Una Giunta ad hoc alle 15:30 di sabato pomeriggio per capire come rispondere a quello che rischia di configurarsi come uno scontro istituzionale gravissimo. Tre settimane dopo l’attacco del ministro Raffaele Fitto, che non aveva gradito le delibere critiche sullo stato di avanzamento di due obiettivi del Pnrr e sulle responsabilità dei ministeri, l’Associazione dei magistrati contabili è di nuovo sul chi va là. Perché il governo Meloni si appresta a presentare due emendamenti al decreto Pa, ora in discussione in Parlamento, con l’obiettivo di limitare i poteri della Corte dei Conti. Da un lato verrebbe circoscritto il perimetro d’azione del collegio del controllo concomitante presieduto da Massimiliano Minerva, che si occupa proprio di monitorare la gestione dei fondi del Recovery plan e rilevare eventuali irregolarità. Dall’altro si prolungherebbe la durata dello scudo erariale per i funzionari pubblici introdotto dal governo Conte 2 ed esteso fino al 30 giugno 2023 da Draghi.

I testi sono ancora in fase di limatura ma, secondo Il Sole 24 Ore, già lunedì potrebbero essere inviati alla Ragioneria per la bollinatura. In attesa di leggere la versione finale, l’associazione presieduta da Paola Briguori non commenta. Ma c’è molta preoccupazione: la doppia mossa suona come uno schiaffo alla magistratura contabile, nei cui confronti Fitto ha espresso insofferenza già all’inizio di maggio contestandone la competenza a certificare il “mancato raggiungimento” delle milestone relative a stazioni di rifornimento a idrogeno e per le colonnine di ricarica dei veicoli elettrici. Un nervosismo che ha continuato a montare via via che la Corte teneva puntualmente traccia delle gravi difficoltà nella messa a terra dei fondi: proprio sabato il ministro, che mercoledì prossimo porterà in cabina di regia la relazione semestrale attesa da tempo, ha diffuso una nota in cui “auspica” un “approccio costruttivo della Corte dei Conti” e precisa che se la spesa sostenuta quest’anno risulta al palo, come emerge dal Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica pubblicato giovedì, è solo perché “l’effettiva rendicontazione è subordinata all’avvio dei lavori dei circa 110 miliardi di opere pubbliche che, secondo i cronoprogrammi del Pnrr, inizierà nel corso del 2023”.

Mettere paletti al controllo concomitante sul Pnrr, che ha tra gli obiettivi quello di affiancare l’azione della pa con un’azione propulsiva e di stimolo “in itinere, potrebbe peraltro trasformarsi in un boomerang ai fini del successo del Piano. Al momento decisamente in bilico, tra mancato sblocco della terza rata da parte della Ue e richiesta di revisione rinviata all’estate. Le interlocuzioni della Corte con i ministeri e i soggetti attuatori servono anche per evitare che criticità e ritardi sui progetti – come quelli rilevati per le milestone relative a stazioni di rifornimento a idrogeno e per le colonnine di ricarica dei veicoli elettrici – diventino irreparabili e si arrivi al momento in cui le eventuali gravi irregolarità gestionali che creano un danno allo Stato o alla Ue devono essere segnalate alla Procura generale. Farne a meno, dal punto di vista della magistratura, significherebbe eliminare una rete di sicurezza preziosa.

Ma l’altro fronte su cui Chigi ha deciso di rompere gli indugi è proprio il danno erariale. Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, parlando davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella, il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino aveva di nuovo criticato pesantemente la scelta di limitare la punibilità di amministratori e dipendenti pubblici ai soli casi di dolo, omissione o inerzia. Escludendo dunque gli atti colposi non volontari o comunque non finalizzati a compiere un illecito. Dopo quel monito il governo aveva eliminato dalle bozze del decreto Pnrr l’ulteriore proroga dello scudo fino a dicembre 2023. Ora, a un mese dalla scadenza di quella limitazione della responsabilità amministrativa, l’intenzione è quella di procedere ignorando il suo giudizio negativo. Ridurre la responsabilità di chi ha un potere pubblico, aveva avvertito il magistrato, crea “situazioni propizie alla dispersione delle risorse pubbliche, specialmente di quelle legate al Pnrr, così determinando un clima favorevole per l’infiltrazione della criminalità organizzata“. E “accresce l’onere finanziario che ricade sullo Stato, sulle Autonomie territoriali, sugli enti pubblici e, in ultima istanza, sui cittadini”.

Per Pd e Alleanza Verdi e Sinistra è grave mettere nel mirino la Corte dei conti. “Ha semplicemente rilevato che nel 2023 è stato speso solo 1 miliardo del Pnrr su 32 disponibili, confermando i gravi rallentamenti che stiamo denunciando da mesi come Pd”, ha commentato Piero De Luca, vicepresidente del gruppo dem alla Camera e capogruppo in commissione Politiche Ue. “Il Ministro Fitto che fa? Invece di intensificare il lavoro pensa bene di attaccare chi sta semplicemente facendo il proprio dovere, rilevando in modo asettico e tecnico i dati di spesa e avanzamento dei progetti”. “È inaccettabile che il Governo ogni volta che riceve una critica da un’autorità indipendente, da un ufficio studi ed ora dalla magistratura contabile, reagisca con una pericolosa intolleranza”, aggiunge il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia. “Il governo la smetta di scagliarsi contro istituzioni o uffici competenti, come ha già fatto con il Servizio Bilancio del Senato colpevole solo di aver mosso critiche oggettive al ddl Calderoli”. Secondo il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Avs Angelo Bonelli Fitto vuole “una subordinazione di un organo indipendente di controllo dello Stato ai voleri del governo. Questa sua visione dello Stato è l’anticamera dell’autoritarismo”.

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