Televisione

Carolyn Smith e il tumore: “Faccio la chemio ogni 3 settimane. Quando respiro mi fa male la pelle”. Poi: “Ho iniziato a soffrire di attacchi di panico”

Ospite a Verissimo l'insegnante di danza parla della sua lunga battaglia contro il cancro

di F. Q.

Carolyn Smith torna a parlare del tumore con cui combatte da 9 anni e lo fa nel salotto di Silvia Toffanin a Verissimo. L’anno da poco conclusosi è stato il più difficile per lei: “Sono sempre positiva in tutto quello che faccio, ma il 2023 è stato molto duro. Devo fare la chemioterapia ogni 3 settimane per evitare che (il tumore, ndr) ritorni; è uno stile di vita in questo momento. Ogni tanto c’è qualche complicazione e qualche malessere. Devo fare delle punture che fanno male […] Sono sofferente, mi dispiace quando non posso lavorare perché per me è vita”.

E ancora: “Quando respiro mi fa male la pelle. Sto tenendo a bada il tumore”. Poi ammette di avere iniziato a soffrire anche di attacchi di panico: “Dal punto di vista psicologico ho avuto degli attacchi di panico. Mai avuti, ma adesso ne soffro. Non riuscivo a capire finché non mi è successo […] A me piace avere il controllo di qualsiasi cosa che faccio, ma non riuscivo ad averlo in quel momento. Adesso sto meglio, ma prima stavo molto male. Anni fa pensavo di aver toccato il fondo, ma sono arrivata sottoterra nel 2023. Sul lavoro ho fatto 10 passi indietro, ero presente, ma fino ad un certo punto […] Accanto a me c’è sempre mio marito Tino, ma certe cose non gliele racconto, io lo voglio proteggere da quello che mi succede perché se lui va in panico, poi entro nel panico anche io”.

Nel corso della chiacchierata c’è spazio anche per parlare dei suoi genitori, scomparsi entrambi qualche anno fa. In merito al padre, Carolyn Smith dice: “Il mio dispiacere più grande è stato non essere presente al suo funerale, ma non potevo. Stavo male perché ero ricoverata a causa di un’infezione” e l’operazione è avvenuta nel giorno delle esequie del genitore: “Non volevo operarmi, ho chiesto ai medici se potevo viaggiare per andare al funerale, ma mi hanno detto che non sapevano se sarei riuscita ad arrivare viva a Londra. Ho scritto una lettera e ho chiesto al pastore, perché siamo protestanti, di registrare il funerale“.

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