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“Ho preso troppo sole da bambina, tornassi indietro rifletterei di più”: la storia di Melissa Lewis che dal 2018 combatte con il morbo di Bowen

Melissa Lewis su TikTok racconta la sua storia sul morbo di Bowen. Al Fatto Quotidiano.it, il professor Ketty Peris spiega nel dettaglio la malattia

di Ennio Battista

Melissa Lewis ha un rammarico continuo che si porterà dentro a vita, quello di aver trascorso troppo tempo in piscina, a prendere il sole, fin da quando era una bambina. Oggi Melissa, infermiera che vive in Australia, ha 48 anni ed è mamma di quattro figli e convive dal 2018 con un tumore della pelle, il morbo di Bowen. Ed è diventata una sorta di “volto non ufficiale del cancro della pelle” su TikTok, dove ha recentemente raccontato della brutale realtà della sua malattia.
Nel 2018 i chirurghi, dopo averle rimosso un melanoma dall’orecchio, avevano fatto una biopsia prelevando un lembo di pelle da una lesione sospetta sulla fronte. Che alla fine si è rivelata una forma precoce di cancro della pelle denominata, appunto, malattia di Bowen. Melissa racconta di essersi ustionata la pelle di continuo da quando era molto piccola, a causa della sua abitudine di stare al sole tutta l’estate, in piscina. Cosa che ha fatto anche durante la sua adolescenza sulla spiaggia, con le amiche che la spingevano di – visto che ha una pelle molto chiara – a farsi una bella tintarella. Per evitare che questa situazione patologica la porti a rischiare la vita, l’infermiera ha bisogno ormai di cure continue per il resto della sua vita. “Se potessi ritornare indietro nel tempo, direi a me stessa: ‘rifletti su quello che stai facendo, perché ora ti sembra divertente, ma un domani tutto questo potrebbe costarti la vita”, ha detto Melissa.

Le principali cause
“La causa di questo tumore è in parte il sole. In realtà ci sono cause molteplici e complesse”, spiega al FQMagazine Ketty Peris, Professore Ordinario di Dermatologia, Direttore della UOC di Dermatologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. “La malattia di Bowen (morbo di Bowen, carcinoma squamocellulare intraepidermico) è denominata così dal medico Americano John T Bowen che la descrisse”, continua Peris. “Si tratta di una forma di carcinoma squamocellulare in situ, ossia un tumore non-melanoma che deriva dalle cellule della pelle denominate cheratinociti. Quando il carcinoma è in situ significa che è confinato nell’epidermide, che è la parte più superficiale della pelle, e non ha invaso il derma. Negli individui con pelle chiara la malattia di Bowen si sviluppa tipicamente in aree di cute danneggiata dal sole come il viso o le gambe; ma ci sono casi in cui si può presentare anche in parti non esposte al sole. I fattori di rischio includono, oltre alla pelle chiara, l’esposizione eccessiva al sole e l’invecchiamento della popolazione generale. Inoltre, pazienti immunodepressi come quelli sottoposti a trapianto d’organo in trattamento con farmaci antirigetto hanno un rischio aumentato di sviluppare tumori della pelle”.

Ci sono altri fattori di rischio?
“Sì, come le radiazioni ionizzanti e radiazioni ultraviolette di tipo A, precedenti ustioni della pelle, malattie infiammatorie e autoimmuni (es. lupus eritematoso). Infine, nel morbo di Bowen sono stati identificati diversi sottotipi di virus del papilloma umano come HPV, che potrebbe avere un ruolo fino al 20-30% dei casi”.

Sintomi e diagnosi

Quali sono i sintomi?
“La malattia di Bowen si presenta tipicamente come una chiazza piatta o rilevata, rossa, più spesso singola, a margini netti, contenente squame biancastre, localizzata nelle aree esposte al sole, come volto, collo, braccia e gambe. A volte il colore può essere rosato o marrone, in particolare negli individui con pelle scura. Non sono mai associati sintomi come prurito o dolore, né sanguinamento. Gli aspetti clinici a volte possono simulare, quindi fare credere di essere davanti ad altre malattie come verruche, psoriasi e altro”.

È difficile scoprirlo in anticipo?
Non è difficile scoprirlo precocemente se la persona che vede una macchia nuova si rivolge a un dermatologo. Lo specialista, infatti, oltre alla visita clinica eseguirà anche una dermatoscopia (o esame in epiluminescenza), che permette di osservare e analizzare delle caratteristiche specifiche utili a fare la diagnosi di malattia di Bowen. La dermatoscopia non viene usata solo per vedere i nevi ma consente di fare diagnosi anche di tumori di altra natura come il Bowen o carcinoma squamocellulare in situ”.

È una patologia particolarmente invalidante?
Non è invalidante per la quasi totalità dei casi di malattia di Bowen che vediamo nella pratica clinica. Di fatto, come tutti i tumori, anche la malattia di Bowen nel tempo cresce di dimensioni ma fortunatamente ha un’evoluzione lenta, allargandosi nel corso di mesi e anni. Tuttavia, con il tempo può diventare invasiva, quindi pericolosa”.

Quali sono i trattamenti più efficaci?
“Il trattamento principale è sempre la terapia chirurgica, che garantisce la completa rimozione del tumore primitivo. Nei pazienti che non sono candidati all’intervento chirurgico, in particolare gli anziani o persone con molte altre patologie associate, quando il tumore è in situ è possibile utilizzare anche tecniche meno invasive, ablative, come il curettage o la diatermocoagulazione; o ancora, la terapia fotodinamica o farmaci in crema come l’Imiquimod”.

È confermato, come testimonia questa donna, che in questi casi ci si deve sottoporre a terapie continue perché c’è il rischio di morire?
“I controlli regolari sono sempre importanti per fare diagnosi precoce di recidiva o di nuovi tumori, e per insegnare o ricordare al paziente come esporsi al sole. Ma il rischio di morire in genere non è collegato a una classica malattia di Bowen, bensì a una diagnosi in fase più avanzata e quindi a un carcinoma squamocellulare invasivo”.

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