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I confini della Cop29 e i parchi naturali: hanno ancora senso le aree di tutela delimitate?

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Nelle montagne che vogliamo, i parchi dovrebbero essere più presenti di quanto lo sono oggi, ma dovrebbero anche adattarsi ai nostri tempi, aggiornando presupposti e indirizzi. Hanno ancora senso parchi intesi come aree chiuse delimitate da confini netti?

È lo stesso concetto di “confine”, di separazione, che oggi traballa di fronte ai problemi degenerativi dell’intero sistema planetario. Di confini inutili si è iniziato a parlarne in ambito istituzionale dal 1972 durante un evento che avrebbe messo le basi per arrivare all’attuale Cop 29 di Baku. Il 5 giugno di quell’anno, a Stoccolma si apriva la prima conferenza mondiale dell’Onu sull’ambiente alla presenza di oltre cento capi di governo. Non era mai successo. La Conferenza era stata indetta per discutere di un tema preciso: “l’inquinamento transfrontaliero”, di cui la Svezia stava provando i nefasti effetti, colpita com’era dalle piogge acide provocate dall’area industriale tedesca della Ruhr.

Il tema dell’inquinamento globale – che dei confini si fa un baffo – non poteva essere affrontato da singoli Stati, ma doveva assurgere a un respiro più ampio, che riguardava l’intera comunità umana. “Only one Earth” (Una sola Terra), fu infatti il titolo del rapporto finale della Conferenza, che varò nuove convenzioni internazionali come l’Unep, il Programma per l’ambiente dell’Onu, e il conseguente percorso che avrebbe condotto alla Conferenza Onu sul clima del 1979, a Ginevra, e poi alle attuali Cop.

Se dopo cinquant’anni il grido d’allarme “Only one Earth” è diventato ancora più drammatico, allora il pianeta, nonostante i disastri geopolitici e le contrapposizioni tra blocchi, non può che reagire in modo unitario, al di sopra dei confini. E, seguendo questa logica, anche i confini tra ciò che è protetto e non lo è dovrebbero sfumarsi, perché non possiamo far finta di non ricordarci che ogni ambiente è collegato a un altro, che quello che accade fuori accade anche dentro un parco. Meglio allora parlare di reti ecologiche estese sul territorio, di cui i parchi diventano i grandi “nodi” di congiunzione. I fili della rete dovrebbero essere costituiti da corridoi sempre più presenti per permette le migrazioni di specie animali, collegamenti sempre più marcati tra parco e parco, e tra pianura e parchi in quota.

Ma il primo confine che dovremmo eliminare è quello psicologico-culturale posto tra noi e la natura. Smettiamo di pensarla fuori da noi. La natura è attorno e dentro di noi. Solo con questa consapevolezza potremmo prendercene cura come faremo con noi stessi.

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