Cinema

Guadagnino e l’attrazione “erotica” per il cinema di Bertolucci: “Ancora oggi resiste”. Poi la stoccata sulla Francia: “La violenza di Macron richiama quel tipo di risposta”

di Davide Turrini

Bertolucci sinonimo cinema (così senza preposizione, ndr). Se c’è una scintilla di senso, un suggerimento a bassa voce all’orecchio, un filo rosso srotolato tra un’epoca di cinema del Novecento e quella successiva del Duemila, che il maestro Bernardo da Parma ha dato all’allievo Luca Guadagnino da Palermo, è questa: “Se un giovane regista è convinto di voler fare qualcosa, nulla deve impedirgli di mostrare o raccontare quello che si sente di esprimere”. La masterclass di lusso del Cinema Ritrovato 2023 mette sul palco in una sorta di sublime e devota specularità Luca Guadagnino e Bernardo Bertolucci. Golf rosso infuocato su una camiciola chiara, la mano sinistra spesso sulla tempia o sulla guancia come per ponderare il ricordo, l’autore di Bones and all si rimette al cospetto del cineasta ispiratore, dell’uomo che l’ha incantato e l’ha fatto diventare artista. “La forza di Bernardo è nel linguaggio e nella forma. Il suo modo di trasmettere emozioni, la sua prospettiva unica non passa dalla sceneggiatura, che in certi casi è quasi irrilevante, ma dal posto della realtà dove si trovava in un determinato istante e negli elementi che usava per creare l’immaginario di quella realtà”, spiega Guadagnino all’interlocutore Scott Foundas, ex critico di Variety ora piani altissimi di Amazon.

L’autore di Chiamami con il tuo nome prende ad esempio nientemeno che Il Conformista, nella sequenza in cui il protagonista (Jean Luis Trintignant) festeggia il compleanno di un amico in un’associazione ciechi. “La regia di Bernardo prende una posizione peculiare, morale, etico, sessuale allo stesso tempo, e propone al pubblico un linguaggio visivo non formato in precedenza. Un linguaggio che il pubblico deve esplorare e in cui si deve perdere. Nei film di Bertolucci accade questo: ti perdi. E lo spettatore deve sentire quell’energia e qull’angoscia che poi vanno a creare un atto trasformativo”.

Guadagnino oggi 51enne ha la grazia della memoria del cuore quando mette a verbale dei trecento spettatori in sala, parecchi giovani, e anche lo storico produttore del regista parmense, Jeremy Thomas, gli attimi di passione che lo avvicinarono al suo maestro. “Da bambino ero già un cinefilo e vivevo di curiosità. Cercavo sempre qualcosa che potesse interessarmi. Nella biblioteca di mio padre scoprii molti libri sul cinema. Anche se non avevo ancora visto i suoi film, il nome di Bertolucci rappresentava per me la forma pura del cinema, come quando si parlava di Hitchcock, Fritz Lang, Leni Riefenstahl”. Primo film visto? ad inizio anni ottanta, le quattro ore di Novecento. “Ebbe un impatto incredibile su di me. Ricordo quelle lunghe ricche interviste di Arbasino e Minà ai registi in tv, che oggi non si fanno più, quando vidi l’uomo Bertolucci per la prima volta e provai un’irresistibile attrazione erotica verso di lui che ancora oggi resiste”.

È del 2013 il suo documentario Bertolucci on Bertolucci: “Per me lui personificava il cinema, ma non come per alcuni registi che hanno la massima aspirazione di rifare quello che hanno fatto i loro maestri rendendogli omaggio girando film come fossero tatuaggi. A me interessava l’uomo, la sua posizione sulla realtà, il suo pensiero”. Guadagnino, con il nuovo film Challengers (Zendaya protagonista) pronto per il Concorso di Venezia 2023 e a set in corso per un film tratto da Burroughs con protagonista Daniel Craig, incontrò di persona Bertolucci per la prima volta dopo un corso di cinema a Roma. “Era venuto a fare una lezione, lo avvicinai dicendogli che avrei voluto parlargli. Mi disse che il suo numero era sull’elenco telefonico. Il numero c’era ma lui non rispondeva mai. Lasciai messaggi, parlai con la moglie Claire Peploe, e visto che in quel periodo vivevo in un alloggio per studenti, qualche giorno dopo Bernardo mi chiamò, ricordo le risate quando qualcuno mi venne a dire “c’è Bertolucci al telefono”. Pensavano a uno scherzo”. Infine il contatto. “Lui stava montando Little Buddha con Pietro Scalia a Roma. Io lo raggiunsi dopo aver cucinato per lui dei pasticcini marocchini in omaggio a Il Tè nel deserto. Dopo quindici minuti mi congedò così: ora io e Pietro andiamo a fare l’amore (il riferimento dolcemente carnale è al montaggio del film ndr). Provate a pensare se una cosa del genere, tra un 50enne e un 20enne, uomo o donna che sia, succedesse oggi. Chissà il twitter storm che accadrebbe”. Il sottovalutato, scandalosissimo, La Luna, con il celebre incesto madre/figlio diventa poi l’esempio più chiaro su come affrontare liberamente a livello espressivo argomenti ritenuti tabù: “Una delle sue tante lezioni da film maker era quella di essere convinto che non esistesse qualcosa che non si doveva fare perché qualcuno ti diceva che non si poteva. Qualsiasi regista esordiente deve ragionare come lui. Se sei convinto di voler fare una cosa nulla deve impedirti di esprimere quello che ti senti di esprimere”.

Infine, in camera caritatis, passa anche una domanda del pubblico dove vengono accostate le rivolte sessantottesche di The Dreamers, presentato da Guadagnino nella cornice serale di Piazza Maggiore a Bologna dallo schermo enorme, e gli scontri violenti di questi ultimi giorni in Francia. “L’idea della rappresentazione legata all’immediatezza della notizia non è un modo di ragionare che ho. – specifica l’autore del remake di Suspiria – “È però inevitabile che in una società occidentale, in particolare quella francese, che ha la dottrina del neoliberismo applicata a un’identità nazionale che non è costruita in quel modo che certe cose accadano. Il presidente della repubblica Macron è uno che ha imposto una versione ultraideologica del liberismo ricevendo costanti feedback di violenza estrema a cui non può sottrarsi perché la sua violenza richiama quel tipo di risposta. Risposta se vogliamo imbelle e ottusa, ma da un certo punto di vista francamente comprensibile”. Guadagnino conclude attaccando proprio quei politici occidentali che si definiscono progressisti o di sinistra ma che applicano i dettami neoliberisti meglio che i politici di destra: “Siamo cresciuti nell’epoca dei Blair. Questi scamiciati ye-ye che pensano di poterci venire a dire che il tempo è cambiato e che dobbiamo aderire alle politiche dei diritti, oggi c’è il gay pride a Bologna che celebriamo per carità, ma per scordarci che esiste la società proprio come diceva la Thatcher. A me questi soldatini reaganiani/thathceriani, questi pupazzetti della cosiddetta sinistra li trovo ignobili e vomitevoli”.

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