Lo Stato è disarmato perfino nella scelta di un traduttore nel processo probabilmente più importante per inquinamento che si sta celebrando in Italia. Mentre le aziende private citate davanti alla corte d’Assise per il disastro ambientale causato dai Pfas, che vale risarcimenti per milioni di euro, utilizzano una traduttrice bilingue che pagano 600 euro all’ora, il Tribunale invece ha fatto ricorso a una diplomata al liceo linguistico, selezionata in modo a dir poco approssimativo. Per lei, che si è presentata quasi per fare un favore, solo una diaria di 50 euro. La circostanza, a dir poco grottesca, è emersa da un’udienza importante, non fosse altro perché era stato citato come testimone l’avvocato statunitense Robert Bilott diventato famoso alla fine degli anni Novanta per una causa contro la DuPont, che ha fruttato una transazione per 671 milioni di dollari con il colosso chimico, di cui hanno beneficiato 3.500 parti offese della Virginia Occidentale. È un professionista che fattura qualche milione di euro all’anno e che è venuto appositamente dagli Usa per sentirsi dire di ritornare tra qualche giorno, per difficoltà di comprensione.

Il collegamento di Bilott con il processo veneto deriva dal fatto che DuPont aveva avuto nel passato scambi di informazioni riguardanti le micidiali sostanze perfluoroalchiliche con la società Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza. È una prova che in Italia si conoscevano gli effetti negativi per l’organismo umano dei Pfas, resistenti alla diluizione e all’espulsione da parte dell’organismo umano. La Miteni è accusata di aver avvelenato la falda delle province di Vicenza, Verona e Padova, in un’area in cui vivono circa 350 mila persone che per anni hanno bevuto i Pfas semplicemente aprendo i rubinetti di casa e utilizzando l’acquedotto.

Per capire ciò che avrebbe detto l’avvocato Bilott è stata convocata una traduttrice, che però già dopo poche battute ha dimostrato (pur parlando l’inglese) di non essere in grado di sostenere una traduzione simultanea precisa, soprattutto con una terminologia tecnica. In un primo tempo la presidente della Corte ha chiesto all’interprete delle aziende imputate di integrare la versione. Dopo qualche domanda è stato evidente a tutti che si correvano rischi di fraintendimento, in una testimonianza così delicata e cruciale, se non addirittura di compromissione interpretativa nell’incrocio delle versioni della consulente della Corte e delle difese.

Il giudice Antonella Crea ha così sospeso l’udienza, mettendosi alla ricerca di una nuova traduttrice. Si era offerta di assumere l’incarico anche una giornalista, con due lauree e un attestato di abilitazione specifica, ma la presidente della Corte le ha fatto presente che poi per un anno non avrebbe più potuto scrivere articoli sul processo ai Pfas. Alla fine è stata convocata una terza persona, ma siccome deve arrivare dal Piemonte, l’udienza è stata rinviata al 25 maggio. E così alla presidente della Corte non è rimasto che chiedere scusa all’avvocato Bilott e spiegargli di ripresentarsi tra qualche giorno. Gli avvocati, abituati a vedere contrattempi di tutti i tipi nelle udienze penali, si sono limitati a qualche sorrisetto. Scandalizzato, invece, il pubblico, composto da Mamme No Pfas e parti civili per la figuraccia del sistema giudiziario. La traduttrice era stata convocata telefonicamente attraverso conoscenze di dipendenti del Tribunale. Nessuno le aveva chiesto il curriculum linguistico. Se lo avessero fatto, avrebbero verificato che è in possesso di diploma di liceo linguistico e ha lavorato nella base statunitense di Aviano, in provincia di Pordenone, ma non ha esperienza di traduzione simultanea, soprattutto in un linguaggio tecnico che richiede anche un bagaglio di conoscenze da processo penale. Per una giornata di lavoro avrebbe percepito la somma di 50 euro, più o meno 5 euro all’ora, considerando che l’interrogatorio si sarebbe prolungato fino a sera. La traduttrice per conto delle aziende proprietarie dello stabilimento di Trissino (Mitsubishi Corporation e Icig) riceve 600 euro per ogni ora di utilizzo in aula.

Il direttore amministrativo del Tribunale di Vicenza, interpellato dai giornalisti, ha spiegato che non esiste un albo dei traduttori, se non un elenco nazionale. Insomma, si attinge spesso in base alle conoscenze, senza una verifica preliminare delle competenze. La situazione è particolarmente strana in una realtà come Vicenza che ha due basi americane (Caserma Ederle e Camp Del Din) con circa 16mila persone tra militari e civili. Capita che i militari statunitensi abbiano problemi con la giustizia italiana e quindi le traduzioni dall’inglese dovrebbero essere quasi all’ordine del giorno.

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