono deficitarie solo in Argentina – dove viene uccisa una donna ogni 30 ore. In una recente sentenza della Corte d’assiste di Modena, è stato scritto che l’assassinio di due donne, massacrate a colpi di doppietta, sia stato commesso “per motivi umanamente comprensibili“. La giurisprudenza italiana ha prodotto non poche sentenze inique e tessute da pregiudizi misogini. Le sette condanne inflitte dalla Cedu allo Stato italiano parlano chiaro.
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Nel mondo, le donne rappresentano l’82% delle persone uccise da un partner o un ex partner. In Italia ogni 2-3 giorni viene uccisa una donna; il dato è rimasto stabile – non è in aumento come erroneamente scrive Veneziani per portare acqua al suo mulino. “Il privilegio delle donne” che scandalizza Milei consiste nel rischio di subire violenze come stupri, mutilazioni genitali, assassinii, aggressioni, discriminazioni: caro Veneziani, ne faremmo volentieri a meno. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ben trent’anni fa ha definito la violenza contro le donne come “una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, persistenti e devastanti che, ad oggi, non viene denunciata, a causa dell’impunità, del silenzio, della stigmatizzazione e della vergogna che la caratterizzano”. Siamo entrati da poco nel 2025 e un mondo dove le donne non siano bersaglio dell’odio maschile, della furia di padri, fratelli, fidanzati, amanti, datori di lavoro, di uomini nei quali dovresti avere fiducia, è ancora una vagheggiata utopia.
Resta in sospeso una domanda: perché negli uomini come Veneziani suscita così tanta paura la sola idea che le donne smettano di vivere nella paura?
@nadiesdaa