Quanto accaduto questa settimana a Roma con la vicenda del patrocinio prima concesso e poi ritirato dalla Regione Lazio al Roma Pride aggiunge un nuovo tassello a uno scenario che si fa giorno dopo giorno più preoccupante, man mano che diventa più chiaro l’attacco ai diritti della persona che la maggioranza che governa il Paese ha messo in atto.

Non rappresenta in sé una novità il fatto che amministrazioni di destra non concedano il patrocinio ai Pride che nei mesi estivi si susseguono, ma il modo in cui si è dipanata la vicenda romana contiene elementi inediti e densi di significato.

L’iniziale conferma del patrocinio, sempre concesso negli ultimi decenni dalle precedenti amministrazioni, aveva da un lato stupito e dall’altro scatenato l’immediata, rabbiosa reazione di uno dei gruppi protagonisti, in Italia e nelle sue diramazioni internazionali, delle impostazioni più reazionarie e integraliste sui diritti civili: stiamo parlando di Provita&famiglia che, tramite il suo portavoce, ha “ordinato” al Presidente della Giunta laziale il ritiro del patrocinio, sottolineando minacciosamente il sostegno concesso alla candidatura di Rocca e l’apporto determinante per la sua elezione e puntualizzando che quel sostegno non sarebbe stato più garantito in caso di patrocinio al Pride.

Siamo con ogni evidenza in presenza di gruppi di pressione che riscuotono con arroganza i dividendi che gli accordi pre elettorali hanno loro garantito. Un copione peraltro già visto anche a livello nazionale con il patto che la stessa organizzazione ha sottoscritto col futuro governo Meloni e che porterà – anzi, sta già portando – ai medesimi esiti.

Ancor più stupefacente è il fatto che quell’ordine perentorio sia stato immediatamente eseguito e il Presidente abbia maldestramente giustificato il ritiro del patrocinio attribuendolo alla richiesta, nel documento politico del Roma Pride, di una legge che regolamenti la gestazione per altri gratuita e solidale additandolo come “sostegno a un atto illecito”: premesso che la motivazione appare del tutto pretestuosa e volta soltanto a sostenere la linea del governo nazionale che straparla di reato universale e si appresta a legiferare in tal senso, è preoccupante che la richiesta del movimento di superare la normativa vigente sia presentata come atto “eversivo” a sostegno di un atto illecito.

Ancora una volta la destra conferma la propria allergia al dissenso e a un pensiero che non sia quello da loro affermato: un’impostazione che fa il paio con le limitazioni al diritto di manifestare introdotte col decreto rave.

Ma ciò che lascia senza parole è la successiva, ennesima giravolta del Presidente della Giunta nel dichiarare la disponibilità a confermare il patrocinio (concesso, tolto e riproposto) condizionandolo alle “scuse” da parte del Roma Pride: di che si parli non è dato sapere, ma certo preoccupa la protervia di un potere cosi privo di freni inibitori da pretendere un atto di genuflessione in cambio di un grazioso perdono: era già intuibile l’ispirazione medioevale del pensiero della destra, ma non fino al punto di arrivare a una riedizione di Canossa.

Il Pride si farà, ancora una volta, e riempirà le strade di Roma di una folla festante che reclama diritti per tutte e tutti perché – come affermava Gino Strada – se non sono per tutti si chiamano privilegi. Ma la sicumera con cui questo governo cerca di cancellare diritti fondamentali e di soffocare il dissenso fa crescere la preoccupazione e l’esigenza di vigilare con estrema attenzione su episodi ormai non isolati, come anche il Segretario della Cgil ha sottolineato nel dibattito svoltosi alla Pride Croisette.

Nelle prossime settimane il film al quale abbiamo assistito in questi giorni continuerà a rimanere in cartellone: la maggioranza si appresta ad approvare la legge sulla cosiddetta criminalizzazione universale della “gestazione per altri”. Un modo per eludere il tema del diritto dei bambini al riconoscimento alla nascita della doppia genitorialità e un mostro giuridico destinato a essere cancellato dalla Consulta, ma che fino a quel momento produrrà i suoi frutti avvelenati sia nei confronti di chi accederà in futuro a quella tecnica procreativa in paesi in cui è lecita e normata, sia di chi vi ha acceduto in passato.

Perché è vero che la legge penale non è retroattiva, ma il fine ultimo è quello di gettare lo stigma su tutti quei bambini che a norma di legge saranno considerati il risultato di un atto criminale con un ritorno ai “figli della colpa” del quale davvero non si avvertiva il bisogno.

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