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Il Natale di Sant’Egidio: 250mila a tavola nel mondo per la festa che non esclude nessuno. “In tanti hanno una casa, ma si sentono soli”

Il Natale di Sant’Egidio: 250mila a tavola nel mondo per la festa che non esclude nessuno. “In tanti hanno una casa, ma si sentono soli”
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È il Natale di chi è solo, di chi non ha nessuno con cui scambiare un augurio o condividere una fetta di panettone. Quella che domani si celebra in settanta Paesi del mondo grazie alla Comunità di Sant’Egidio è la festa che “non esclude nessuno”: tutti a tavola nelle chiese, nelle famiglie, nelle comunità. Solo in Italia ottantamila persone potranno condividere il menu tradizionale (lasagne, polpettone, lenticchie, dolci natalizi) e ciascuno riceverà un dono personalizzato, come avviene in ogni famiglia. A Roma, tra Trastevere e altri quartieri, saranno in ventimila a stare insieme tutta la giornata. In altre cento città italiane sarà la stessa cosa. Ma non solo: nel mondo, la comunità di Sant’Egidio avrà in totale 250mila invitati.

L’iniziativa si tiene dal 1982: il 25 dicembre di quell’anno iniziò monsignor Vincenzo Paglia con una tavolata davanti alla basilica di Santa Maria in Trastevere, alla quale parteciparono alcuni anziani soli. Da allora la macchina della solidarietà ha portato migliaia di donatori a regalare alla Comunità cibo che finisce sulle tavole del pranzo di Natale. Poi ci sono le migliaia di volontari, soprattutto giovani, che rinunciano al tempo in famiglia per stare con chi è più solo: la dimostrazione che anche in tempo di crisi c’è chi sceglie di non essere egoista.

Chi sono i commensali del Natale di Sant’Egidio? Non li chiameremo “poveri“, perché sono uomini, donne, bambini con storie diverse. A farci la fotografia è Alex Moscetta, che si occupa di relazioni e comunicazione per la Comunità: “Arrivano senza fissa dimora, rifugiati accolti in Italia con i corridoi umanitari, rom, anziani, disabili. Negli ultimi tre o quattro anni, poi, vengono a fare Natale con noi anche tante persone che una casa ce l’hanno, ma sono sole. È un fenomeno che prima del Covid non era così consistente mentre oggi è un’urgenza. A noi, tra gli altri, il compito di provare a dare una risposta”. Moscetta sottolinea anche un altro aspetto: “Di fronte all’isolamento, ai muri costruiti contro l’accoglienza, al disprezzo, ci sono tante persone che donano il proprio tempo o beni materiali. I pranzi che organizziamo riusciamo a farli grazie a numerose aziende, produttori, ristoratori ma anche singole persone che ci danno una mano tutto l’anno e che in occasione del Natale si mostrano ancor più generosi”.

A tavola tutto verrà servito con piatti e posate compostabili. “Questo pranzo è il segno di un cambiamento culturale cui teniamo molto: non c’è solo il gesto ma c’è l’impegno che va ben oltre il buonismo di facciata”, riasume Moscetta. Ma il programma della comunità non si ferma qui. Numerose sono le iniziative solidali in programma anche nei giorni successivi: il 26 dicembre, ad esempio, saranno distribuite lasagne e regali ai detenuti di Regina Coeli e Rebibbia (in quest’ultimo penitenziario verranno serviti tre pranzi nelle sezioni dei malati).

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