Prima gli asili nido, poi il progetto Cinecittà, infine le stazioni di rifornimento a idrogeno: la strada per ricevere la quarta rata da 16 miliardi di euro si fa sempre più tortuosa. Su questi punti, come ha ribadito il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto durante la sua informativa al Parlamento sul Pnrr, è in corso un’interlocuzione con Bruxelles. Un confronto il cui esito non è affatto scontato. Anche perché a complicare ulteriormente il quadro si è aggiunta un’altra misura del Piano che, al momento, appare in bilico: l’installazione di infrastrutture di ricarica elettrica. Per centrare l’obiettivo europeo, l’Italia deve aggiudicare entro il 30 giugno gli appalti per la costruzione di 2.500 colonnine di ricarica per i veicoli elettrici nelle autostrade e di altre 4mila nelle aree urbane, per un valore complessivo di 741 milioni di euro.

A mettere nero su bianco il “serio dubbio” che la scadenza possa essere centrata è la Corte dei Conti. In una delibera del Collegio del Controllo concomitante pubblicata il 3 maggio, i magistrati contabili scrivono che per “un generale difetto di programmazione” da parte del ministero responsabile, quello dell’Ambiente, guidato da Gilberto Pichetto Fratin, “risulta messo in serio pericolo il raggiungimento” dell’obiettivo europeo del 30 giugno. Il motivo è un “ritardo ormai consolidato” nella pubblicazione, prevista entro il 31 dicembre 2022 ma non ancora avvenuta, dell’avviso pubblico per la fornitura di cofinanziamenti, la cui mancata adozione sta bloccando l’intero intervento.

Non a caso, già il 16 gennaio scorso, il ministero dell’Ambiente aveva trasmesso al ministro Fitto, che è titolare della delega al Pnrr, le sue richieste di modifica del Piano, tra cui il differimento della scadenza europea dal 30 giugno al 31 dicembre 2023. L’ultima parola, ovviamente, spetta alla Commissione Ue, che si trova già a dover digerire il “mancato conseguimento”, come certifica ancora la Corte dei Conti in un’altra delibera, dell’obiettivo relativo all’aggiudicazione dei lavori per almeno 40 stazioni di rifornimento a idrogeno per il trasporto stradale, misura di competenza del ministero delle Infrastrutture.

Un ritardo talmente grave che, per la prima volta, i magistrati contabili evidenziano “il concreto rischio di riduzione del contributo finanziario messo a disposizione dalla Ue” nella quarta rata da 16 miliardi. Ma forse ancora più rilevante è il fatto che la Corte, nella stessa delibera del Collegio del controllo concomitante, paventa la possibilità che possa scattare “la responsabilità dirigenziale” ai sensi dell’articolo 21, comma 1 del Dgls 165/2001, dal momento che le criticità emerse sono “qualificabili quali gravi irregolarità gestionali”.

In altre parole, siccome i ritardi mettono a repentaglio la ricezione dei fondi Ue, i magistrati contabili invitano il ministero delle Infrastrutture a individuare i burocrati responsabili degli intoppi subiti dall’intervento e a censurarli, con sanzioni che vanno dalla “impossibilità del rinnovo dello stesso incarico dirigenziale” alla rescissione del rapporto di lavoro.

Tornando alla misura sulle infrastrutture di ricarica, va ricordato che il ministero dell’Ambiente era sotto stretta osservazione da parte della Corte dei Conti già dal 13 dicembre dell’anno scorso quando, con la deliberazione 23/2022, i magistrati contabili avevano indicato una serie di “misure correttive” da adottare per mettere in sicurezza l’intervento. Che, già all’epoca, scontava “un forte e generale rallentamento nel conseguimento degli step necessari al raggiungimento” della scadenza italiana del quarto trimestre 2022 (adozione dell’avviso pubblico) e “conseguenti carenze e ritardi (sia pure non gravi) nella programmazione interna degli adempimenti propedeutici al raggiungimento della milestone UE prevista per il Q2 2023 (aggiudicazione appalti)”.

A quasi cinque mesi di distanza poco è stato fatto. Del resto non era facile recuperare i ritardi mostruosi che, in alcuni casi , sono stati ereditati dalla passata gestione di Roberto Cingolani. Come ad esempio l’adozione di due decreti ministeriali, uno relativo agli interventi nei centri urbani e l’altro a quello nelle superstrade. “Per permettere il regolare andamento del procedimento”, scrivono i magistrati, i due atti avrebbero dovuto essere emanati entro luglio del 2022, mentre sono stati adottati soltanto il 12 gennaio di quest’anno.

Ma anche le controdeduzioni del ministero dell’Ambiente ai rilievi fatti dalla Corte il 12 dicembre non sono lucidissime. Se da un lato, infatti, il Mase sostiene di essere in grado di rispettare la scadenza del 30 giugno, dall’altro spiega di averne proposto il rinvio a fine anno. La conclusione della Corte dei Conti non lascia spazio a dubbi. “Il Collegio” scrivono i magistrati, “ha motivo di ritenere che i ritardi, che hanno caratterizzato la gestione del progetto in vista della Milestone ITA (emissione avviso pubblico), ancora non raggiunta, siano sintomatici di una difettosa programmazione dei tempi di attuazione della misura di riferimento, che pone in serio dubbio il raggiungimento della Milestone UE, prevista per il Q2 2023, al 30 giugno 2023”. Insomma, un bel pasticcio per uno degli interventi fondamentali per la transizione energetica del nostro Paese.

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