I soldati russi continuano ad avanzare nel Donbass, dove ormai sono sono rimasti i reparti più deboli dell’esercito di Kiev, tra l’altro stremati da una permanenza in prima linea che arriva fino a 25 giorni. E il risultato è un costante arretramento. L’Ucraina, ormai esausta dopo quasi tre anni di guerra, continua a subire gli attacchi di Mosca, che con raid da nord a sud, da Kharkiv a Mykolaiv, non rallenta l’offensiva e resta in costante superiorità di uomini e mezzi.

La Russia, secondo le autorità locali, sta anche provocando disastri ambientali, visti i danni provocati ad una diga sul fiume Vovcha dopo un raid. Con decine di villaggi a rischio di allagamento. L’inverno è alle porte e per Kiev sarà ancora più difficile, ma già ci si prepara al peggio. La valutazione è che le forze russe abbiano “immagazzinato missili negli aeroporti in vista di attacchi massicci“. E l’offensiva nel Kursk, la scommessa di Zelensky per ottenere una merce di scambio, si sta rivelando un boomerang, secondo quanto ha ricostruito il quotidiano spagnolo El Pais parlando con alcuni militari ucraini. Nella regione di confine lo stato maggiore ha schierato le sue brigate migliori e ben equipaggiate, ma nonostante questo le truppe di Mosca hanno gradualmente ripreso parte dell’oblast.

Tra due mesi Donald Trump tornerà alla Casa Bianca, ma si è già attivato per quantomeno congelare la guerra, anche a costo di pesanti concessioni territoriali dell’Ucraina. Kiev sta tentando di riguadagnare terreno prima che sia troppo tardi, ma la situazione continua a peggiorare. Nel Donetsk in particolare la recente caduta di Vulhedar ha conferito alla Russia un vantaggio significativo, perché la sua posizione elevata consente di far partire i droni per attaccare in profondità dietro le linee ucraine. Negli ultimi giorni in quest’area sono stati registrati i maggiori progressi dell’Armata di Putin, in direzione nord, e l’obiettivo adesso sembra essere la città di Kurakhove, che ha una grande centrale termoelettrica in funzione. Un obiettivo strategico, con il gelo alle porte. Proprio il bacino idrico locale, secondo le autorità ucraine, è stato il bersaglio di un raid che avrebbe danneggiato una diga, facendo alzare il livello del fiume e minacciando i villaggi circostanti. Già lo scorso anno un’enorme diga di epoca sovietica nel Kherson era stata parzialmente distrutta, allagando decine di villaggi sulle rive del Dnepr. Con le due parti a scambiarsi accuse sulla paternità dei raid.

All’inizio di novembre il comandante delle forze armate di Kiev, Oleksandr Syrskyi, ha affermato che l’Ucraina stava affrontando “una delle più potenti” offensive del nemico dall’inizio della guerra. E domenica il New York Times ha rivelato che ben 50mila russi e nordcoreani sono stati schierati per il Kursk. Chiusa quella partita, Mosca potrebbe tornare a concentrarsi sul Donbass, e non solo. Ormai la sua avanzata minaccia anche quel che resta dell’oblast di Zaporizhzhia in mano agli ucraini e Dnipropetrovsk.

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