Una guerra in Europa forse “non è imminente”, ma “non è impossibile“. Gli Stati devono capire che “la pace non è permanente” e per questo l’Ue deve investire maggiormente in armi nei prossimi cinque anni, “dando priorità agli appalti congiunti nel settore della Difesa. Proprio come abbiamo fatto con vaccini o con il gas naturale“. Il discorso di Ursula von der Leyen nella Plenaria di Strasburgo non è solo un avvertimento, l’allarme lanciato per il rischio di un’ulteriore escalation con la Russia che può tracimare anche in area Nato e Ue: è una chiamata alle armi contro un nemico, Vladimir Putin, indicato non come un autocrate da riportare nel recinto della legalità internazionale attraverso la diplomazia, ma come un dittatore da schiacciare.

Von der Leyen va alla guerra
Sono passate meno di 48 ore dalle parole del presidente francese, Emmanuel Macron, sull’ipotesi di un impiego di truppe di terra in Ucraina. Dichiarazioni che hanno provocato la reazione contrariata della maggior parte dei leader europei, delle stesse istituzioni, degli Stati Uniti e della Nato. Nemmeno il tempo di far rientrare questo innalzamento della tensione con Mosca, che ha parlato di “guerra inevitabile” in caso di coinvolgimento diretto dell’Alleanza, che la presidente della Commissione chiede un piano di riarmo quinquennale in funzione anti-russa. I progressi fatti finora nel campo della Difesa, ha detto la leader di Palazzo Berlaymont, “dimostrano che l’Europa ha iniziato a comprendere l’urgenza e la portata della sfida che ci aspetta. Ma c’è molto altro da fare. E dobbiamo muoverci velocemente. La minaccia di guerra potrebbe non essere imminente, ma non è impossibile. I rischi di una guerra non dovrebbero essere esagerati, ma bisogna prepararsi. E tutto ciò inizia con l’urgente necessità di ricostruire, rifornire e modernizzare le forze armate degli Stati membri. L’Europa dovrebbe sforzarsi di sviluppare e produrre la prossima generazione di capacità operative vincenti. E di garantire che disponga della quantità sufficiente di materiale e della superiorità tecnologica di cui potremmo aver bisogno in futuro. Il che significa potenziare la nostra capacità industriale della difesa nei prossimi cinque anni”.

Parlando così, von der Leyen introduce la strategia contenuta nel nuovo piano comunitario per la Difesa che la Commissione europea presenterà nelle prossime settimane, come rivelato da Bloomberg. L’obiettivo principale è quello di sfruttare maggiormente le tecnologie delle grandi aziende produttrici di armamenti europee limitando gli investimenti extracomunitari. Aumentare, quindi, gli acquisti di armi prodotte in Europa utilizzando fondi che sono già stati pensati ad hoc. L’obiettivo prevede, entro il 2035, che istituzioni e Stati membri acquistino in Ue almeno metà dei propri sistemi di Difesa.

Appalti congiunti come fatto per i vaccini
Quella vissuta negli ultimi anni, sostiene la presidente della Commissione, non era altro che “un’illusione” di pace permanente che adesso è “andata in frantumi”. Pensare, aggiunge, “che la prosperità economica possa essere più importante per Putin che distruggere un’Ucraina libera e democratica è un’illusione. L’illusione che l’Europa da sola stesse facendo abbastanza in materia di sicurezza, che sia economica o militare, convenzionale o informatica. Se ci guardiamo intorno, è chiaro che non c’è più spazio per altre illusioni. Vladimir Putin ha utilizzato il dividendo della pace per preparare la sua guerra. Di conseguenza, il mondo è pericoloso come lo è stato per generazioni. La brutale guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina è giunta al suo terzo anno ed è più radicata e intensa che mai”, anche grazie alle forniture della Corea del Nord e dell’Iran che stanno inviando armamenti alla Federazione.

L’Europa, in sostanza, deve svegliarsi, muoversi in maniera efficace e rapida perché “la minaccia di guerra potrebbe non essere imminente, ma non è impossibile”. Per questo è necessario continuare a rifornire Kiev di armi, per rafforzare un argine che inizia a mostrare segnali di cedimento, con Mosca che sta avanzando ogni giorno nei villaggi a sud del Paese. Allo stesso tempo, l’Europa deve rimpolpare le proprie scorte, alle quali si è attinto per sostenere il Paese di Volodymyr Zelensky, e ampliarle ulteriormente. Per farlo, però, c’è bisogno di tempo per potenziare le capacità produttive delle aziende comunitarie, se l’intento è quello di favorire il mercato interno, anche riconvertendo gli stabilimenti.

