In Italia dal 7 novembre 2019 è in vigore l’obbligo di dotare le proprie auto di seggiolini con dispositivi di allarme antiabbandono, in caso di presenza a bordo di minori sotto i quattro anni di età. La presenza di questi dispositivi a bordo è prevista per combattere quella che viene definita “forgotten baby syndrome” (Fsb), il fenomeno per il quale i bambini vengono dimenticati nelle auto parcheggiate. Nel caso della bambina di un anno deceduta a Roma, secondo quanto ricostruito dalle indagini potrebbe trattarsi di questa sindrome.

Non vi è ancora, ad oggi, una ampia letteratura scientifica sul perché ciò accada, sul motivo per il quale si crea un vuoto di memoria che fa saltare un ‘passaggio’ nelle cose da fare, dandole come ‘compiute’. Perché, nel caso dei bambini dimenticati in auto, il genitore sia convinto di aver accompagnato il figlio o la figlia all’asilo, ad esempio. Secondo uno studio dei ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze Umane, Sapienza Università di Roma, pubblicato su ‘Rivista di psichiatria’ sul numero di marzo-aprile 2020, il monitoraggio del fenomeno negli Stati Uniti ha mostrato, su un totale di 171 casi, che il 73% riguardava bambini che erano stati lasciati in macchina da persone adulte. “La metà degli adulti era inconsapevole, o se ne era dimenticato. Nella maggior parte dei casi tali episodi coinvolgono soggetti adulti che hanno funzionalità psichiche e cognitive perfettamente integre“, scrivono i ricercatori.

Le cause del perché avvenga “non sono tali da essere riferibili in senso univoco e lineare a condizioni di rilevanza psicopatologica“. L’unico dato desumibile dalle specifiche ricerche è quello per cui si tratta dell’esito di un deficit (per lo più transitorio), della performance di memoria, in particolare della memoria di lavoro (working memory – Wm). In pratica un vuoto di memoria di cui ancora non si conoscono le cause. Esistono circostanze che i ricercatori definiscono “transitorie” che possono incidere sulle performance della cosiddetta memoria di lavoro. Le conclusioni cui giunge lo studio indicano che “i casi di morte di minori in seguito all’abbandono all’interno di veicoli da parte di adulti possono essere connessi all’alterazione del normale funzionamento della funzionalità di memoria di lavoro”. Un buco nero di cui ci si accorge spesso troppo tardi.

Cosa prevede la legge in Italia
Il ddl n°766 che fu approvato in via definitiva dal Senato nel settembre 2018 ha modificato l’art.172 del Codice della Strada, quello che parla di cinture e sistemi di sicurezza. Introducendo per l’appunto l’obbligo di utilizzare un congegno anti abbandono quando si trasporta in auto un bambino di età inferiore ai 4 anni. Come specificato nel successivo decreto del ministero dei Trasporti, i dispostivi possono essere integrati all’origine nel seggiolino, oppure una dotazione di base o un accessorio del veicolo, oppure un sistema indipendente dal seggiolino e dal veicolo. I dispositivi devono “attivarsi automaticamente” ed “essere dotati di un allarme in grado di avvisare il conducente della presenza del bambino nel veicolo attraverso appositi segnali visivi e acustici o visivi e aptici, percepibili all’interno o all’esterno del veicolo” . Possono essere dotati anche di un sistema di comunicazione automatico per l’invio di messaggi o chiamate.

Cosa rischia chi non ottempera all’obbligo? La violazione degli obblighi sul dispositivo antiabbandono è un reato amministrativo, per cui sono previste multe che vanno dagli 81 ai 326 euro, con in più la decurtazione di cinque punti dalla patente. Nel caso, poi, di recidiva nei due anni successivi alla violazione, è prevista la sanzione accessoria della sospensione della patente, per un periodo di tempo compreso tra 15 giorni e due mesi.

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