È capitato purtroppo negli ultimi tempi di ritrovare su testate giornalistiche nomi di colleghi associati a eventi drammatici conseguenti a complicanze di interventi chirurgici. I media e i social ci bombardano di notizie flash con titoli ad effetto dai quali suscitare scalpore e null’altro. A tutto questo fanno seguito discussioni, critiche e giudizi, e sempre più di frequente ci si pone il quesito: “Come si fa a scegliere un professionista dai social?”. Siamo oramai alle porte del 2025, la nostra società da tempo ha inglobato in modo consolidato i social media come parte integrante della nostra comunicazione e divulgazione di informazione, senza rendercene conto siamo permeati da innumerevoli input che derivano dai social media. Siamo loro vittime, inconsapevolmente.

Purtroppo, anche informazioni su atti medici ci vengono spesso proposte sui social attraverso vezzeggiativi come: “punturine”, “baby botox”, “qualche ritocchino”. I medici sono tenuti a rispettare un codice deontologico che includa il mantenimento della professionalità anche nelle interazioni online. Un utilizzo improprio di questi termini per far apparire meno spaventoso un atto medico o un intervento chirurgico è alla base di una scorretta informazione e rapporto medico-paziente.

Siamo proprio noi medici i responsabili dell’impatto che la nostra disciplina ha nella società, siamo noi che usando il termine “baby botox” cancelliamo il concetto di farmaco o dispositivo medico, e siamo sempre noi che descrivendo un atto chirurgico come “ritocchino” riduciamo l’importanza della sicurezza e della preparazione a tale atto medico. La comunicazione medico-paziente deve essere limpida e priva di vezzeggiativi. Questa non è informazione, si chiama pubblicità, è puro marketing! Dall’altro lato, come può il paziente difendersi da tutto questo? Quali sono i campanelli di allarme di una scorretta pubblicità sui social?

– Diffidare dell’intervento ideale, ogni paziente è unico e ogni consulto richiede un approccio personalizzato e un contatto diretto con il proprio medico. Questo lo deve pretendere il paziente tanto quanto il medico chirurgo. I social media sono adatti solo ad offrire informazioni generali.

– I pre e post lasciano il tempo che trovano: chi mai sceglierebbe il vestito del proprio matrimonio in base a come sta indosso alla modella o al modello che lo pubblicizza? Ogni corpo ha la sua unicità, ciò che risulta adeguato per un paziente può non avere lo stesso effetto, o peggio, essere dannoso per un altro.

Sminuire un atto medico con un lessico inappropriato è un atteggiamento poco professionale, non giustificato dalla piattaforma su cui si espone il concetto.

– Il numero dei followers non rispecchia la competenza del medico. Sono le ore trascorse in sala operatoria e il numero degli interventi di un chirurgo che costituiscono la sua esperienza e competenza. Migliaia di followers si acquistano con poche centinaia di euro, non fatevi abbindolare!

E soprattutto pretendete da voi stessi la scelta giusta per la vostra salute.

È importante sottolineare che l’uso appropriato dei social media da parte dei medici ha il potenziale di portare enormi benefici, come un miglioramento nell’accesso alle informazioni sanitarie e una comunicazione più stretta con i pazienti. Tuttavia, è essenziale che venga fatto in modo responsabile, seguendo le linee guida deontologiche, rispettando la privacy e contrastando la disinformazione. Solo con una gestione adeguata, i social media possono diventare uno strumento potente per il miglioramento della salute pubblica e la promozione di pratiche mediche basate su evidenze scientifiche.

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