Per fare ciò, però, l’Ue è pronta a mettere sul tavolo diversi miliardi di euro. L’idea è stata esplicitata dalla stessa von der Leyen: “L’Europa deve spendere di più, spendere meglio, spendere in modo europeo. Nelle prossime settimane presenteremo alcune proposte con la prima strategia industriale europea per la Difesa. Uno degli obiettivi centrali sarà quello di dare priorità agli appalti congiunti nel settore della Difesa. Proprio come abbiamo fatto con vaccini o con il gas naturale”. Inoltre, si deve dare alle aziende, che dovranno fare investimenti per riconvertire le catene di produzione, una prospettiva a medio-lungo termine per convincerle a sborsare centinaia di milioni di euro, aumentare le proprie capacità produttive e investire nell’innovazione: “Per farlo dobbiamo inviare collettivamente un segnale forte all’industria. Per questo motivo valuteremo come facilitare gli accordi di off-take o accordi di acquisto anticipato in cui forniamo garanzie. Questo darebbe alle nostre aziende del settore della Difesa ordini stabili e prevedibili nel lungo periodo. Aumenteremo il sostegno al ramp-up industriale (ossia la fase in cui la produzione raggiunge gli standard previsti, ndr) come stiamo facendo ora con le munizioni attraverso il programma Asap” che, nelle parole di von der Leyen, consentirà di raddoppiare la produzione europea portandola a oltre 2 milioni di proiettili all’anno entro la fine del 2025.

Il piano della Commissione può contare, spiega l’ex ministra tedesca, sull’appoggio della Banca Europea degli Investimenti, “pronta a fare di più per contribuire a progetti comuni che diano impulso all’industria”. E ha colto l’occasione per “incoraggiare i nostri finanziatori pubblici e privati a sostenere la nostra industria della difesa e in particolare le piccole e medie imprese”. Tra le varie idee per finanziare il piano di sviluppo ce n’è una, più complicata da realizzare, che prevede l’utilizzo dei ricavi ottenuti dagli asset russi congelati. Se utilizzare direttamente i beni risulta estremamente rischioso sia da un punto di vista legale, col pericolo di esporsi a ricorsi multimilionari, e politico, con un possibile disincentivo agli investimenti in Ue, l’alternativa è quella di concentrarsi sulle rendite di questi asset. Circa 4 miliardi nel 2023, secondo le stime, 17 se si calcolano i prossimi quattro anni. Non sufficienti, comunque, a sostenere da soli un piano ambizioso come quello di von der Leyen.

L’incognita Usa e la paura di perdere la faccia
La mossa della Commissione non va letta solo nell’ottica di un potenziamento, e un sostegno con rari precedenti di questa portata, dell’industria delle armi europee, anche in vista di un progetto di Difesa comune. Sullo sfondo compaiono, di nuovo, le elezioni americane. Donald Trump sarà con ogni probabilità il prossimo candidato repubblicano che andrà a sfidare un Joe Biden debole, che sta perdendo consensi anche a causa della gestione dei conflitti in Ucraina e soprattutto a Gaza. E a Bruxelles sembrano considerare molto concretamente un ritorno del tycoon alla Casa Bianca e, di conseguenza, un disimpegno rapido dai conflitti nei quali Washington è coinvolta. Fonti del Parlamento Ue e del governo italiano hanno confermato a Ilfattoquotidiano.it che questa ipotesi preoccupa non poco le cancellerie europee: se gli Stati Uniti si sfilassero, ritirando anche il sostegno economico e bellico a Kiev, l’Ue rimarrebbe con una guerra alle porte, un alleato che rischierebbe di cadere sotto i colpi dell’esercito russo e la difficoltà di abbandonare gradualmente il sostegno a Volodymr Zelensky. L’ultimo punto, dopo due anni di guerra in cui sono stati ripetuti i mantra della “pace giusta per Kiev” e del “sostegno incondizionato fino alla sconfitta della Russia“, per gli esecutivi Ue vorrebbe dire perdere la faccia di fronte all’opinione pubblica e spianare la strada a un’ulteriore avanzata, già in corso, dei nazionalismi. Così, von der Leyen rilancia e punta al rafforzamento delle capacità belliche europee. Ma negli Stati Uniti si vota a novembre: il tempo per rendere l’Ue autosufficiente e in grado di sostenere Kiev forse non c’è.

Twitter: @GianniRosini

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