Tutto è iniziato col compromesso con i democratici per scongiurare lo shutdown (ovvero la paralisi delle attività amministrative che includono, ad esempio, apertura di musei e monumenti, esecuzione dei processi civili e finanziamenti pubblici per piccole imprese e privati) e da lì era poi partita la mozione del deputato repubblicano di estrema destra Matt Gaetz per rimuovere Kevin McCarthy dalla carica di speaker (l’equivalente del nostro presidente). Un tentativo andato in porto per il trumpiano, che ha deciso di arrivare alla resa dei conti con l’establishment repubblicano per dettare la linea nel Grand Old Party. Una vittoria che conferma la presa dell’ex presidente sul partito. Sono bastati 8 deputati Gop per far venire meno a McCarthy la sua risicata maggioranza, dato che i dem non gli hanno offerto nessun aiuto: il voto è finito con 216 sì e 210 no. È la prima volta nella storia degli Stati Uniti che in cui i membri della Camera destituiscono il loro speaker. I democratici considerano McCarthy inaffidabile dopo che ha rotto un accordo sul budget con il presidente Joe Biden e sono irritati dalla sua decisione di dare il via libera a un’indagine di impeachment del presidente. Contro lo speaker si sono espressi però anche alcuni membri del suo stesso partito. Gaetz, infatti, in un precedente discorso alla Camera, aveva chiesto a McCarthy di rivelare i dettagli di un presunto accordo che il relatore avrebbe stretto con la Casa Bianca per contribuire a finanziare la guerra in Ucraina nell’ambito dei negoziati per rifinanziare le attività del governo federale.

Le accuse dei repubblicani a McCarthy – Ma la sua rimozione ha generato un terremoto politico-parlamentare negli Stati Uniti. Salito alla ribalta delle cronache per le accuse – poi archiviate – di una relazione con una minorenne e di sfruttamento della prostituzione, Gaetz ha accusato McCarthy di non mantenere le promesse e di flirtare con l’opposizione: in particolare di aver fatto approvare il rinvio dello shutdown di un mese e mezzo con i voti dei dem e di avere un “accordo collaterale segreto” con Biden per continuare a finanziare Kiev con una legge ad hoc (su cui concordano anche i senatori repubblicani). “Fatti sotto”, gli aveva risposto lo speaker, prima di mettere al voto l’istanza, deciso a non restare più ostaggio di un manipolo di colleghi ‘Maga’ (Make America great again) e a giocarsi tutto nella sfida frontale. Ma già nel primo voto per rinviare la mozione aveva capito di non aver i numeri per sopravvivere, con i dem compatti contro di lui. Ora dovrà indicare il suo sostituto provvisorio sino all’elezione di un nuovo speaker, che non sarà certo facile e che rischia di paralizzare il Congresso proprio quando deve negoziare la prossima legge di spesa. “McCarthy è stato destituito oggi perchè nessuno si fidava più di lui, ha fatto troppe promesse controverse. Ora ci siamo tolti il dente, andiamo avanti con il prossimo Speaker”, ha detto Gaetz al termine del voto. Capitol Hill precipita così nel caos e nell’incertezza, con il partito repubblicano che, nonostante la maggioranza alla Camera, fa ‘hara-kiri’ e offre uno spettacolo di ingovernabilità che non giova certo al Grand Old party in vista delle elezioni.

La rimozione nel contesto della politica estera – Il terremoto arriva proprio nel giorno in cui Joe Biden chiama i leader dei Paesi Nato e i vertici della Ue “per coordinare il sostegno per l’Ucraina” e rassicurare che gli aiuti continueranno “finché serve”, dopo i dubbi seminati dal provvedimento anti shutdown senza i 6 miliardi previsti per Kiev e il monito del Pentagono al Congresso sull’esaurimento a breve dei fondi per il Paese aggredito. Partner e alleati hanno risposto presente, compresa la premier Giorgia Meloni, che “ha confermato il continuo e convinto supporto del governo italiano alle autorità ucraine in ogni ambito finché sarà necessario, con l’obiettivo di raggiungere una pace giusta, duratura e complessiva”. Ma l’ammiraglio Rob Bauer, il più alto funzionario militare dell’Alleanza, e il ministero della Difesa britannico hanno avvertito che le scorte di munizioni occidentali da inviare a Kiev si stanno esaurendo. “Non possiamo in nessun caso permettere che venga interrotto il supporto americano all’Ucraina. Sono in gioco troppe vite, troppi bambini e troppe persone”, aveva messo in guardia Biden lunedì in una riunione del governo alla Casa Bianca, dove oggi il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby ha ammonito che “gli aiuti Usa all’Ucraina dureranno solo qualche mese” se Capitol Hill non agisce. “Mi aspetto totalmente che lo speaker della Camera e la maggioranza dei repubblicani al Congresso mantengano il loro impegno per garantire il passaggio del sostegno necessario per aiutare l’Ucraina a difendersi dall’aggressione e dalla brutalità russa”, aveva aggiunto Biden, ricordando con le parole dell’ex segretaria di stato Madeleine Albright che gli Usa sono “la nazione indispensabile nel mondo”.

Ma proprio poche ore dopo Gaetz ha presentato la mozione di sfiducia contro McCarthy, al quale aveva già fatto sudare l’ambita nomina con 15 votazioni. Una mossa rarissima: da quando è stata istituita nel 1910, solo due speaker hanno dovuto affrontarla e nessuno è mai caduto, anche se nel 2015 il repubblicano John Boehner, dopo la mozione, decise di dimettersi, consapevole di non riuscire a unire i deputati del suo partito. I dem hanno votato uniti contro lo speaker, preferendo non lanciargli alcun salvagente e lasciare che esplodessero le divisioni del partito rivale.

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