Si è chiusa una Milano Fashion Week Uomo insolita, più silenziosa del solito, orfana di colossi come Gucci, Moschino, Etro, Fendi e J.W. Anderson. Molti dei “big” hanno scelto infatti di unire le collezioni uomo e donna in un’unica sfilata a febbraio, complice un settore che, come ha ammesso anche il numero uno di Confindustria Moda Sergio Tamborrini, “dovrà ridisegnare una serie di elementi cui eravamo abituati”. Un’occasione d’oro, però, per i brand di nicchia e i talenti emergenti, che hanno approfittato dei riflettori per conquistare l’attenzione di stampa e buyer, spesso penalizzati in passato da calendari troppo fitti e dominati dai grandi nomi.
Per questi brand, spesso senza il supporto di grandi gruppi, partecipare alla Fashion Week è un investimento coraggioso e oneroso: “Viaggiamo con le collezioni in valigia“, raccontano, “e investiamo tutto sulla presentazione per farci conoscere”. Tra loro, chi ha appena mosso i primi passi, chi ha già costruito una solida identità e chi, come Saul Nash, arriva da Londra con un curriculum di tutto rispetto (International Woolmark Prize e Queen Elizabeth II Award). Eppure, proprio dai big arriva spesso poca considerazione, con sovrapposizioni in calendario che minano la visibilità dei più piccoli.
Nonostante le difficoltà, emerge un filo conduttore: la scommessa sulla qualità, sulla versatilità dei capi e su una moda più sostenibile e meno legata alle stagioni. Un tentativo di rispondere alla crisi e alle nuove sensibilità dei consumatori. La sartorialità napoletana di Isaia, che ha reso omaggio a Luciano De Crescenzo, e di Rubinacci, l’innovazione tecnica di Mordecai e Montecore, l’estro creativo di GR10K e Noskra, il nomadismo urbano di Qasimi, sono solo alcuni esempi di questo fermento creativo. Di seguito, vi raccontiamo 11 brand più o meno noti da tenere d’occhio, rigorosamente in ordine come da calendario di Camera Moda.