Greenpeace Italia ha denunciato una nuova richiesta di mediazione da parte di Eni che sostiene di essere stata diffamata dai contenuti di un report pubblicato dal ramo olandese della ong e poi rilanciato sul sito italiano. Sotto accusa il documento dal titolo “Emissioni di oggi, morti di domani. Come le principali compagnie petrolifere e del gas europee mettono a rischio le nostre vite” e la raccolta di pareri di esperti in legge “Omicidio climatico: le aziende fossili scamperanno all’accusa?”. In questi giorni il colosso ha comunicato all’organizzazione di aver richiesto un iter di mediazione che potrebbe precedere una seconda causa per diffamazione.

Per la ong “le continue intimidazioni dell’azienda contro chi gli chiede conto del proprio impatto sul clima sono scioccanti“: “Sembra che minacciare cause per diffamazione sia la nuova disciplina sportiva in cui l’azienda ha deciso di eccellere. Ma non ci facciamo intimidire”, ha dichiarato Chiara Campione di Greenpeace Italia. “Questa nuova possibile denuncia per diffamazione, infatti, fa seguito a un analogo procedimento avviato da Eni verso Greenpeace Italia solo pochi mesi fa. Non solo: di recente, ha addirittura attuato una grave forma di intimidazione nei confronti di una trasmissione Rai che avrebbe voluto parlare della causa climatica che Greenpeace Italia e ReCommon hanno promosso nei suoi confronti a maggio 2023. Il segnale è chiaro: Eni non vuole ostacoli sul suo cammino e cerca di zittire con il suo enorme potere chiunque osi denunciare le responsabilità dell’azienda per la crisi climatica”.

Il report sotto accusa, dichiarano da Greenpeace Italia, utilizza “la metodologia Mortality Cost of Carbon, sviluppata dal ricercatore statunitense R. Daniel Bressler e pubblicata sulla rivista scientifica peer-reviewed Nature Communications nel 2021″: “Lo studio stima che le emissioni di gas serra autodichiarate nel 2022 delle nove principali compagnie petrolifere e del gas europee Shell, TotalEnergies, BP, Equinor, ENI, Repsol, OMV, Orlen e Wintershall Dea potrebbero causare collettivamente un totale stimato di 360mila morti premature correlate alle variazioni di temperatura, ovvero causate da calore estremo o freddo intenso, entro la fine del secolo”. Secondo il rapporto di Greenpeace Paesi Bassi, le emissioni di gas serra di Eni nel 2022 potrebbero causare un totale stimato di 27 mila morti premature entro il 2100. L’ong dice che, prima della pubblicazione del report, Greenpeace Paesi Bassi aveva chiesto una replica a Eni sul lavoro realizzato dall’organizzazione ambientalista. L’azienda non ha rispost e ora ha avviato l’iter di mediazione. Di tutte le aziende citate nel report, è l’unica ad averlo fatto.

Greenpeace ha anche ricordato che, lo scorso 9 maggio, insieme a 12 cittadine e cittadini e a ReCommon hanno notificato a Eni un atto di citazione davanti al Tribunale di Roma per l’apertura di una causa civile per i danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici, a cui ENI viene accusata di aver contribuito. “Il lancio della prima climate litigation italiana contro una società privata”, scrive ancora la ong, “sebbene ignorata dai principali media italiani che dipendono finanziariamente dalle inserzioni pubblicitarie di Enit, ha avuto una vasta eco sui media internazionali, spingendo Eni a reagire nei confronti delle due associazioni ambientaliste con un evidente intento intimidatorio”.

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